INFOGRAFICA INTERATTIVA Ue, l’andamento dei prezzi delle case negli ultimi anni

Tra il 2010 e il primo trimestre del 2024, i prezzi delle case sono aumentati del 49% e gli affitti del 24% nell’Ue. Lo riferisce un rapporto Eurostat diffuso oggi. Nell’infografica INTERATTIVA di GEA si prendono in considerazione Italia, Germania e Ue e, come si vede, l’Italia è quella che è cresciuta meno.

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INFOGRAFICA INTERATTIVA I prezzi delle case in Italia: gli indici Ipab

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, l’andamento degli indici dei prezzi delle abitazioni (Ipab) in Italia. Secondo le stime preliminari, nel primo trimestre 2024 diminuisce dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e aumenta dell’1,7% nei confronti dello stesso periodo del 2023 (era +1,8% nel quarto trimestre 2023).

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Energia, Enea: Migliorano prestazioni immobili certificati, A4-B +3,7%

Migliorano ancora e in maniera significativa le prestazioni energetiche del parco edilizio nazionale certificato. È quanto emerge dal IV Rapporto annuale sulla certificazione energetica degli edifici realizzato da Enea e Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente (CTI) sulla base di circa 1,3 milioni di attestati di prestazione energetica (APE) registrati nel SIAPE ed emessi nel 2022 da 17 Regioni e 2 Province Autonome.

Il report evidenzia una diminuzione percentuale degli immobili nelle classi energetiche peggiori F e G (-3,7%), a fronte di uno speculare aumento di quelli nelle classi più performanti A4-B (+3,7%). Tuttavia, la distribuzione per classe energetica conferma che circa il 55% dei casi censiti sono caratterizzati da prestazioni energetiche basse (classi F-G). In particolare, la quota più consistente di attestati è stata emessa dalla regione Lombardia (20,5%), seguita da Lazio (9,6%) e Veneto (8,4%). Gli APE collegati a passaggi di proprietà e locazioni risultano in lieve flessione, pur continuando a rappresentare oltre l’80% del campione analizzato. Aumentano in percentuale le riqualificazioni energetiche e le ristrutturazioni profonde, che rappresentano rispettivamente il 5,7% e il 4,1% degli APE emessi nel 2022 (+1,5% per entrambe rispetto al 2021); stati oltre 17 mila gli APE registrati nel SIAPE nella categoria Edifici a energia quasi zero (NZEB – Nearly Zero-Energy Buildings) tra il 2015 e il 2022.

Il significativo aumento dei costi energetici e la crisi climatica in atto rappresentano problematiche sempre più stringenti che rendono ancora più necessari gli interventi per il miglioramento energetico degli edifici”, sottolinea il Presidente ENEA, Gilberto Dialuce. “In questo contesto il Rapporto rappresenta un ulteriore sforzo congiunto di ENEA e CTI per migliorare la qualità del quadro d’insieme del patrimonio immobiliare privato e pubblico, anche alla luce delle decisioni sulla nuova Direttiva EPBD che a breve verranno prese in sede UE. Una sinergia indispensabile – osserva – anche per la definizione delle strategie di intervento nel settore a livello nazionale e territoriale, e per un orientamento più mirato e stabile nel tempo degli investimenti necessari e dei relativi sistemi di incentivazione”.

La principale novità di questa edizione è la sezione del rapporto dedicata a nuovi strumenti e metodi di analisi per il miglioramento della qualità degli APE, in particolare per il potenziamento delle metodologie di controllo da parte del certificatore sia durante la fase di predisposizione dell’APE che in quella successiva. Sono stati approfonditi, inoltre, i temi relativi all’implementazione del Catasto Energetico Unico (CEU) regionale, il ruolo del Portale nazionale per la Prestazione Energetica degli Edifici (PnPE2) e delle altre applicazioni informatiche predisposte da Enea. La digitalizzazione degli APE risulta fondamentale per individuare le aree con maggiore necessità di intervento, in funzione delle diverse realtà territoriali, e per offrire al cittadino un set più completo di informazioni, grazie anche all’ausilio di sportelli unici digitalizzati (one stop shop).

Il rapporto, infine, analizza i risultati di un questionario somministrato a un campione di circa 80 soggetti, tra associazioni, consorzi e ordini professionali, che hanno espresso il loro punto di vista su diversi aspetti del sistema di certificazione energetica nazionale, soprattutto in merito alle proposte di revisione della Direttiva EPBD sulla prestazione energetica degli edifici.

La nuova edizione del Rapporto vuole rappresentare uno strumento di lavoro sempre aggiornato e in continua evoluzione per supportare chi deve o vuole definire strategie, misure e azioni sul parco edilizio nazionale in linea con gli sfidanti obiettivi che ci impongono la transizione energetica e la decarbonizzazione”, spiega il Presidente del CTI, Cesare Boffa. “Questo nuovo capitolo della collaborazione tra ENEA e CTI mette in luce il processo di miglioramento continuo delle informazioni che possono essere raccolte, analizzate e trasmesse alla Pubblica Amministrazione e agli operatori interessati”.

AFP

In Inghilterra la ‘fabbrica’ del clima: sole o pioggia per testare efficienza energetica

Il termometro segna -16°C e una bufera di neve cade su due case di nuova costruzione. Queste condizioni, estreme per il nord dell’Inghilterra, sono artificiali, ricreate in un laboratorio che testa l’efficienza energetica degli edifici. Dalla sala di controllo di questo enorme hangar nero dall’aspetto futuristico in un campus universitario fuori Manchester, gli scienziati possono variare la temperatura da -20 a +40°C, generare neve, pioggia, vento o radiazioni solare. Questa ricerca consentirà agli accademici, ma anche alle aziende private del settore, che potranno affittare il laboratorio, di progettare le case del futuro, con prestazioni energetiche aumentate.

L’obiettivo, “è riuscire a riprodurre le condizioni meteorologiche di circa il 95% delle aree popolate del pianeta”, spiega il professor Will Swan, direttore dei laboratori Energy House dell’Università di Salford. L’imponente laboratorio, inaugurato a metà gennaio e composto da due locali separati, potrà testare tipologie abitative provenienti da tutto il mondo per “capire come renderle carbon neutral ed efficienti dal punto di vista energetico“.

Le prime due case da testare sono tipicamente britanniche, costruite da aziende con una presenza nel Regno Unito. Rimarranno in piedi da sei mesi a qualche anno e, una volta completati i test, saranno demolite. “Testiamo tutto. Porte, finestre, isolamento, materiali, persino sistemi di riscaldamento e condizionamento“, elenca Will Swan. I volontari andranno anche a vivere lì, in modo che lo studio sia il più vicino possibile alle condizioni reali. Se nella camera climatica le temperature sono gelide, all’interno di una delle case, costruite in collaborazione dal promotore immobiliare britannico Barratt e dal gruppo francese di materiali Saint-Gobain, c’è un tempore omogeneo. I mattoni sono decorativi e nascondono un telaio in pannelli di legno e isolamento.
Qui vengono testati diversi sistemi di riscaldamento. L’ingresso ha uno specchio riscaldato. Nel soggiorno, i battiscopa ospitano un circuito di acqua calda e una modanatura sul soffitto emette infrarossi, proprio come un pannello fissato alla parete. Secondo i costruttori, le prestazioni di questa casa permetterebbero di dividere per quattro la bolletta energetica rispetto ad un’equivalente abitazione tradizionale.

La vera novità è che qui la ricerca non dipende più dai capricci del cielo: “Possiamo testare le condizioni meteorologiche di un anno in una settimana“, sostiene Tom Cox, direttore tecnico e sviluppo di Saint-Gobain nel Regno Unito. “La velocità” di ottenere risultati ma anche “la capacità di isolare una specifica variabile meteorologica sono assolutamente determinanti”, assicura.

Pompa di calore, batterie, pannelli fotovoltaici sul tetto: la casa è rivestita di apparecchiature e un centinaio di sensori misurano con precisione temperatura e consumi energetici. Nella sala di controllo, gli scienziati hanno anche telecamere termiche. E la casa si controlla da smartphone, prosegue Cox: l’azienda sta testando “un sistema di gestione per gli edifici residenziali” integrato in un’unica interfaccia e che “può essere automatizzato a piacimento dell’occupante”.

L’obiettivo è anche quello di capire come fare a meno delle caldaie a gas, la modalità di riscaldamento più diffusa nel Paese. La costruzione del laboratorio Energy House 2.0, la più grande struttura civile di questo tipo al mondo, secondo l’Università di Salford, ha richiesto poco più di due anni. È costato circa 16 milioni di sterline (18,2 milioni di euro). Il progetto è stato finanziato in particolare dal Fondo europeo di sviluppo regionale: nonostante la Brexit, questi programmi dell’Ue continueranno a funzionare nel Regno Unito fino alla loro chiusura.

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Un ‘cappotto verde’ su tetti e pareti per abbassare la temperatura di 3°C

Forse non potrà sostituire completamente i condizionatori, ma un ‘cappotto verde’ su tetti e pareti potrebbe abbassare la temperatura interna delle case in estate fino a 3 °C. La sperimentazione è stata condotta su un edificio prototipo presso il Centro Ricerche Enea Casaccia (Roma), dove la vegetazione messa a copertura del solaio e delle pareti esterne è stata in grado di mantenere le temperature superficiali al di sotto dei 30 °C, preservando dai picchi di temperatura di oltre 50 °C nelle ore più calde. Il ‘cappotto’ consente di abbattere quasi il 50% del flusso termico attraverso l’ombra e la traspirazione delle piante. Il progetto Enea ‘Infrastrutture verdi per migliorare l’efficienza energetica degli edifici e la qualità del microclima nelle aree urbane’ è finanziato nell’ambito dell’Accordo di Programma per la Ricerca di Sistema Elettrico 2019-2021 del ministero dello Sviluppo Economico, oggi in capo al ministero della Transizione ecologica.

La copertura vegetale agisce tutto l’anno come isolante termico, con effetti maggiori nel periodo primavera-estate quando le piante diventano estrattori naturali di calore dall’ambiente. In generale, l’effetto benefico di regolazione termica è dovuto all’ombreggiamento estivo, all’evapotraspirazione e alla fotosintesi clorofilliana delle piante. “I dati preliminari – spiega Arianna Latini, ricercatrice del Dipartimento Unità per l’Efficienza Energetica- fanno supporre che si possa ottenere una riduzione dei consumi elettrici di circa 2 kWh/m². Mediamente questo si traduce in un risparmio di energia elettrica di circa 200 kWh per la climatizzazione estiva di un’abitazione di 100 m², tenuto conto di una temperatura di comfort dell’ambiente interno non superiore a 26 gradi”.

Diverse le piante utilizzate durante la sperimentazione: la viperina piantaginea (Echium plantagineum) e la viperina azzurra (Echium vulgare), che favoriscono anche la biodiversità degli impollinatori, la vite americana (Parthenocissus quinquefolia), un rampicante resistentissimo sia al caldo sia al freddo e diverse piante grasse, molto resistenti a condizioni di estrema siccità. “Abbiamo rilevato – dice Latini – che le temperature superficiali della parete verde sono fino a 13 °C inferiori rispetto alla facciata non vegetata, con una riduzione dei flussi termici verso l’interno di circa 7 kWh/m² e un abbattimento delle emissioni fino a 1 kg di CO2/m² per il minore consumo di energia elettrica”.

Enea stima che l’inverdimento del 35% della superficie urbana dell’Unione europea (oltre 26 mila km²) permetterebbe di ridurre la domanda di energia per il raffrescamento estivo di edifici pubblici, residenziali e commerciali fino a 92 TWh l’anno, con un valore attuale netto di oltre 364 miliardi di euro, e di evitare le emissioni di gas serra equivalenti a 55,8 milioni di tonnellate di CO2 l’anno. Per avere un’idea realistica delle emissioni evitate, si pensi che il settore agricoltura in Italia emette 30 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti l’anno (dati Ispra 2021).

Da qui la necessità di intervenire sulle aree urbane, avviando iniziative e interventi per contrastare gli impatti negativi del riscaldamento globale, che comprendono l’eccesso di consumi di energia fossile (la climatizzazione estiva rappresenta circa il 30% dei consumi complessivi con un trend in crescita), le ondate di calore sempre più frequenti nei mesi estivi, l’inquinamento ambientale e la perdita di biodiversità. I tetti verdi, infatti, oltre a ridurre gli aumenti di temperatura dovuti all’effetto isola di calore in città, migliorano la qualità dell’aria. Da uno studio condotto su specie di alberi e cespugli comunemente presenti nel verde urbano, la capacità media di mitigazione degli inquinanti atmosferici è risultata mediamente di 58-140 g di ozono (O3), di 17-139 g di particolato PM10, di 11-20 kg di anidride carbonica CO2 per pianta l’anno. La vegetazione sugli edifici è utile anche nell’assorbimento dei composti organici volatili: l’edera e altre specie vegetali rampicanti sulla parete verde presso il Centro Ricerche Enea Casaccia hanno consentito una riduzione di circa il 20% di benzene, toluene, etilene e xileni, i composti più comuni in ambiente urbano. Non solo. Il verde urbano svolge anche una serie di servizi ecosistemici come il miglioramento estetico dell’ambiente per vivere e lavorare, la tutela della biodiversità e il rallentamento del deflusso delle acque piovane in eccesso.