In Islanda fine della stagione della caccia alle balene: uccise 24

La stagione di caccia alle balene in Islanda si è conclusa quest’anno con 24 esemplari uccisi. Lo hanno annunciato i balenieri, mentre il futuro è incerto per questa pratica sempre più controversa. Kristjan Loftsson, direttore di Hvalur, l’unica compagnia ancora impegnata nella caccia alle balene in Islanda, ha annunciato sabato sera la fine della stagione 2023, che è stata notevolmente accorciata a sole tre settimane a settembre dopo essere stata interrotta a giugno per due mesi.

L’Islanda è uno dei soli tre Paesi, insieme a Norvegia e Giappone, ancora impegnati nella caccia commerciale alle balene, nonostante le aspre critiche di ambientalisti e animalisti. Non è ancora noto se il ministro della Pesca Svandís Svavarsdottir annuncerà nuove quote per il quinquennio 2024.

Il 20 giugno l’Islanda ha sospeso temporaneamente la caccia alle balene per due mesi, in seguito alla pubblicazione di un rapporto commissionato dal governo che concludeva che i metodi di caccia utilizzati non erano conformi alla legge sul benessere degli animali. Il monitoraggio effettuato dall’agenzia veterinaria del governo aveva dimostrato che gli arpioni esplosivi utilizzati dai balenieri causavano alle balene un’agonia prolungata, con una caccia che durava fino a cinque ore dopo l’arpionamento. Il 1° settembre il governo ha autorizzato la ripresa della caccia alle balene, con restrizioni sui metodi utilizzati e la presenza di ispettori ufficiali a bordo, che filmano ogni balena catturata.

Le quote annuali in vigore autorizzavano la caccia di 161 balenottere, il secondo mammifero marino più lungo con i suoi 20 metri di lunghezza dopo la balenottera azzurra, e di 217 balenottere minori (minke whales) che possono raggiungere i 7-10 metri di lunghezza. Ma i cacciatori hanno raramente raggiunto queste quote. L’anno scorso hanno ucciso 148 balenottere.

Gli escrementi di balena? Fanno bene al clima e fertilizzano gli oceani

Gli escrementi di balena? Valgono il loro peso in oro. Almeno per gli ecosistemi. E’ quanto emerge da uno studio dell’Istituto norvegese di ricerca marina, che ha esaminato la concentrazione di sostanze nutritive negli escrementi di balena prima che si dissolvano nell’acqua di mare. E la scoperta è tanto semplice quanto importante: gli escrementi fertilizzano gli oceani proprio come fanno le mucche e le pecore sulla terraferma.

I ricercatori hanno quindi analizzato le feci delle balenottere comuni arpionate dai balenieri, visto che la Norvegia è uno dei pochi paesi al mondo ad autorizzare la caccia commerciale di questi cetacei. Le 15.000 balene che ogni estate migrano verso l’arcipelago norvegese delle Svalbard, nell’Artico, rilasciano ogni giorno circa 600 tonnellate di escrementi sulla superficie dell’acqua, circa 40 kg per animale, che rilasciano, secondo lo studio, circa 10 tonnellate di fosforo e sette tonnellate di azoto, nutrienti essenziali per la crescita del fitoplancton, le microscopiche alghe che, tramite la fotosintesi, assorbono l’anidride carbonica per trasformarla in ossigeno.

Gli scienziati hanno concluso che gli escrementi di balena contribuiscono dallo 0,2 al 4% della produzione primaria giornaliera di fitoplancton nella regione delle Svalbard. “Il vero contributo delle balene è probabilmente più alto perché queste stime non includono l’urina, che è molto ricca di azoto”, spiega il capofila della ricerca Kjell Gundersen. Infatti, ogni balenottera comune – un animale di 40-50 tonnellate in età adulta che si nutre per filtrazione ingerendo grandi quantità di acqua – rilascia “diverse centinaia di litri di urina” al giorno.

“Se ci sono meno balene, c’è il rischio che ci sarà meno fertilizzazione della superficie degli oceani”, dice Gundersen. “E una maggiore produzione di fitoplancton significa più CO2 assorbita”. E quindi una frazione infinitesimale del riscaldamento globale in meno.

 

(Photocredit: AFP)