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Serracchiani: “Inverno sarà molto duro, subito disaccoppiamento”
Nell'intervista, l'esponente di punta del Partito democratico affronta i temi legati al caro bollette, alle rinnovabili e al nucleare: "A tutti quelli che dicono di voler fare almeno 10 centrali, vorrei mi dicessero ora dove intendono mettere le scorie"
Lo dice così, senza filtri e con un filo di legittima preoccupazione. “L’inverno degli italiani sarà molto duro”. Lo dice, Debora Serracchiani, esponente di punta del Partito democratico, snocciolando fatti e non opinioni: “Io vivo tra Udine e Trieste e riscaldo anche a pellet, cosa comune dalle mie parti. Pagavo un sacco di pellet 4,20 euro. Oggi costa tra i 10 e gli 11 euro. Io sono tra i fortunati che possono ancora permettersi di pagare di più e di utilizzare il riscaldamento. Altre persone dovranno decidere se riscaldare o se mandare il figlio a scuola, pagargli la palestra o dirgli che non potrà più fare attività sportiva”. Un grido di allarme, uno stimolo ad agire immediatamente per evitare che “diventi troppo difficile… Dobbiamo capire che è un momento nel quale bisogna scegliere se vogliamo che i cambiamenti climatici possano essere governati o se invece devono essere subiti. Se pensiamo di rinviare quelle decisioni, temo che dopo non ci saranno più i tempi per poterle prendere”, sottolinea.
Buona parte della campagna elettorale si è avvitata sul caro bollette e sulle misure che il governo – attuale e futuro – dovrà adottare per consentire a famiglie e imprese di sopravvivere: “Noi abbiamo fin dall’inizio cercato di lavorare supportando il presidente Draghi, in particolare sull’apposizione del tetto al prezzo del gas – argomenta Serracchiani – Purtroppo l’Europa ancora non è riuscita a prendere una decisione comune, quindi abbiamo chiesto che si potesse orientare la decisione sia a livello europeo sia nazionale sul disaccoppiamento del costo dell’energia elettrica prodotta dal gas da quella prodotta da energie rinnovabili. Questo secondo passaggio per noi è possibile anche a livello nazionale, perché probabilmente il price cap è un po’ più complicato da ottenere vista la posizione di alcuni Paesi europei”. Con una postilla non trascurabile chi rimanda a un passato ormai remoto, al Cip dismesso nel lontano 1993: “Trattandosi di una situazione nella quale è evidente che ci sia una forzatura speculativa, qualsiasi decisione non può non essere accompagnata anche da un regime amministrato dei prezzi. Noi riteniamo che, per un periodo di tempo limitato, si debba in qualche modo tornare all’antico, quando c’era il Comitato interministeriale prezzi che regolamentava percorsi di ingresso al mercato”, è la riflessione di Serracchiani.
Guardare avanti significa affidarsi a fonti di energia alternative, da un lato le rinnovabili, dall’altro il nucleare. Se sulle prime c’è praticamente unanimità di vedute di quasi tutte le forze politiche, sul secondo si sta aprendo un dibattito. E la posizione di Serracchiani, quindi del Pd, è netta: “Io ho due dubbi. L’ultima centrale è stata fatta in Finlandia, hanno impiegato 17 anni ed è costata 11 miliardi. E sono finlandesi, non italiani. Mi consenta di avere qualche perplessità sul fatto che nel medio termine riusciamo ad avere una centrale nucleare. Poi a tutti quelli che dicono di voler fare almeno 10 centrali nucleari, vorrei mi dicessero ora dove intendono mettere le scorie. Il nucleare, oggettivamente, non ci aiuta né nell’immediato né nel medio periodo”. Diversa la situazione per eolico e fotovoltaico, dove il problema è l’eccessiva burocratizzazione: “Sulle rinnovabili la determinazione deve essere massima, anche per le risorse che abbiamo e che sono una grande opportunità. Non è che veda soluzioni alternative. Rischiamo di rimanere indietro rispetto a altri Paesi che ci hanno creduto prima di noi. La burocrazia non riguarda solo le rinnovabili ma un po’ tutto. In questa legislatura abbiamo fatto almeno tre decreti semplificazioni. Tra questi ce n’era una serie che riguardava la possibilità di mettere impianti fotovoltaici nei centri storici. Ma certamente si può fare di più e meglio”.
I rigassificatori sono la scorciatoia immediata per poter compensare parte delle mancate forniture di gas dalla Russia. Eppure esiste un partito del no e una città, Piombino, che scende in piazza per protestare. Serracchiani non si nasconde: “Sia per quanto riguarda Ravenna, sia per quanto riguarda Piombino, i presidenti di Regione che hanno detto sì ai rigassificatori sono entrambi del Partito democratico. La posizione del Pd non è soltanto favorevole, ma anche molto concreta. Ovviamente riteniamo che siano delle scelte ponte, perché rimaniamo fermi sulle considerazioni che abbiamo fatto con i nostri voti in Europa. Noi siamo assolutamente favorevoli al Fit for 55 perché riteniamo che l’abbattimento del 55% delle emissioni da gas serra da qui al 2050 e poi la neutralità siano un obiettivo che non possiamo continuare a rimandare”.
Il Pnrr, a differenza di quanto sostiene il centrodestra, per il Partito democratico non vuole toccare: “Sono diffidente sulle… aggiustatine perché nel piano bisogna crederci e siamo di fronte a forze politiche che non lo hanno mai votato. Che adesso dicano che vada completamente riscritto significa semplicemente perdere i soldi. E l’Europa non vede l’ora che l’Italia non prenda questi soldi per darli a qualcun altro. Questo favore non lo farei a nessuno. Credo invece sia necessario accompagnare la risposta, e lo stiamo facendo”.