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Intesa Italia-Congo: dal 2023 oltre 4,5 miliardi metri cubi di Gnl

Con le firme in calce agli accordi sottoscritti nelle ultime 48 ore in Angola e Congo, l’Italia mette a segno altri due colpi importanti nel piano di diversificazione degli approvvigionamenti energetici. La missione, condotta dai ministri Luigi Di Maio e Roberto Cingolani, accompagnati dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, permette al nostro Paese di fare un balzo avanti per divincolarsi dagli accordi con la Russia, che finora è stato il principale partner con il 45% di fabbisogno coperto dal gas proveniente da Mosca.

La lettera d’intenti firmata oggi a Brazeville prevede l’accelerazione e l’aumento la produzione di gas in Congo, in primo luogo tramite lo sviluppo di un progetto di gas naturale liquefatto con avvio previsto nel 2023 e capacità a regime di oltre 3 milioni di tonnellate l’anno (oltre 4,5 miliardi di metri cubi all’anno) – fa sapere Eni -. L’export di Gnl permetterà così di valorizzare la produzione di gas eccedente la domanda interna congolese. Tra i punti dell’accordo c’è la definizione di iniziative di decarbonizzazione per la promozione della transizione energetica sostenibile nel Paese africano, in particolare negli ambiti delle energie rinnovabili, dell’agricoltura con lo sviluppo di una filiera agricola – non in competizione con la catena alimentare – per la produzione di feedstock per la bioraffinazione, la conservazione e la gestione sostenibile delle foreste, l’adozione di sistemi di clean cooking, la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio della Co2. Dunque, “Eni è ad oggi l’unica società impegnata nello sviluppo delle ingenti risorse di gas della Repubblica del Congo e attualmente fornisce gas alla Centrale Elettrica del Congo (Cec), che garantisce il 70% della produzione di energia elettrica del Paese. Eni è presente in Congo da oltre 50 anni”, sottolinea l’azienda in una nota.

La partnership tra Italia e Congo, l’amicizia tra i nostri Paesi, viene da molto lontano e nei grandi momenti di crisi diventa sempre un’opportunità per aiutarsi a vicenda”, commenta il ministro degli Esteri. Che ripercorre le tappe delle ultime settimane: “L’aggressione russa ai danni dell’Ucraina, che condanniamo, ha portato l’Italia all’esigenza di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento energetico. E’ un obiettivo prioritario per l’Italia – continua Di Maio -, in quanto richiede uno sforzo collettivo di tutto il nostro governo per ridurre la dipendenza energetica da un solo Paese”. Non solo, perché “la partnership energetica con il Congo ha grandi potenzialità di crescita nel breve e nel medio periodo”, evitando però “che i molti Paesi africani che non esportano combustibili fossili paghino le conseguenze di queste tensioni, in termini di crescita del loro Pil”. Perché, rimarca ancora una volta il responsabile della Farnesina, “l’Africa è un continente a cui guardiamo con grandissima attenzione e con cui, sono sicuro, aumenteremo sempre di più la nostra cooperazione in futuro”. Ma Di Maio torna a chiedere all’Europa il tetto massimo al prezzo del gas: “Non abbiamo mai parlato di veti su alcun tipo di sanzioni, ma allo stesso tempo ci aspettiamo un sostegno con il price capping che consentirà alle famiglie di pagare di meno sia sulla bolletta energetica e alle imprese di non vedere intaccata la propria competitività”.

Soddisfatto anche il ministro della Transizione ecologica: “Oggi abbiamo fatto un importante accordo con il governo del Congo, che riguarda la fornitura di gas naturale liquido in quantità importanti per i prossimi anni. Ma anche l’economia circolare, e in generale la decarbonizzazione: quindi saranno impegni pluriennali che prenderemo con questo Paese verso la transizione ecologica”, dice Cingolani. Sottolineando anche l’intesa raggiunta in Angola: “C’è un’importante azione che il nostro governo sta facendo su questi Paesi in Africa, che ci consente da un lato di differenziare la fornitura di energia, di gas, ma dall’altro anche di far partire nuove tecnologie, nuovi investimenti nel settore della transizione ecologica in queste terre che hanno moltissimo da fare e da dire in questo settore”. Il piano dell’Italia si allarga e procede, forse anche più rapidamente delle attese.

siccità africa

Corno d’Africa, una catastrofe: 20 milioni di persone a rischio fame

A un mese dall’inizio – almeno sul calendario – della stagione delle piogge, nel Corno d’Africa la situazione è sull’orlo della catastrofe. Non piove da mesi e se questa condizione dovesse proseguire, il numero di persone a rischio fame a causa della siccità potrebbe aumentare vertiginosamente dalla stima attuale di 14 milioni a 20 milioni entro il 2022. È l’allarme lanciato dal World Food Programme dell’Onu.

A RISCHIO SOMALIA, KENYA ED ETIOPIA

In Somalia, spiega l’Onu, il 40% della popolazione sta vivendo in una condizione di estrema insicurezza alimentare, che al momento non vede spiragli di miglioramento. In Kenya, mezzo milione di persone, soprattutto nella zona nord del paese, la cui economia si basa principalmente sul bestiame, sono ormai dirette verso una “grave crisi alimentare” e in Etiopia, già devastata da una guerra che dura da 17 mesi, la malnutrizione ha giù superato i livelli di emergenza.

AGIRE SUBITO, MA MANCANO RISORSE

L’agenzia dell’Onu ha stimato che servirebbe un finanziamento di almeno 438 milioni di euro nei prossimi sei mesi per sostenere quest’area dell’Africa, una delle zone più povere del mondo. “Sappiamo dall’esperienza passata che è vitale agire in anticipo se si vuole evitare una catastrofe umanitaria, tuttavia fino ad oggi la nostra capacità di risposta è stata limitata dalla mancanza di fondi”, ha detto Michael Dunford, Direttore regionale del WFP per l’Africa orientale. “È dall’anno scorso – ha aggiunto – che il WFP e altre agenzie umanitarie continuano a rivolgersi alla comunità internazionale, ma le misure richieste non si sono mai concretizzate nei fondi necessari”.

L’IMPATTO DELLA GUERRA IN UCRAINA

La situazione è resa ancora più grave dalle ricadute del conflitto in Ucraina, con il costo del cibo e del carburante alle stelle. Il Corno d’Africa sarà probabilmente l’area più colpita dall’impatto della guerra: il costo del paniere alimentare è già aumentato, in particolare in Etiopia (+66%) e Somalia (+36%), due Paesi che dipendono fortemente dal grano proveniente dal bacino del Mar Nero. Allo stesso tempo, il conflitto ha contribuito all’aumento dei prezzi di cibo e di carburante e all’interruzione delle catene di approvvigionamento.

LA PIU’ GRAVE SICCITA’ DAL 1981

In Etiopia si sta verificando la più grave siccità dal 1981: milioni capi di bestiame sono morti e i raccolti non hanno dato i loro frutti. Nel sud del Paese sono oltre 7 milioni le persone che si svegliano affamate ogni giorno. Il WFP è sul campo con attività di assistenza alimentare e nutrizionale di emergenza, programmi di alimentazione scolastica, adattamento ai cambiamenti climatici e attività di costruzione della resilienza. L’agenzia dell’Onu ha stimato un fabbisogno di di 239 milioni di dollari nei prossimi sei mesi per rispondere all’emergenza.

INSICUREZZA ALIMENTARE PER 3 MILIONI DI KENIOTI

In Kenya, in meno di due anni, il numero di persone bisognose di assistenza è più che quadruplicato. Secondo lo Short Rains Assessment, la rapida escalation della siccità ha lasciato 3,1 milioni di persone in condizioni di grave insicurezza alimentare, tra cui mezzo milione che stanno affrontando livelli di fame di emergenza. Il WFP ha urgentemente bisogno di 42 milioni di dollari per i prossimi sei mesi per soddisfare i bisogni delle comunità più colpite nelle parti settentrionali e orientali del Paese.

IL DRAMMA DELLA SOMALIA

In Somalia, circa 6 milioni di persone (il 40% della popolazione) vive in condizioni di insicurezza alimentare acuta e senza la pioggia il numero è destinato a crescere. L’Onu ha già avviato programmi speciali di assistenza alimentare e nutrizionale di emergenza per sostenere almeno 3 milioni di persone entro fine giugno. Ma senza nuovi fondi non sarà possibile sostenere il resto della popolazione.