La battaglia in Europa sulle Case Green si farà. Lo giura Giorgia Meloni, che affila le armi alla Camera. Durante i negoziati in Consiglio, l’Italia era riuscita a ottenere una revisione delle tempistiche per l’adeguamento delle prestazioni energetiche degli edifici, per rendere la transizione più graduale e garantire possibilità di esenzione per alcune categorie. L’Europarlamento però “ha ritenuto di inasprire ulteriormente il testo iniziale e questa scelta che consideriamo irragionevole, mossa da un approccio ideologico, impone al governo di continuare a battersi per difendere gli interessi dei cittadini e della nazione”, assicura la premier, rispondendo al Question Time. Gli obiettivi temporali della direttiva europea “non sono raggiungibili dall’Italia“, rileva la leader di Fdi. Il patrimonio immobilitare del nostro Paese, osserva, è inserito in un contesto molto diverso dagli altri Stati membri per ragioni storiche, di conformazione geografica, “oltre che per una praticata visione della casa come bene-rifugio delle famiglie“.
Ammantarsi di ideali è bello, commenta il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, che fa notare come in Italia ci siano 31 milioni di case cui quasi la metà, 15 milioni, sono oggetto di classificazione: “Anche se molte sono escluse perché sotto i 100 metri quadrati, vincolate o per altri motivi, le abitazioni da portare in classe F al 2030 sarebbero comunque circa 5,1 milioni e quelle da portare in classe D al 2033 ammonterebbero a 11,1 milioni“. Per questo chiede di procedere per gradi e questo percorso va valutato a suo avviso dagli Stati nazionali: “Se con il Superbonus, spendendo 110 miliardi, siamo riusciti a intervenire su 360 mila immobili, quanto servirebbe per intervenire entro il 2030 su quasi 15 milioni di unità immobiliari? Si tratterebbe di cifre astronomiche che non possono permettersi né lo Stato né le famiglie italiane“. Questi costi, spiega infatti, sarebbero “caricati sullo Stato o sulle famiglie, in questo caso peserebbero sulle famiglie meno abbienti, quelle in difficoltà”. Ecco perché il responsabile del Mase sottolinea: “E’ una valutazione di razionalità”. A livello europeo “c’è un plenum aperto e c’è una posizione al Consiglio energia di fine ottobre, in cui avevo detto che si potevano prevedere step di controllo al 2033 e al 2040. La posizione di Parlamento e Commissione Ue, invece, non è quella di consentire step ma di un obbligo, addirittura un obbligo individuale. Lo faremo presente a livello europeo, poi essendo la direttiva valuteremo come comportarci”, fa sapere.
Il rischio, per il capogruppo di FI alla Camera, Alessandro Cattaneo, è che crolli l’intero mercato immobiliare: “Non possiamo costringere otto milioni di famiglie a sostenere interventi costosi in tempi brevissimi, inapplicabili e irragionevoli“, insiste. La destra è troppo allarmista per il Pd e “continua a negare l’urgenza di affrontare la crisi climatica”: “La direttiva europea per le ‘Case green’ non è un inutile e costoso orpello a danno di inquilini e proprietari, ma il contributo necessario e doveroso di tutti i cittadini per difendere l’ambiente, ridurre le bollette e gli sprechi energetici”, scandisce Chiara Braga, deputata Dem e Segretaria di Presidenza della Camera dei Deputati. “Un obiettivo sacrosanto, tanto più in un Paese come il nostro – rileva – che conta 6 milioni di poveri energetici e che ha il patrimonio edilizio più energivoro d’Europa“. Meloni “dimostra ancora una volta di non sapere di cosa parla” per il vicecapogruppo M5s a Montecitorio, Agostino Santillo. Richiama il Superbonus, quella misura che, rivendica, “è l’unica vera soluzione per avviare il percorso della direttiva: lo capirebbe anche un bambino, e l’Italia la aveva già. Anzi, con il 110% si può dire che l’Italia ha tracciato la strada in Europa. Però quella stessa misura ha pagato un peccato originale: è stata ideata dal M5s. Pertanto la Meloni, guidata da ignavia e sete di consenso, l’ha voluta demolire insieme al sodale Giorgetti, che da mesi farnetica su buchi di bilancio inesistenti“. Meloni però non incassa e parla di emergenze e priorità: “La norma ha generato oneri finanziari privi di copertura per decine di miliardi di euro, è state pagata anche da chi non ha ristrutturato casa e perfino da chi una casa non ce l’ha, per efficientare forse il 4% del patrimonio italiano“, denuncia la premier. Poi affonda: “Il Superbonus ha consentito la proliferazione di un mercato opaco e non governato di circolazione dei crediti fiscali a tutto vantaggio non delle imprese che quegli interventi avevano realizzato e per le quali oggi reclamano il pagamento, ma dei vari intermediari anche finanziari intervenuti a raccogliere questi crediti con un prezzo a sconto sul valore nominale, lucrando sul differenziale poi portato all’incasso con l’erario”.