Il nucleare occupa da almeno 30 anni il dibattito pubblico, ma la politica è ancora lontana da una soluzione. Anche perché il tema tocca quasi tutti i gangli nevralgici del nostro Paese: dall’economia all’ambiente, dal sociale all’industria. Anche in questa campagna elettorale è tornato più volte negli interventi dei vari leader o candidati, ma nessuno ha messo nero su bianco un impegno, sia a riprendere il discorso, sia per chiuderlo definitivamente. A riaccendere i riflettori stavolta è un tecnico, Roberto Cingolani, ad oggi ministro della Transizione ecologica del governo Draghi, dunque in carica, anche se per gli affari correnti. Il responsabile del Mite, però, è anche un tecnico. Anzi, per la precisione un fisico esperto di robotica, dunque non estraneo alla materia. “L’indipendenza energetica oggi è anche sociale e finanziaria. Con le rinnovabili non riusciremo a mandare avanti per sempre la manifattura del Paese“, dice ai microfoni di Radio24, introducendo il discorso.
Per Cingolani nel 2040-2050 bisognerà “dare sorgenti continue“, rispettando l’impegno di “uscire da carbone e gas perché producono Co2“. Dunque, “l’unica alternativa è il nucleare” per il ministro. Che poi sottolinea: “Io parlo di quello di nuova generazione, ma se non facciamo questa scelta non riusciremo mai a sbloccarci“, ammonisce. Il discorso tocca corde molto tese, ma nelle parole di Cingolani c’è un orizzonte ben più largo del presente: “Il futuro dei nostri figli lo stiamo bloccando con l’ideologia di oggi“. Non un inedito, il suo pensiero è sempre stato questo, senza mai nasconderlo dietro il politically correct.
Il primo a esultare è Matteo Salvini, che spesso rilancia il nucleare nei suoi appuntamenti di campagna elettorale. “Bene Cingolani – commenta il leader del Carroccio -. Il nucleare moderno è la forma di produzione energetica più pulita e sicura. Chi in Italia dice no al nucleare, dice no ad un futuro di libertà energetica, con emissioni zero e bollette meno care. Per la Lega nessun dubbio: ritorno al nucleare subito“. Rincarando la dose ai microfoni di ‘Un giorno da pecora’, su Rai Radio1: “Il referendum è di qualche annetto fa, sono in corso le ricostruzioni di 55 reattori: dagli stati Uniti al Giappone, dalla Francia alla Romania, non possiamo rimanere gli unici che dicono no. Non è più il Nucleare come quello di Chernobyl“.
Non la pensa così, invece, il M5S. “Non trovo nulla di stucchevole nel fatto che paesaggio e ambiente siano tutelati dalla nostra Costituzione – sostiene il senatore pentastellato, Gianluca Perilli -. Trovo incomprensibile, e totalmente anacronistico, il fatto di mettere i cittadini dinanzi alla scelta tra bisogni energetici e tutela dell’ambiente. Come se le politiche energetiche del futuro non potessero convivere con i nostri paesaggi. L’emergenza non può e non deve rappresentare un motivo valido per violare un principio costituzionale“.
Non tarda nemmeno la risposta di Europa verde: “A Cingolani, la cui visione di futuro è ancora offuscata dal nucleare, vogliamo far notare cosa sta succedendo in Francia dove il Presidente Macron si è visto costretto a ricapitalizzare la Edf in modo da sopperire ai forti debiti e dove i lavori di costruzione della centrale di Flamanville, in Normandia, iniziati nel 2007“, dice Angelo Bonelli. Puntando il dito verso il responsabile del Mite: “Questa campagna di delegittimazione delle rinnovabili condotta dal ministro della Transizione ecologica è inaccettabile. Insegue il passato“. L’impressione, però, è che dell’argomento si sentirà ancora parlare.