Il futuro è nel biometano. Potenziale da 6,3 mld m³ di gas, 20% di quanto l’Italia importava dalla Russia

Il gruppo A2A e Ambrosetti hanno realizzato uno studio per capire il potenziale dell'autonomia energetica italiana

Lavorando sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica, l’Italia potrebbe essere il secondo Paese in Europa per autonomia energetica, poco dietro la Francia. In generale, la valorizzazione delle opportunità di sviluppo legate ad acqua, vento, sole e rifiuti consentirebbe quasi di triplicare l’autonomia energetica italiana (fino al 58,4%), rispetto ad oggi (22,5%) e circa 4 volte l’incremento registrato negli ultimi 20 anni. Lo ha ricordato Renato Mazzoncini, Ceo e General Manager di A2A intervenendo al Green Talk del Corriere della Sera. “Abbiamo fatto uno studio – ha spiegato – insieme ad Ambrosetti per capire il potenziale dell’autonomia energetica italiana, considerando le fonti autoctone come acqua, sole, vento e un po’ di geotermia, ma anche i rifiuti e la produzione di biometano da scarti dell’agricoltura e della zootecnia“. Proprio il biometano, ha detto Mazzoncini, “ha un potenziale di 6,3 mld di metri cubi, cioè il 20% di ciò che importavamo dalla Russia“.

Dopo il via libera da parte della Commissione europea dello scorso 8 agosto, a metà settembre il Mite ha firmato il cosiddettoDecreto biometano’ che dà attuazione a quanto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per promuovere lo sviluppo del biometano, favorendo la realizzazione di nuovi impianti e la riconversione di quelli di biogas agricolo esistenti. Il Pnrr, infatti, stanzia 1,5 miliardi per l’agrisolare, 1,1 miliardi per l’agrivoltaico e 1,9 miliardi per il biometano e il biogas. L’adozione del decreto permetterà l’avvio delle prime procedure entro la fine del 2022. Come ricorda il Cib (Consorzio italiano biogas), grazie allo sviluppo del biometano, il nostro Paese (già secondo in Europa per produzione di biogas e tra i più virtuosi al mondo) potrà raggiungere l’obiettivo di oltre 4 miliardi di metri cubi di biometano al 2026, che permetterebbe di ridurre l’utilizzo dei gas a effetto serra di oltre l’80%.

Ma non solo. Tra il 2020 e il 2021 in Italia c’è stato un forte sviluppo degli impianti di produzione, passati da 15 a 26. Secondo il modello sviluppato da The European House – Ambrosetti, è possibile raggiungere una produzione complessiva di circa 6,3 miliardi di metri cubi di biometano, una quantità che corrisponde a un equivalente elettrico di 37,8 TWh di generazione, cioè circa il doppio della produzione nazionale di gas, l’8% del consumo nazionale di gas e il 22% delle importazioni dalla Russia.

In questo contesto rientra anche la strategia della Commissione europea REPowerEu per accelerare gli obiettivi di transizione ecologica e affrancarsi dalla dipendenza del gas russo. Il piano presentato prevede l’aumento della capacità produttiva di biometano fino a 35 miliardi di metri cubi entro il 2030 all’interno dell’Unione europea. Oggi in Ue si producono già 15 miliardi di metri cubi di biogas grezzo e 3 miliardi di metri cubi di biometano da circa 20.000 impianti. L’obiettivo al 2030 è quello di sostituire anche in Europa – proprio come ha ricordato Mazzoncini – il 20% del gas che si importava dalla Russia, passando dai 32TWh di oggi a 341,9, con un incremento del +968%.