Lo sviluppo di un Paese o di un continente, passa anche dalla sicurezza alimentare, che oggi è “centrale“. Ne è convinto Francesco Lollobrigida, che dopo aver incontrato in mattinata i pescatori di Goro, insieme al viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Galeazzo Bignami, per rassicurarli sul problema del distruttivo granchio blu (“bisogna contrastare l’eccessiva presenza e indurre al consumo“), mentre l’Emilia-Romagna pressa per avere la dichiarazione dello stato di emergenza, dal palco del Meeting di Rimini tocca, poi, diversi argomenti che riguardano l’agroalimentare italiano ed europeo. “Il nostro sistema di sviluppo parte da un presupposto: il cambio di epoca nella quale viviamo – dice il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste -. Per anni abbiamo vissuto di certezze su questo Pianeta, che ci hanno fatto fare delle scelte, terminate però improvvisamente“. Vedi alla voce pandemia e guerra di aggressione russa in Ucraina. Se con il Covid “eravamo certi della libertà e a un certo punto abbiamo scoperto che si può perdere, anche senza aver commesso reati“, il conflitto ci ha fatto scoprire “che si può perdere anche la certezza di approvvigionamenti, se ci si affida a nazioni instabili come forniture rinunciando alla propria produzione, rischiando di avere un uomo solo al comando che decide di cancellare le tue fonti di approvvigionamento, il tuo modello di sviluppo, il tuo modello di civiltà e quindi anche la tua libertà di decidere“.
Dunque, ecco che torna il concetto: “La sicurezza alimentare è certezza di approvvigionamento, è ricerca della possibilità di soddisfare delle criticità legate all’aumento demografico del pianeta“. Ma, avverte Lollobrigida, la risposta “non può essere ‘dare cibo a tutti’, ma essere in grado di dare buon cibo a tutti: questa è la sfida sulla quale l’Italia può essere protagonista, ovviamente non da sola“. In questo senso le parole del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, suonano come un vero e proprio campanello d’allarme: “I cittadini del mondo aumentano, saremo 10 miliardi da qui ai prossimi 20 anni e, secondo i dati dell’Ocse, dovremo produrre di più, soprattutto in termini di generi alimentari. Si stima un aumento del 30% della produzione agricola a livello globale“. Per centrare l’obiettivo, però, serve “la digitalizzazione dell’agricoltura“. Secondo Giansanti “è possibile produrre di più preservando le risorse naturali” mettendo “a sistema quella mole di dati che oggi gli agricoltori producono e condividendoli nel sistema generale”, oltre all’utilizzo “dei migliori strumenti che la tecnologia offre: da quelle di evoluzione assistita fino ai satelliti“. In questo modo “si potrà diminuire l’utilizzo di acqua del 20-25%, dei prodotti fitosanitari del 10%, dei fertilizzanti del 15% e delle macchine dal 4 all’8%, con un minor utilizzo anche di gasolio“.
Certo, l’export sarà fondamentale. Così come prepararsi ad affrontare le sfide geopolitiche, che condizionano anche l’economia. “Il bombardamento dei depositi dei silos del grano ucraino sta portando un aumento della capacità produttiva russa, anno su anno, del 36%, si prevede che l’anno prossimo la Russia sarà il primo esportatore di cereali a livello mondiale, con una quota di mercato del 25%“, sottolinea infatti il presidente di Confagricoltura.
L’Italia sta cercando di trovare vie alternative con il Piano Mattei, che non riguarda solo l’energia, ma anche la cooperazione agroalimentare con un continente ricco di materie prime e potenzialità. “Enrico Mattei ha piantato nel deserto una idea” di sviluppo e collaborazione con “che oggi abbiamo ripreso e proveremo a sviluppare, proprio attraverso un progetto che ha una visione strategica e non solo l’utilizzo di denaro a pioggia“, spiega il responsabile del Masaf. Chiarendo l’obiettivo: “Far crescere le nazioni in difficoltà, per garantire sicurezza alimentare, senza cambiare il modello di civiltà al quale siamo stati educati e al quale crediamo ancora“.
Anche sulla dieta mediterranea Lollobrigida ha idee decisamente chiare. La cucina italiana è candidata a Patrimonio Unesco perché “difendere il buon cibo, difendere la qualità è anche una questione di civiltà e di rispetto di un modello di sviluppo che mette le persone tutte sullo stesso piano e non si lascia condizionare esclusivamente dal loro potere d’acquisto“. Il ministro usa l’esempio degli Stati Uniti: “Sono un grande popolo, ma sul mangiare non possono insegnarci nulla. Da loro – continua – c’è un differente modello di educazione alimentare, mentre il nostro è interclassista. Da noi spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi perché, cercando dal produttore l’acquisto a basso costo, comprano qualità“. La sfida del futuro passa anche (soprattutto) dal fattore alimentare.