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Caro-benzina, Codacons: C’è speculazione. Ma petrolio precipita, attesi ribassi per i carburanti

I prezzi di benzina e diesel sono tornati a salire in Italia fino a oltre 2 euro al litro per il servito, dopo l’abolizione degli ultimi sconti sulle accise (18,3 centesimi Iva compresa) decisa dal governo Meloni, mentre il Brent precipita sotto gli 80 dollari al barile. Non accadeva dal 21 dicembre che il prezzo – con consegna a marzo 2023 – del petrolio di riferimento europeo scendesse sotto una soglia chiave secondo i grandi produttori dell’Opec.
Poco dopo le 18 il Brent cedeva oltre il 4% a 78,7 dollari al barile. Questo perché gli investitori temono un calo della domanda in Cina, dove i funzionari sanitari stanno lottando per contenere la diffusione del Covid. Il tutto mentre si registra una sorprendente ripresa della produzione petrolifera OPEC+ dopo che la Nigeria, secondo produttore dell’Africa, si è assicurata un passaggio sicuro per i flussi di petrolio attraverso il delta del fiume Niger. Il governo di Lagos da mesi chiedeva la fine della violenza e dei furti lungo la regione del delta del grande fiume e adesso avrebbe assunto fedeli signori della guerra per garantire il passaggio sicuro di petrolio e personale.

Questioni geopolitiche a parte, la discesa del Brent sembra una manna dal cielo per gli automobilisti italiani e per il governo Meloni, da giorni finito nel mirino delle opposizioni per la mancata proroga degli sconti sulle accise introdotti dal governo Draghi nel marzo 2021 per porre un freno alla fiammata sui carburanti che aveva portato la benzina fino a 2,184 euro al litro. Proprio in virtù di questo ribasso del Brent, magari già da lunedì potremmo assistere a un abbassamento dei prezzi al distributore. Prezzi che rimangono comunque anomali, vista la quotazione del Brent. Facendo infatti un confronto a parità di accise, si nota che a metà marzo 2022 il prezzo della benzina toccò appunto il massimo a 2,184 euro al litro il 14 con una quotazione picco del Brent intorno ai 127 dollari circa al barile (l’8), mentre ora la stessa benzina costa oltre 1,8 euro al litro (prezzo del 2 gennaio più le accise) con un valore del Brent a 80 dollari al barile (20 dicembre): in proporzione, rispetto a marzo, un litro di super dovrebbe dunque essere pagato poco più di 1,37 euro al litro. Invece costa parecchi centesimi in più.

Sull’impennata dei prezzi dei carburanti “non pesano solo le accise, il cui taglio non è stato prorogato dal governo, ma incombe anche l’ombra di speculazioni sui listini”, afferma il Codacons, annunciando un esposto alla Guardia di finanza e alle Procure della Repubblica di tutta Italia affinché accendano un faro sull’andamento dei prezzi alla pompa. “La benzina in modalità self ha già superato quota 1,8 al litro, mentre il gasolio in modalità servito ha sfondato la soglia dei 2 euro al litro – spiega il presidente Carlo Rienzi – tutto ciò mentre le quotazioni internazionali del petrolio sono in ribasso e non giustificano in alcun modo l’andamento dei prezzi alla pompa, al netto del rialzo delle accise. Per tale motivo presentiamo un esposto alle procure della Repubblica di tutta Italia e alla Guardia di finanza chiedendo di aprire un’indagine per la possibile fattispecie di aggiotaggio e di sequestrare le bolle di acquisto dei carburanti direttamente presso le società petrolifere, per verificare le motivazioni di tali aumenti alla pompa“.

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Addio sconti, prezzo benzina e diesel in rialzo: a livelli 5 mesi fa. Ma il petrolio costa meno

Volevano abolire le accise sui carburanti in campagna elettorale. E invece le aumentano. Da ieri gli italiani pagano benzina e diesel 20 centesimi al litro in più“, scrive su Facebook il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, dell’Alleanza Verdi Sinistra. “In pochi mesi Giorgia Meloni è passata dalla richiesta di abolire le accise sulla benzina all’aumento di circa 20 centesimi al litro arrivato con il nuovo anno”, evidenzia in una nota Laura Ferrara, europarlamentare del Movimento 5 Stelle. Il primo gennaio è decaduto infatti anche l’ultimo sconto sulle accise di benzina e diesel pari a 15,3 cents più Iva, introdotto il 21 marzo 2022 dal governo Draghi per fermare i rincari che avevano spinto il prezzo della benzina a 2,18 euro al litro il 14 marzo scorso. Il primo sconto, che complessivamente valeva 0,122 euro, era già sparito a fine novembre.

Oggi il Ministero delle Imprese e del Made in Italy fornirà l’aggiornamento settimanale sui prezzi. Applicando l’aumento ai prezzi rilevati lo scorso 26 dicembre, un litro di benzina è così passato da 1,625 a 1,835 euro, mentre il diesel è rincarato da 1,689 a 1,872 euro di media. Per ritrovare queste quotazioni alla pompa bisogna tornare a inizio agosto, quando la benzina si pagava circa 1,87 euro al litro. Il record estivo si toccò il 4 luglio con 2,1 euro al litro nonostante uno sconto accise appunto di oltre 30 centesimi, in seguito a una fiammata dei prezzi del petrolio: il Brent, il greggio europeo, chiuse la seduta del 28 giugno a 118 dollari al barile.

Facendo invece un confronto a parità di accise, si nota che a metà marzo 2022 il prezzo della benzina toccò appunto il massimo a 2,184 euro al litro il 14 marzo con una quotazione picco del Brent intorno ai 127 dollari al barile (l’8 marzo), mentre ora la stessa benzina costa oltre 1,835 euro al litro (prezzo del 26 dicembre più le accise) con un valore del Brent a 80 dollari al barile (20 dicembre): in proporzione, rispetto a marzo, un litro di super dovrebbe dunque essere pagato poco più di 1,37 euro al litro. Invece costa parecchi centesimi in più. Secondo Nomisma Energia, per comprendere il prezzo giusto al distributore bisogna sommare “al costo del carburante sul mercato internazionale un margine lordo a copertura di tutti i costi trasporto, margine gestore, investimenti sul punto vendita, pubblicità, promozioni”. E “l’andamento del margine lordo e la sua incidenza percentuale sul prezzo alla pompa negli ultimi 24 mesi determinano, per benzina e gasolio, un margine ottimale – secondo Nomisma Energia – intorno a 16 centesimi di euro per litro“. Ma anche sommando questo margine rimane una netta differenza di prezzo rispetto a marzo.

Caro-energia e inflazione: in Belgio esplodono prezzi alberi di Natale

Aumento dei prezzi del carburante, dei fertilizzanti e di tutti i sottoprodotti della plastica… Nella nebbia belga di inizio dicembre, Gérald de Wouters, giovane leader di Greencap, il più grande produttore di alberi di Natale del Belgio, non nasconde la sua preoccupazione dopo mesi segnati dalla crisi energetica e dall’inflazione. Quest’anno, infatti, Babbo Natale rischia di depositare i suoi doni ai piedi di alberi più costosi rispetto agli anni scorsi. Import, imballaggi, manodopera: in un anno, il costo di produzione di un albero è aumentato del 20%, spiega de Wouters, osservando i suoi dipendenti a Libin, nel sud del Belgio. Qui i salari sono automaticamente indicizzati all’inflazione, che dovrebbe raggiungere il 9,5% nel 2022, secondo le ultime previsioni del Federal Planning Bureau.

La produzione vallona è di circa 2 milioni di alberi di Natale all’anno, il che rende il Belgio il secondo maggiore esportatore di abeti dopo la Danimarca. Una volta tagliati, gli alberi vengono caricati su camion, diretti in tutta Europa. Ma, fattore aggravante, Gérald de Wouters sta lottando per trovare camionisti, scoraggiati dall’aumento dei prezzi del carburante. Tutti questi aumenti si riverseranno sui consumatori. I clienti dovranno pagare “tra il 5% e il 10% in più quest’anno, o in media da due a tre euro in più per un albero”, stima Jonathan Rigaux, presidente dell’Unione dei vivaisti delle Ardenne.

Incoraggiati da due anni di vendite “eccezionali” a causa del Covid-19, i produttori e venditori intervistati restano ottimisti nonostante tutto. “L’albero è una scommessa familiare sicura e le vendite sono partite molto bene” all’inizio di dicembre, testimonia Arnaud van Voorst, co-fondatore di Humanitree, un sito che vende alberi i cui profitti vengono donati alle associazioni. “Nei momenti difficili, le persone si concentrano nuovamente sulla famiglia”, fa eco Jonathan Rigaux.

Al di là dell’inflazione nel 2022, la vera preoccupazione di Gérald de Wouters riguarda gli anni a venire e il cambiamento climatico, che sta rendendo la coltura sempre più incerta. “L’anno scorso è stato così umido che ha soffocato le radici”, dice. Quest’anno la siccità ha bruciato molti dei suoi alberi, aggiunge.