L’ambizione di Fedriga: “Puntiamo a diventare riferimento internazionale per la sostenibilità”
Il governatore del Friuli Venezia Giulia racconta a GEA come la Regione sta lavorando per una transizione green, con l'obiettivo di raggiungere la neutralità climatica nel 2045, con cinque anni di anticipo sul termine europeo
Sostenibilità, prevenzione del rischio, decarbonizzazione, transizione ecologica e digitale. Con la pandemia e, più, ancora con lo scoppio della guerra in Ucraina, il mondo istituzionale – a ogni livello – e quello industriale sta facendo i conti con la necessità di una trasformazione epocale, verso un modello economico più equo, giusto e green. E, per il nostro Paese, il cambiamento climatico e le sue devastanti conseguenze sul territorio e in termini di vite umane, l’accelerazione si fa ancora più necessaria. Ne abbiamo parlato con il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, i cui piani in questa direzione sono decisamente ambiziosi.
E’ in corso a Rimini Ecomondo, che rappresenta un punto di incontro fondamentale per istituzioni, imprese, stakeholders nell’ambito dell’economia circolare e la sostenibilità. Quali azioni ha messo in campo il Friuli Venezia Giulia per favorire lo sviluppo sostenibile e la transizione ecologica?
“Questa amministrazione si è data un obiettivo ambizioso fin dal precedente mandato: fare del Friuli Venezia Giulia una regione di riferimento per la sostenibilità a livello internazionale. Un obiettivo che ora ha anche una cornice normativa specifica, quella della legge Fvgreen approvata lo scorso febbraio, che introduce la Strategia regionale per lo sviluppo sostenibile. La transizione ecologica del Friuli Venezia Giulia viene delineata come un processo strutturale multilivello, trasversale e partecipato che ha l’obiettivo di conseguire la neutralità climatica nel 2045, con cinque anni di anticipo sul termine europeo. A questa strategia è connesso il Piano regionale per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Il conseguimento dell’obiettivo di neutralità climatica implica il coinvolgimento dei Comuni e degli Enti locali e, a tal fine, la Regione valorizza l’adesione dei Comuni all’iniziativa comunitaria “Patto dei Sindaci per il clima e l’energia” e la conseguente predisposizione dei Piani di azione per l’energia sostenibile ed il clima.
Ma vi sono anche progettualità già concluse o avviate: penso alla dismissione dell’ex ferriera di Servola, al piano di elettrificazione delle banchine del porto di Trieste, e ancor più ad un progetto di respiro internazionale quale la Valle dell’idrogeno. La Regione in questo settore ha voluto rafforzare la propria collaborazione con i Paesi vicini di Slovenia e Croazia avviando un processo unico nel suo genere a livello europeo per la costituzione di una Valle dell’idrogeno del Nord Adriatico, un ecosistema integrato transnazionale che interessa l’intera catena del valore dell’idrogeno e una pluralità di investimenti ingenti in forma di “portfolio” di progetti”.
A Ecomondo partecipano oltre 30 aziende friulane, segno che la spinta verso la transizione è viva. Quale può essere il contributo delle imprese nell’accelerazione verso la green economy?
“Il contributo delle imprese è fondamentale perché possono incidere sui modelli produttivi e imprimere cambiamenti duraturi tali da diventare delle vere e proprie best practice. Penso al polo chimico di Torviscosa dove il gruppo Bracco da 20 anni ha investito su un modello di sviluppo sostenibile imprimendo una riconversione green ad un intero sito produttivo. Operazioni di questo genere sono possibili solo se c’è un patto istituzionale e territoriale forte.
Nel caso, invece, di aziende medio piccole la Regione cerca di incentivarne la transizione energetica attingendo alle risorse regionali e comunitarie. È il caso, ad esempio, del recente bando da 70 milioni di euro per l’autoproduzione di energia rinnovabile o il masterplan per il recupero dei complessi degradati”.
Case green, auto elettriche, decarbonizzazione: da dove è necessario partire per una transizione che sia realmente sostenibile, anche dal punto di vista economico e sociale?
“L’impegno della Regione come detto è trasversale. Noi siamo partiti da un investimento capillare sul fotovoltaico. Per i privati i fondi regionali già stanziati per le installazioni di impianti sulle abitazioni sono ad oggi 150 milioni. Per le aziende abbiamo canali di accompagnamento alla transizione energetica, tecnologica ed ecologica, che prevedono di immettere nel sistema, da qui a fine legislatura, 275 milioni di euro, tra risorse proprie e comunitarie”.
Ogni volta che si contano vittime e danni del maltempo, la parola ‘prevenzione’ torna protagonista. Si può davvero prevenire una tragedia del genere? E cosa servirebbe in più per la messa in sicurezza del territorio?
“Fortunatamente, contiamo su modelli di previsione sempre più accurati e riusciamo ad allertare il sistema con anticipo, ma la violenza di alcuni fenomeni è ancora imperscrutabile. Purtroppo lo abbiamo visto con la grandinata eccezionale di fine luglio, un fenomeno mai registrato prima addirittura a livello europeo, ma anche con l’ondata di maltempo di inizio novembre o prima ancora con la tempesta Vaia. La nostra Protezione civile è all’avanguardia e costituisce uno dei punti di riferimento della prevenzione a livello nazionale e transfrontaliero.
Sul fronte degli investimenti abbiamo destinato i circa 600 milioni a disposizione del Friuli Venezia Giulia per progetti legati al Pnrr e volti alla transizione ecologica. Fra le priorità rientrano la riduzione del rischio idrogeologico con la realizzazione di interventi complementari allo scolmatore del Cormor, messa in sicurezza delle arginature del torrente Torre e del fiume Isonzo (241 milioni); investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico (20 milioni); realizzazione di impianti irrigui, micro invasi e laghetti per la razionalizzazione delle risorse idriche (269 milioni). Un altro fronte su cui stiamo lavorando è il nuovo Piano di governo del territorio che servirà a contenere il consumo di suolo, a razionalizzare le infrastrutture e a definire una strategia di sviluppo di lungo periodo”.