Formalmente, il Patto di stabilità non è all’ordine del giorno del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre. Ma la questione è certamente al centro del dibattito: “Mancherei di onestà intellettuale se non affrontassi per primo il tema che in questo momento vede maggiormente impegnata l’Italia e che avrà ricadute molto importanti sulla credibilità e sul futuro dell’Unione“, spiega Giorgia Meloni all’Aula di Montecitorio.
Roma lavora alla riforma da mesi, in condizioni negoziali, tiene a ricordare la premier, “non semplici“. L’approccio è “costruttivo e pragmatico“, per bilanciare la solidità dei bilanci nazionali e la sostenibilità dei loro debiti pubblici, senza dimenticare la crescita e il sostegno agli investimenti. Oggi la posizione dell’Italia è “credibile e seria”, rivendica la presidente, soprattutto “grazie all’azione del ministro Giorgetti“. Ed è proprio grazie a una ritrovata credibilità internazionale che, dice, “nonostante una trattativa difficilissima siamo ancora in partita“. L’accordo finale è stato posticipato a una nuova riunione dell’Ecofin, che verrà convocata nei giorni successivi al Consiglio europeo con il mandato di chiudere l’accordo entro l’anno. “A Bruxelles hanno capito che la posizione del governo non si basa sul classico ‘tiriamo a campare’ ma su una politica di bilancio seria e rigorosa che anche oggi voglio rivendicare“, insiste Meloni. Le modifiche chieste dall’Italia non sono per “sperperare risorse senza controllo“, ma il contesto è “eccezionale” e richiede una governance adeguata. E, nella replica, Meloni precisa che non è disposta a dare l’assenso “a una riforma del Patto di stabilità che nessun governo italiano potrebbe in futuro rispettare”, perché “preferisco da una vita essere accusata di essere isolata che essere accusata di aver svenduto l’Italia”.
Anche sul Pnrr l’Italia ha avuto la sua rivincita, “grazie all’impegno encomiabile di tutto il governo, e del ministro Fitto in particolare, abbiamo registrato risultati straordinari sulla rimodulazione e l’attuazione”, scandisce. Oggi questi risultati, vengono riconosciuti dalla Commissione europea, dal Consiglio e “da tutti gli analisti economici“. Eppure, osserva la leader di Fdi, nei mesi della campagna elettorale, la volontà di intervenire per revisionare un Piano nato in un quadro economico e geopolitico diverso da quello attuale “veniva derisa, derubricata ad annuncio velleitario o addirittura bollata come una scelta irresponsabile che avrebbe portato l’Italia con un piede fuori dall’Europa, messo a rischio la nostra credibilità internazionale e con essa i nostri conti pubblici“. La tenacia ha premiato: “Con perseveranza abbiamo dimostrato che si poteva fare, anzi permettetemelo, si doveva fare ed è stato fatto“.