L’Europa ‘sballata’ di Calenda, il green e le esigenze delle nostre imprese

Il leader di Azione severo con la Ue ma è difficile trovare un punto di caduta tra le regole green e le necessità industriali

In una intervista a Libero, il leader di Azione Carlo Calenda – che tra l’altro ha un passato da eurodeputato dal 2018 al 2022 e che è stato Rappresentante permanente dell’Italia all’Ue durante il governo Renzi – l’ha toccata piano con l’Europa, con Ursula von der Leyen e con Frans Timmermans. Sintetizzando, ha detto che la Ue vive in una sorta di universo parallelo, che il progetto di arrivare a emissioni zero è irrealistico, che il vicepresidente della Commissione vende il miraggio verde per puntare alla rielezione. La chiosa è questa: “L’Europa è un gran casino”. Amen.

Siccome Calenda in teoria dovrebbe rappresentare il Terzo Polo (ei fu) e quindi il pensiero moderato che non è né di destra né di sinistra, viene da riflettere su quali ragioni lo abbiano spinto a picchiare così duro, tra l’altro con l’affaccio sulle elezioni del 2024. Supponiamo che avrà avuto le sue motivazioni politico-strategiche, Calenda, ma allargando il perimetro del ragionamento è fuori discussione che la deriva molto green presa dalla Ue sia motivo di scontento diffuso. Per lo meno di discussione preoccupata.

Proprio questa tematica sarà il fulcro del dibattito che alimenterà il primo panel dell’evento sull’energia organizzato per fine maggio dal gruppo Withub, con GEA ed Eunews. Perché la domanda è una sola, abbastanza semplice nella strutturazione ma molto complessa nella risposta: quanto incidono le normative Ue sulle prospettive di sopravvivenza e crescita delle nostre imprese? Riuscire a mettere insieme le severissime regole europee sul green – dalle auto elettriche alle case, ai nuovi regolamenti Ets (Emission Trading Scheme), fino al Nutriscore e all’etichettatura del vino) – con le comprensibili esigenze delle nostre imprese appare un risiko complicatissimo. Tanto che, sempre più spesso, il dialogo diventa scontro e lo scontro disunisce un’Europa che raramente ha fornito un’immagine di monoliticità. L’ultima spallata l’ha data Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva con delega alla concorrenza, sostenendo che l’industria andrà decarbonizzata “entro il 2025”. Aperta parentesi: siamo a maggio 2023 e anche se nulla è impossibile sembra una prospettiva abbastanza improbabile.

Sempre per citare Calenda, “l’Europa ci è indispensabile per l’export e perché ci consente una stabilità finanziaria che non avremmo” ma questo beneficio va pagato a caro prezzo. “Un pezzo di tedeschi e di francesi è già contro le politiche ultra-ambientaliste che la von der Leyen ha sposato per un certo opportunismo”, bacchetta ancora il leader di Azione pensando alla transizione ecologica non alla rivoluzione ecologica. Tra una schermaglia dialettica e l’altra, nel mezzo ci sono state le battaglie per il price cap, per il decoupling, per i biocarburanti, eccetera eccetera. Battaglie, appunto.