Il bio made in Italy conquista il nord Europa: Scandinavia è la nuova frontiera

Il bio made in Italy conquista il nord Europa. Danimarca e Svezia, infatti, sono tra i mercati più promettenti del settore, nonché due Paesi in cui il biologico ha avuto un incremento rispettivamente del +183% e del +176% negli ultimi 10 anni e un tasso di penetrazione del bio dell’87%. E’ quanto emerge dalla survey originale sui consumatori danesi e svedesi presentata oggi in occasione del quarto forum ITA.BIO, la piattaforma online di dati e informazioni per l’internazionalizzazione del biologico made in Italy curata da Nomisma e promossa da Ice Agenzia e FederBio.

Molto positiva la performance dell’export agroalimentare bio: nel 2022 le vendite di prodotti agroalimentari italiani bio sui mercati internazionali hanno raggiunto i 3,4 miliardi di euro, mettendo a segno una crescita del +16% (anno terminante a giugno) rispetto all’anno precedente. Per altro, il riconoscimento del bio Made in Italy sui mercati internazionali è testimoniato anche della crescita di lungo periodo (+181% rispetto al 2012, un valore quasi triplicato) e dalla quota di export sul paniere made in Italy, con un peso del 6% sull’export agroalimentare italiano totale nel 2022. La gran parte delle esportazioni riguarda il food ma è rilevante anche il ruolo del vino. Negli ultimi 10 anni, spiega Paolo Carnemolla, segretario generale di FederBio, “le esportazioni di biologico made in Italy sono letteralmente esplose (+ 181%), facendo diventare l’Italia il principale esportatore di alimenti bio a livello internazionale dopo gli Usa“. I Paesi Scandinavi, aggiunge, “sono mercati dove la richiesta di prodotti biologici made in Italy è in crescita, prodotti che uniscono attenzione alla sostenibilità con la qualità elevata delle produzioni agroalimentari italiane e incorporano valori culturali, sociali e ambientali riconosciuti e apprezzati in tutto il mondo”.

Tutti i numeri del bio in Scandinavia sono positivi. La Danimarca è l’ottavo mercato al mondo per valore delle vendite di prodotti bio sul mercato interno con 2.240 milioni di euro e una quota di vendite bio sul totale della spesa alimentare pari a ben il 13% (quasi raddoppiata rispetto al 2010). Segue a pochissima distanza la Svezia – nono consumatore mondiale di prodotti bio – con un valore di 2.193 milioni di euro e un peso del bio che sfiora quasi il 9%. Alta anche la spesa pro-capite per prodotti bio: 384 euro in Danimarca e 212 euro in Svezia che fanno sì che i due Paesi si collochino ai vertici della classifica mondiale, rispettivamente al secondo e quinto posto. Nel confronto internazionale, nel percepito dei consumatori danesi, l’Italia si posiziona al primo posto tra i Paesi che producono i prodotti bio di maggiore qualità: a pensarla così è il 38% degli user bio. Nel caso della Svezia, il nostro Paese si contende la leadership con la Danimarca: in tal caso la quota di user che indica l’Italia quando pensa ai prodotti bio di maggiore qualità è pari al 37%. Olio extra vergine d’oliva, formaggi, conserve di pomodoro, salumi, formaggi e vino sono i prodotti italiani a marchio bio più acquistati dai consumatori scandinavi ma anche le categorie per i quali il consumatore è più interessato al binomio bio-Made in Italy.

Dal rapporto presentato da Nomisma risulta anche che il vino è uno dei prodotti bio più diffusi sul mercato scandinavo. In Svezia, l’Italia è leader assoluto con un peso sul totale delle vendite di vino bio del 42% sia a valore che a volume nel 2021; un successo da ricondurre in primis all’ottimo posizionamento di alcuni territori come Veneto (grazie al Prosecco che rappresenta la denominazione a marchio bio più venduta in Svezia), Sicilia e Puglia.

agricoltura

Italia sul podio Ue per agricoltura bio, perde in gestione rifiuti

L’Italia batte l’Unione europea sul tema dell’agricoltura biologica, ma sul fronte della gestione dei rifiuti il nostro Paese ha ancora molta strada da fare.

Eurostat ha pubblicato sul suo sito le statistiche più rilevanti per il Green Deal europeo, che è una delle sei priorità della Commissione europea per il 2019-24. Le macro aree sono tre: la riduzione dell’impatto sul clima, la tutela del pianeta e della salute e il viaggio verso una transizione verde e giusta. Si tratta di un quadro di insieme sulle maggiori performance in ambito ambientale registrate dal 2009 al 2020. Confrontando i risultati dell’Italia con quelli della media europea, emerge un quadro fatto di luci ed ombre. Nel campo delle emissioni di gas serra si nota come l’Italia, pur partendo da una situazione molto più critica rispetto agli altri Paesi europei, sia riuscita comunque ad allinearsi ai parametri nel 2019. Ad esempio, nel 2009 partiva con un indice di emissione di 92 punti (la base 100 era quella del 1990), mentre l’Ue era a 81,8; dieci anni dopo Italia e media Ue sulle emissioni erano praticamente appaiate: 74,9 l’Italia contro il 74,1 dell’Ue.

Per quanto riguarda invece le materie prime, l’Italia ne consuma molte meno rispetto alla media Ue: se sostanzialmente nel 2011 il nostro Paese e l’Europa erano vicine (13,9 tonnellate pro capite contro le 15,6 dell’Ue), da quella data in poi il crollo nel Bel Paese è stato verticale, mentre in Ue l’andamento è rimasto stabile. Al 2019 l’Ue consuma 14,5 tonnellate pro capite, l’Italia 9,3.

L’Italia resta indietro anche nella spesa pubblica per ricerca e sviluppo: l’Ue al 2020 aveva speso il 2,32% del Pil, l’Italia solo l’1,53%. Amplissimo invece è il divario tra Europa e Italia nel consumo di energia primaria, un gap ormai atavico (era così sin dal 2009): nel 2020 l’Europa ha consumato in media 1.236,5 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (Mtep) contro i 132,3 dell’Italia.

La Penisola vince invece a mani basse nel capitolo ‘Zone di agricoltura biologica’: nel nostro Paese, nel 2020, il 16% della superficie agricola era a vocazione biologica, contro appena il 9,1% della media Ue. Tutt’altro scenario, invece, alla voce ‘Popolazione incapace di riscaldare la casa’: nel 2019 in Italia l’11,1% della popolazione non era in grado di scaldare la propria casa, contro il 6,9% della media Ue. Impennata vertiginosa invece per quanto riguarda la produzione di rifiuti; se l’Italia nel 2008 ne produceva molti meno della media Ue (1.595 kg pro capite contro i 1.731 dell’Europa), in quattro anni l’ha appaiata e superata di 30 kg nel 2018 (1.850 kg pro capite contro i 1.820 dell’Ue).
Infine un altro dato non esaltante per l’Italia è la percentuale di passeggeri che viaggiano in treno: solo il 6,3% di passeggeri interni per km contro gli 8 dell’Unione europea.