La farina d’insetti non piace agli chef, ma non si preoccupano: “Moda passeggera”

Filippo La Mantia e Pietro Leemann preferiscono puntare sulla tradizione italiana e sulla riduzione degli sprechi anche in cucina

I decreti sulla trasparenza in etichetta per le farine di insetti hanno sollevato un dibattito nel quale la voce degli chef si alza quasi unanime: non in mio nome. I cuochi sembrano a ogni modo non essere preoccupati, la considerano una “moda passeggera”.

“Mi sorprende il fatto che ci sia tutta un’attenzione mediatica intorno all’argomento”, dice a GEA Filippo La Mantia, noto chef siciliano. Lui, assicura, non la utilizzerà mai: “Sono un tradizionalista, le campagne pullulano di prodotti di contadini che hanno le stesse proteine, che fanno bene e mi concentro sul mio prodotto”. Pensa, piuttosto, alle migliaia di tonnellate di prodotti che ogni anno finiscono al macero o che non vengono utilizzati. Lo fa proprio quando la cucina italiana è candidata a patrimonio immateriale dell’Unesco: “Di che stiamo parlando? – chiede – Abbiamo un tesoro sotto i piedi che dobbiamo coccolare e coltivare, ci dobbiamo prendere cura di quello che madre natura ci ha dato. Non mi pongo il problema della farina di insetti, sono molto proiettato verso i prodotti italiani, migliaia di contadini ogni mattina si svegliano all’alba e hanno altri problemi”.

E’ d’accordo lo chef svizzero, fondatore del ristorante vegetariano stellato Joia a Milano, Pietro Leemann. Considera la farina di insetti “inutile”, dal punto di vista alimentare e gastronomico. “Faccio un esempio: in Romagna si fa la pasta con le uova e la farina, chi la fa non si metterà certo a farla con la farina di insetti”. Se la ratio è quella di combattere la fame nel mondo, anche in questo caso l’uso degli insetti non ha senso, assicura: “Sa cosa risolve il problema della fame? Diventare vegetariani, per i quali la proteina non è un problema. In Paesi come l’India non c’è mica bisogno della farina d’insetti, stiamo parlando di un miliardo e mezzo di persone”. La soluzione, afferma Leemann, passa anche da un’educazione alimentare: “Quello che è successo dal dopoguerra in avanti è una esuberanza nel consumo. Questo può essere facilmente sistemato e si sistemerà in modo naturale”. Si dice ottimista per il futuro: “La nuova generazione è molto più coscienziosa e sta diventando vegetariana, appunto, per presa di coscienza”.