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Boom prezzi voli e alberghi ma un italiano su 3 non rinuncia al ponte del 2 giugno

Un italiano su 3 si metterà in viaggio per il ponte del 2 giugno. Ma saranno vacanze decisamente più care rispetto a quelle degli scorsi anni. L’Unione Nazionale Consumatori parla infatti di una vera e propria stangata, per effetto dei prezzi lievitati nel mese di maggio. “In un solo mese gli alberghi sono rincarati del 5,8%, andare in piscina, palestra o in uno stabilimento balneare costa già il 9,8% in più rispetto ad aprile, il record per quanto riguarda gli aumenti congiunturali”, ha spiegato il presidente Massimiliano Dona.
Per quanto riguarda la top ten annua delle voci legate alle vacanze, al primo posto i voli nazionali che decollano del 43,2% rispetto a maggio 2022. Medaglia d’argento per i voli internazionali che volano del 36,6%. Sul gradino più basso del podio i gelati che salgono del 22%. In quarta posizione i pacchetti turistici nazionali che si impennano del 19,2%, a differenza di quelli internazionali che sono fuori dalla classifica con un ben più contenuto +2,4%. Al quinto posto alberghi, motel, pensioni e simili per i quali bisogna sborsare il 15,2% in più rispetto allo scorso anno.
Seguono parchi di divertimento e i servizi sportivi con +10,8%, i fast food con +8,4%, i villaggi vacanze e i campeggi con +8,2%, ristoranti, bar e locali da ballo con +5,7%. Chiudono la classifica piscine, palestre, stabilimenti balneari, discoteche con +4,9%. Fuori dalla graduatoria il Trasporto ferroviario passeggeri (+3,8%).

Nonostante l’aumento dei costi, a mettersi in viaggio per questa 3 giorni sarà il 15% in più rispetto allo scorso anno, con oltre 15 milioni di italiani adulti in vacanza. Le mete più gettonate, spiega la Coldiretti, sono quelle lungo la Penisola che consentono di ottimizzare il tempo limitato a disposizione, con la quasi totalità dei vacanzieri che ha scelto una destinazione nazionale. Tra quelle preferite, il mare batte le città d’arte, seguite dalla montagna e della campagna con il boom dei piccoli borghi. A livello territoriale, la saturazione dell’offerta si presenta abbastanza differenziata: le regioni con i tassi di occupazione più elevati sono Liguria e Lazio (89%), e Toscana e Campania (88%), secondo una stima resa nota da Assoturismo Confesercenti. Risultati decisamente positivi sono previsti anche per Lombardia, Veneto e Umbria. Recuperano le prenotazioni in Emilia-Romagna: si scontano però gli effetti dell’alluvione con una percentuale (70%) più bassa rispetto agli anni scorsi ma comunque incoraggiante per la ripresa turistica ed economica della regione. Si segnala, comunque, negli scorsi dieci giorni, la perdita di 250mila pernottamenti, con un danno di almeno 35 milioni di euro di mancato fatturato per le strutture ricettive; a mancare soprattutto gli stranieri che in questo periodo affollavano già le spiagge della riviera romagnola.

In generale, in vista delle vacanze estive,  l’aumento dei prezzi spingerà 3 italiani su 4 a rivedere i propri piani e a orientarsi nella maggior parte dei casi verso soggiorni più brevi. Secondo un’indagine di Udicon sulla fiducia dei consumatori realizzata dall’Istituto Piepoli, alla domanda se l’attuale aumento dei prezzi indurrà gli italiani a fare meno vacanze rispetto a qualche anno fa, il 72% degli intervistati ha risposto di sì. Le vacanze saranno più brevi per il 43%, mentre una percentuale non trascurabile (37%) sarà costretto a rinunciarci. 3 italiani su 5 hanno riscontrato un aumento dei prezzi, anche se per il 18% i rincari restano comunque nella media. Tra i fattori determinanti nella scelta di una vacanza ci sono la qualità dei servizi offerti (49%), il prezzo conveniente (34%) e le recensioni (13%). Proprio riguardo alle recensioni, 2 italiani su 3 affermano di consultarle sistematicamente, anche se il 70% di questi dichiara di essere incappato, in qualche caso, in delusioni rispetto alle aspettative.

Croazia, all’inflazione si sommano i rincari post-euro: il pane aumenta del 30%

Con l’introduzione dell’euro aumentano i prezzi dei beni di consumo in modo ingiustificato rispetto al reale tasso di conversione. Nel 2023 sono i consumatori dell’ultimo Paese membro dell’Unione europea a entrare nell’Eurozona, la Croazia, a lamentare sensibili rincari rispetto a poche settimane prima, quando era in vigore la moneta nazionale. Ma per il governo guidato da Andrej Plenković si tratta di una vera e propria “truffa”, mentre deve affrontare una situazione complessa sul fronte dell’inflazione.

Il tasso di conversione è stato fissato a 7,53450 kune croate per euro con la decisione del Consiglio Affari economici e finanziari del 12 luglio 2022, ma “alcuni degli attori si comportano in modo fraudolento, aumentando i prezzi e danneggiando i propri cittadini e l’economia”, ha attaccato il premier croato. Un aumento dei prezzi nell’ambito dell’arrotondamento “sarebbe prevedibile e non un grosso problema se fosse di pochi centesimi”, ha puntualizzato Plenković, ma “non è la stessa cosa se è del 10, 20, 30, 40 o 50% in più”.
Basta un confronto prima e dopo il primo gennaio 2023 per capire il livello di aumento dei prezzi. In una città come Rijeka (Fiume) o Zagabria il prezzo medio di una tazzina di caffè è passato da 1,73 euro (13 kune) a 2 euro (15 kune), per un rincaro del 16%. A Osijek, quarta città della Croazia, lo stesso bene prima del passaggio alla nuova valuta costava 1,06 euro (8 kune) ed è passato nel 2023 a 1,2 euro (9 kune, +13%) o addirittura 1,5 euro (11 kune, +41%). Lo stesso discorso si può fare su beni di consumo come pane, grano, latte e carne, dopo la pubblicazione dei risultati delle indagini condotte dall’Ispettorato di Stato: nei panifici è stato registrato un aumento dei prezzi di pane e prodotti da forno tra il 15% e il 30%, per beni come carne di pollo e tacchino, acqua e uova mediamente del 13%, mentre i servizi di ristorazione sono cresciuti fino al 43%.

Oltre all’imposizione di sanzioni per pratiche commerciali sleali e per illecito – che possono arrivare a 26 mila euro – il governo sta discutendo della possibilità di introdurre una lista nera di rivenditori e commercianti, che “renda pubblici i nomi di coloro che lavorano a scapito dei nostri cittadini, alimentando così l’inflazione”. È proprio questa una delle preoccupazioni maggiori per Zagabria, in particolare considerati i dati del novembre 2022. Se nell’Eurozona il tasso di inflazione annuale si è ridotto di mezzo punto – scendendo dal 10,6% al 10,1% – per la Croazia è successo l’esatto opposto, con una crescita ulteriore al 13,5% (+0,3 rispetto al mese precedente). Due punti percentuali in più rispetto all’Italia, con le pressioni al rialzo esercitate soprattutto dai prezzi di prodotti alimentari e bevande analcoliche (19,2%), di ristoranti e alberghi (17%), di alloggi e utenze (16,5%) e dei trasporti (13,3%).

A cercare di gettare acqua sul fuoco è stata la Banca Centrale Europa (Bce), che nel suo ultimo bollettino ha inserito un capitolo specifico sulla situazione economica nel Paese che “si prevede trarrà vantaggio dall’adozione dell’euro”. Uno dei vantaggi è proprio legato ai minori costi di finanziamento per l’economia, “grazie alle aspettative di inflazione ben ancorate e alla riduzione dei costi normativi e del rischio valutario“. Considerato il “già elevato livello di integrazione economica e finanziaria” di Zagabria nell’Eurozona “e la precedente stabilità” del tasso di cambio, “il costo della perdita della capacità di aggiustare il tasso di cambio come strumento di politica macroeconomica in caso di shock asimmetrici sarà probabilmente basso”, conclude la Bce.