Meloni: “Sostenibilità, ma senza smantellare l’economia”. In arrivo il Piano Transizione 5.0

La premier all'assemblea generale di Assolombarda conferma gli obiettivi europei della transizione ecologica, ma "con criterio". E in contemporanea con il ministro delle Imprese e il Made in Italy annuncia il 'Chips act' italiano sui semiconduttori

Transizione ecologica sì, ma “con criterio“. All’assemblea generale di Assolombarda, la premier Giorgia Meloni tranquillizza gli industriali e ribadisce che la strategia del governo è quella di puntare a una sostenibilità ambientale che cammini di pari passo con quella sociale ed economica: “Vogliamo difendere la natura, ma con l’uomo dentro – spiega -. Non si può ritenere che per avviare la transizione ecologica si possano smantellare la nostra economica e le nostre imprese”.

Il governo a Bruxelles è impegnato sul nuovo fronte della governance, la riforma del Patto di stabilità e crescita: “La sfida è sugli investimenti. Se l’Europa fa delle scelte strategiche, come transizione verde, digitale ma anche difesa, poi non si possono punire le nazioni che investono su questi temi con regole che non riconoscano il valore aggiunto di quegli investimenti“, afferma la premier. In altre parole, si tratta di scomputare le spese per gli investimenti dal calcolo del rapporto deficit/Pil.

Quanto ai soldi del Pnrr, “li metteremo a terra, costi quel che costi. Faremo tutto ciò che va fatto e metteremo tutti ai remi”, garantisce.

Mi è piaciuto sentire dalle parole del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: una narrazione diversa nei confronti dell’industria“, plaude il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Approva una visione di investimenti “con l’uomo al centro, che è quindi l’industria 5.0“.

Tra le prime misure che verranno finanziate con i fondi europei, per almeno 4 miliardi di euro, c’è proprio il Piano Transizione 5.0, per “avere un credito fiscale significativo, come quello che si aveva fino al 31 dicembre dello scorso anno per investimenti in green e digitale delle imprese. Fondamentale per incentivare le imprese a investire“, fa sapere il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

E’ reduce da un trilaterale importante a Berlino con i ministri di Francia e Germania, Bruno Le Maire e Robert Habeck, sulle materie prime critiche: “Stiamo agendo in sede europea per la politica industriale“, afferma. Lo definisce l’inizio di un nuovo format, in cui Roma, Parigi e Berlino, “le tre grandi economie europee“, decideranno insieme sulle grandi sfide della politica economica e industriale del Continente e sui dossier all’esame delle istituzioni europee, sia per il settore dell’Automotive sia sugli altri dossier che hanno un impatto sul sistema industriale.
Il ministro delle Imprese porterà in Consiglio dei ministri prima della pausa estiva, nei primi giorni di agosto, anche il ddl sulla microelettronica, che “definirà il Piano Nazionale italiano in similitudine al chips act europeo per fare dell’Italia il paese ideale in cui investire sull’economia digitale e la tecnologia green“.

La politica sui semiconduttori “si inserisce in un piano più ampio che volto a rendere l’Italia competitiva in settori ad alto contenuto tecnologico“, conferma Meloni, che fa sapere di voler dare all’Hi-tech “particolare attenzione“, per attrarre nuove imprese dall’estero ed evitare fughe di quelle che operano in Italia.

L’inizio di agosto sarà anche il momento in cui Urso darà l’avvio ad altri due dossier fondamentali per la politica industriale italiana: il piano nazionale siderurgico per le principali acciaierie italiane (Terni, Piombino, Taranto in testa) e l’accordo con Stellantis sulla transizione per l’automotive. “Penso che nelle prossime settimane sia doveroso e possibile invertire la tendenza. Nello scorso anno in Italia si sono prodotte solo 473mila autovetture, quando 10 o 20 anni fa c’erano ben altri numeri – ricorda il ministro -. Il delta sul mercato interno è di un terzo di produzione nazionale e due terzi realizzate e importate dall’estero. In Francia siamo ai 2/3 di produzione interna, la Germania produce internamente il 119% delle auto. Questo delta italiano va assolutamente ridotto“. E nell’accordo con l’unica casa produttrice di auto in Italia, è convinto, lo spazio per “invertire la tendenza c’è“.