Risposta “pronta e decisa dall’Ue” in termini di politiche energetiche e ambientali di fronte agli sviluppi in Ucraina e al rincaro dei prezzi dell’energia. È quella che evoca in un’intervista a GEA Eleonora Evi, eurodeputata dei Verdi europei (Greens/EFA), secondo cui le politiche dell’Ue dovranno puntare, più di prima, su efficienza energetica e rinnovabili.
La guerra di Russia in Ucraina è slittata in cima all’agenda delle istituzioni comunitarie. Qual è l’impatto sui lavori del Parlamento Europeo sul Green Deal e sui vari dossier del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’?
“La tragedia che si sta compiendo in Ucraina ha necessariamente un impatto sulle negoziazioni dei dossier del pacchetto ‘Fit for 55’. Per quanto, alla luce dell’evidenza scientifica, non necessitassimo di ulteriori ragioni per accelerare la transizione verso un’economia neutrale al clima e basata esclusivamente sull’uso di energia da fonti rinnovabili, la guerra di Putin ci dimostra ancora una volta l’insensatezza della dipendenza europea dalle importazioni di gas così come di ogni tipo di combustibile fossile. Decenni di politiche miopi e l’assenza di azioni concrete su rinnovabili ed efficienza energetica non ci permettono più il lusso di tentennamenti e procrastinazioni. La stessa Commissione europea ha chiesto al Parlamento e al Consiglio di accelerare l’adozione delle misure chiave del pacchetto ‘Fit for 55’, ivi inclusi obiettivi più ambiziosi per il 2030 in merito alla riduzione delle emissioni di gas serra e all’efficienza energetica”.
Prima dell’inizio della guerra, la Commissione Ue aveva previsto di arrivare a finalizzare la maggior parte dei dossier del ‘Fit for 55’ prima della prossima COP27 (Conferenza sul clima delle Nazioni Unite) di Sharm el-Sheikh che si terrà in autunno. C’è il rischio di un rallentamento sulla tabella di marcia?
“La priorità politica del gruppo dei Verdi/ALE, nonché mia battaglia personale, è quella di assicurare maggiore ambizione normativa nei dossier del ‘Fit for 55’ in linea con quanto ci chiedono l’urgenza della crisi climatica e l’accordo di Parigi. Alla luce degli attuali tragici sviluppi in Ucraina, congiuntamente all’innalzamento vertiginoso dei prezzi dell’energia, si rivela quanto mai necessaria una risposta pronta e decisa da parte dell’Ue in termini di politiche energetiche ed ambientali che puntino convintamente, celermente e immediatamente su efficienza energetica e rinnovabili”.
Per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi, l’Esecutivo europeo punta ad alzare i target sulle energie rinnovabili proposti neanche un anno fa nel ‘Fit for 55’. La proposta andrà incontro alle richieste del Parlamento che già chiedeva un aumento al 45%, per il gruppo dei Verdi è abbastanza?
“La proposta della Commissione di aumentare l’obiettivo 2030 per le energie rinnovabili ad almeno il 40% è sicuramente un miglioramento rispetto al precedente obiettivo del 32%, ma vi è ancora purtroppo un grande divario tra questo timido livello di ambizione e quello che è invece necessario a garantire una transizione verso un’economia priva di combustibili fossili ed altamente efficiente entro il 2040, l’unico futuro compatibile con l’accordo di Parigi. Per raggiungere questo obiettivo, infatti, abbiamo bisogno di un target più elevato a livello Ue, ossia almeno il 50% come minimo indispensabile, suddiviso tra Stati membri in target nazionali vincolanti”.
L’Europarlamento ha chiesto un embargo totale sulle importazioni energetiche della Russia, ma gli Stati continuano a essere divisi sull’inclusione del petrolio e del gas. La proposta del premier Draghi di fissare un tetto al prezzo del gas russo (in alternativa a un embargo) potrebbe aiutare a trovare un compromesso in sede di vertice Ue?
“Draghi deve uscire dall’ambiguità e deve smetterla di difendere l’indifendibile, ovvero gli extraprofitti miliardari delle società energetiche che sono realizzati con i soldi delle famiglie, di cui 3,8 milioni stanno entrando nella povertà, e di molte imprese italiane che stanno fallendo per il caro energia. Draghi non ha il coraggio di decidere un contributo di solidarietà per prelevare il 100% degli extra profitti. È questa la proposta che Draghi dovrebbe avanzare in sede Ue. Chiediamo a Draghi di fissare un tetto nazionale per il prezzo del gas pari a 35 € MWh e di 45 € MWh per l’elettricità. Si sblocchino contestualmente i 200 GW di impianti da rinnovabili che rappresentano 4 volte il fabbisogno energetico del nostro paese e che ridurrebbero drasticamente il costo delle bollette”.
Lei è stata relatrice ombra per il gruppo dei Verdi della relazione sull’attuazione della direttiva sull’efficienza edifici, la cui proposta di revisione avanzata a dicembre ha fatto particolarmente discutere in Italia…
“Bisogna demistificare quella narrazione, da parte di una certa parte della stampa, che dipinge sempre e solo un’Europa cattiva, che in questo caso metterebbe le mani addirittura sulle case degli italiani. Ciò che invece raramente si sente dire è che la revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici è indispensabile se vogliamo concretizzare gli obiettivi del Green Deal europeo e assicurare il raggiungimento della neutralità climatica. Gli edifici sono infatti una delle maggiori cause di emissioni nell’UE e nel mondo, responsabili del 36% delle emissioni di CO2 e del 40% del consumo totale di energia. Questa revisione è un’occasione preziosa non solo per ridurre drasticamente l’impronta climatica del nostro patrimonio edilizio, ma anche per affrontare il problema della povertà energetica, che colpisce milioni di cittadini europei che non riescono a permettersi di riscaldare o rinfrescare adeguatamente le proprie abitazioni. La strumentalizzazione di questo tema da parte di certa stampa è del tutto fuorviante rispetto al fulcro del problema, che di fatto è rappresentato dalla presenza nel nostro Paese di edifici “colabrodo”, che inquinano e sprecano energia, contribuendo ad aggravare ulteriormente il problema del caro bollette. Senza dimenticare che una ristrutturazione in chiave di efficienza energetica degli edifici non ne aumenta soltanto la qualità, ma anche il valore immobiliare”.
Quali sono le sue idee per modificare la proposta della Commissione?
“Diversi elementi della proposta della Commissione rafforzano l’attuale quadro normativo. Tuttavia, la proposta presenta anche svariate lacune e aspetti da chiarire se si vuole garantire una normativa coerente e completa, soprattutto per quanto concerne le misure per incrementare i tassi di ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, promuovendo altresì pratiche e materiali sostenibili e circolari durante tutto il ciclo di vita degli edifici. Solo così potremo sfruttare i molteplici vantaggi associati a case, uffici, scuole e ospedali più performanti, che riducano la povertà energetica, taglino le emissioni, migliorino la qualità dell’aria, la salubrità e il comfort delle abitazioni, assicurando anche bollette più basse per tutti. Ecco perché è importante che la transizione ecologica parta da qui, al netto delle speculazioni narrative di chi ancora una volta vuole cavalcare l’onda dell’Europa matrigna, invece di mettere in luce l’urgenza dei cambiamenti da fare e i vantaggi concreti di queste misure, specialmente per le fasce più deboli della popolazione”.
L’Esecutivo europeo si è impegnato di recente a diventare, come istituzione, climaticamente neutrale al 2030, facendo leva su edifici più efficienti ma anche sul fare a meno di alcuni edifici e spazi. Seguirà una riflessione dello stesso tipo anche in Parlamento?
“Le istituzioni pubbliche, a partire da quelle europee, devono necessariamente avere un ruolo esemplare nella transizione verso un’economia neutrale al clima. È pertanto da accogliere con grande favore l’impegno della Commissione a diventare un’istituzione del tutto sostenibile entro la fine del decennio, per quanto sia necessario assicurare una vera riduzione delle emissioni e non puntare in misura sostanziale su misure di rimozione del carbonio. Grazie alla volontà della Commissione di rafforzare la cooperazione interistituzionale, si potranno diffondere e discutere concretamente le migliori pratiche e sviluppare approcci e azioni comuni per garantire che tutte le istituzioni europee, non solo la Commissione o il Parlamento, minimizzino il proprio impatto ambientale”.