Imporre a “tappe forzate” alcuni provvedimenti del Green Deal senza aver prima ridotto le dipendenze strategiche è un “errore” che rischia di “impattare pesantemente” sui cittadini, che potrebbero trovarsi a pagare un “prezzo insostenibile” alla doppia transizione.
Alla vigilia di un consiglio europeo che “non sarà semplice“, la premier Giorgia Meloni torna a insistere sull’importanza di non trascurare la sostenibilità economica e sociale della doppia transizione. E’ un punto su cui promette di insistere: “Il governo continuerà a sostenere la necessità di un approccio pragmatico e non ideologico alla transizione“, garantisce. Parla di valutazioni di impatto affidabili, criteri di gradualità e strumenti di incentivazione e di accompagnamento per le imprese e per i cittadini.
Il 26 e 27 ottobre in Europa terrà banco il conflitto in Medioriente e la difficile gestione delle tensioni tra Hamas e Israele. “Prima e più che una serie di provvedimenti concreti, mi aspetto una discussione franca sulla visione e sulla missione che vogliamo svolgere come europei in un mondo che ci sollecita a sfide sempre più stringenti e sempre più drammatiche“, tuona la presidente del Consiglio in aula al Sentato.
E non trascura il peso della transizione che significa, davanti a uno scacchiere geopolitico impazzito, sicurezza e indipendenza. “Se ben impostata“, precisa, può essere uno “straordinario strumento per rafforzare la competitività europea“. Ma se portata avanti con un “approccio miope“, può portare a una “irreparabile desertificazione industriale del continente“.
L’Italia, in Europa, sosterrà tutto ciò che “parla di autonomia strategica, sostanzialmente di sovranità“, spiega Meloni nelle comunicazioni al Senato. Si riferisce al Chips Act sui semiconduttori, al critical raw materials Act, sulle materie prime critiche, e a Step, l’iniziativa per le tecnologie critiche. “In buona sostanza mi riferisco a tutto ciò che serve a sostenere la doppia transizione limitando e auspicabilmente diminuendo la nostra dipendenza dai Paesi terzi, in particolare modo dalla Cina e dai Paesi asiatici“, spiega.
Sulla via dell’indipendenza, Roma punta tutto sulla proposta del Piano Mattei per l’Africa, sostenendo la necessità di integrare il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, definendo un “errore” rivedere il bilancio solo per aumentare gli aiuti all’Ucraina, perché “se non fossimo in grado di rispondere alla conseguenze che il conflitto in Ucraina genera per i nostri cittadini finiremmo inevitabilmente per indebolire anche il sostegno a quella causa“, mette in guardia. Non sarà una “cosa astratta“, tranquillizza l’Aula, assicurando che ci sarà un passaggio parlamentare per un “confronto a 360 gradi“. Il Piano, rivendica, “fa guardare l’Italia con molto interesse. Puntiamo a essere pionieri di un nuovo approccio con l’Africa. E’ un’iniziativa strategica italiana di politica estera, come non ne ho viste tante in passato“. La strategia si intreccia inevitabilmente con l’emergenza migranti. Per questo, in Consiglio, l’Italia si prepara a sostenere l’implementazione dell’accordo con la Tunisia, l’attuazione piena del Piano di azione in dieci punti della Commissione, il varo di una missione navale con le autorità del Nord Africa. Sull’ultimo punto però la premier italiana vuole essere chiara: “Per ottenere questa disponibilità è necessario un radicale cambio di rapporto con quelle autorità, basato sul rispetto e non su un approccio paternalistico e predatorio, come purtroppo spesso è accaduto in passato“.