isole minori

Piena sostenibilità ferma al 40% per le isole minori: bene Tremiti

In Italia le isole minori sono ancora molto lontane dalla piena sostenibilità: su 27 piccole isole marittime abitate prese in esame, l’indice di sostenibilità medio calcolato per la prima volta dall‘Osservatorio di Legambiente e Cnr-Iia (Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche) tenendo conto delle performance su consumo di suolo, rifiuti, acqua, energia, aree protette, mobilità e regolamenti edilizi, “è fermo al 40%“. E’ quanto emerge dal V rapporto ‘Isole Sostenibili – Le sfide della transizione ecologica nelle isole minori’ curato dall’Osservatorio presentato oggi. Tra le isole più virtuose nel percorso di sostenibilità le Tremiti (53%), le Egadi (Favignana, Marettimo, Levanzo), le Eolie (Lipari, Vulcano, Stromboli, Panarea, Filicudi e Alicudi), le isole Pelagie (Lampedusa e Linosa) che raggiungono il 49% e dall’isola di Capraia che si attesta al 47%. Secondo il rapporto, sono in ritardo, invece, La Maddalena, con un indice pari al 21%, l’Elba (26%) e Ischia (29%). Sette, secondo Legambiente e Cnr-Iia, gli obiettivi che le isole minori si devono prefiggere dal coordinamento con i ministeri a zero consumo di suolo e quattro le azioni pratiche da mettere in campo dall’istituzione di una cabina di regia presso il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica alla redazione di piani di sviluppo sostenibile, alla creazione di un coordinamento unico sulla gestione dei fondi del Pnrr.

Obiettivo del report, spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente , era “tentare di ‘quantificare’ gli sforzi fatti delle amministrazioni e lo stato attuale di sostenibilità di ogni isola. I valori non sono pienamente soddisfacenti, accanto ai punti di forza sono emersi tanti punti di debolezza”. Serve, quindi, un cambio di passo attraverso obiettivi ambiziosi e azioni efficaci. Anche perché, le isole sono dei paradisi di biodiversità, “ecosistemi unici ma allo stesso tempo fragili e stressati da flussi turistici condensati nei periodi estivi”. “Si presentano come laboratori ideali per lo sviluppo di idee innovative nella direzione della transizione ecologica e all’incremento della tutela dei propri territori”, commenta  Francesco Petracchini, Direttore del Cnr-IIA convinto che fondi del PNRR isole verdi rappresentino “un’opportunità unica da cogliere nei prossimi anni per mettere in cantiere progetti virtuosi nel percorso verso la sostenibilità”.
Rispetto alle singole tematiche che vanno a comporre l’indice di sostenibilità complessivo, come rifiuti, perdite di rete, consumo di suolo, emergono le diverse velocità delle isole. Da un lato si evidenziano le buone performance di raccolta differenziata delle isole di San Pietro e Sant’Antioco, in Sardegna, che hanno raggiunto rispettivamente l’84% e l’82%, seguite dalle isole Egadi (80%) e Pantelleria (78%). Indietro nella raccolta differenziata Ponza, Lampedusa e il Giglio, con rispettivamente 9%, 20% e 30%.

Sul fronte delle perdite di rete le isole Tremiti fanno registrare il tasso più basso (9%), seguite da Lampedusa (17%), isola del Giglio (25%), Ischia e Procida (rispettivamente 26% e 27%). La dispersione idrica più alta si registra a Ponza (68%), Maddalena (62%), Sant’Antioco e l’Elba (58% e 54%), e San Pietro (52%). Sul lato della mobilità, il più basso tasso di motorizzazione spetta a Capri (31 auto ogni 100 abitanti), seguita da Procida (46/100), Ponza e Ventotene (entrambe con 51 macchine ogni 100 abitanti). Il parco auto più nuovo spetta all’isola d’Elba e San Pietro con il 49% delle auto con classe emissiva pari o superiore all’Euro5. Le maggiori installazioni di fotovoltaico in termini assoluti si trovano ad Ischia, l’Elba, Sant’Antioco, San Pietro e alle Egadi che da sole rappresentano circa il 73% della potenza installata.
Per quanto riguarda il consumo di suolo, i dati Ispra evidenziano, ad esempio, un’accelerazione a una perdita di superficie agricola pari al 2,6%.  Per questo, secondo Cnr e  Legambiente, “è importante che si rivedano e si integrino i sistemi di pianificazione e controllo territoriale tesi alla lotta all’abusivismo e alla promozione di un uso efficiente del suolo, attraverso il recupero di aree già urbanizzate, la tutela e la valorizzazione delle zone agricole di pregio e la fondamentale tutela delle risorse naturali, passando per il necessario coinvolgimento delle comunità locali”.

Infine, secondo l’Osservatorio CittàClima di Legambiente dal 2010 al 22 maggio di quest’anno sulle isole minori si sono registrati ben 14 eventi climatici estremi di cui 5 allagamenti e alluvioni da piogge intense, 3 danni da mareggiate, 2 frane da piogge intense e un caso ciascuno per danni da trombe d’aria, danni alle infrastrutture, siccità prolungata e danni da grandinate violente. Da sottolineare anche il costo in termini di vite umane con 14 vittime, 12 legate alla tragedia di Casamicciola, a Ischia nel 2022, e 2 alla tromba d’aria di Pantelleria. Per questo “è fondamentale puntare su politiche di adattamento e azioni di mitigazione delle emissioni climalteranti”, spiegano da Legambiente e Cnr.

Cofan Avie - Amazzonia

In Amazzonia sul sentiero dell’ayahuasca e della difesa del suolo

La piccola comunità è famosa per aver ottenuto l’allontanamento delle compagnie minerarie dal suo territorio amazzonico nel nord dell’Ecuador. Ma i Cofan Avie hanno un’altra caratteristica misteriosa e affascinante: sono i maestri dell’ayahuasca, una pianta allucinogena, “medicina” didattica e porta d’accesso al mondo degli “spiriti”.Una volta Dio viveva qui, su questo pianeta“, dice Isidro Lucitante, 63 anni, patriarca e “taitan” (sciamano) di queste nove famiglie distribuite su 55.000 ettari di fiumi e giungle lungo il confine con la Colombia. “Si strappò un capello e lo piantò nella terra. Così nacque la yagé (ayahuasca), fonte di conoscenza e saggezza”.

Nel bene e nel male, l’ayahuasca, un decotto tradizionalmente preparato dalla liana Banisteriopsis caapi dalle popolazioni del bacino amazzonico occidentale, ha acquisito una notorietà internazionale. A seconda delle versioni, viene vista come una cura miracolosa, uno strumento per l’esplorazione interiore e per lo “sviluppo personale”, un allucinogeno o una pericolosa droga psicotropa. In Perù, e in misura minore in Ecuador, si è sviluppata una lucrosa industria del ‘turismo psichedelico’ intorno a questa pianta, che ora si può trovare in vendita, in capsule o infusi, anche su internet.
Tra i Cofan Avie, l’ayahuasca – chiamata “yagé” – è rimasta una cultura viva, condivisa tra le generazioni, legata alla natura rigogliosa che li circonda e alla loro cosmogonia ancestrale. Lontana da qualsiasi folclorizzazione o commercializzazione, ma aperta al mondo e a pochi visitatori privilegiati. Ogni fine settimana, i membri della famiglia, i vicini e i visitatori si siedono sulle amache sotto una maloca (una casa di legno comune) piantata nel cuore della grande foresta, e bevono questa bevanda brunastra e amara. Sotto la supervisione del “taitan” Isidro e dei suoi assistenti, tra l’odore del tabacco, i canti rivolti agli “spiriti”, la nausea e i monologhi febbrili dei partecipanti, è un viaggio caotico, ipnotico, interiore e collettivo, che proietta la coscienza in un nuovo spazio sconosciuto.

Raccolta nella foresta, la liana viene “schiacciata, mescolata con acqua e fatta bollire per ore. Chi la prepara deve digiunare o seguire una dieta speciale. È in questo momento che si prepara l’energia della pianta“. Nella famiglia Lucitante, la cerimonia si svolge al calar della sera nella maloca di famiglia, dipinta con pappagalli, serpenti e teste di pantera multicolori, oltre che con i volti di illustri anziani.
I Cofan Avie sono noti in Ecuador per aver ottenuto nel 2018 una storica vittoria legale contro l’industria mineraria, con l’annullamento da parte del tribunale locale di 52 concessioni per l’estrazione di oro assegnate dallo Stato ecuadoriano senza consultare o informare la comunità. Questa lotta è stata coronata nel 2022 dal Goldman Prize, il premio Nobel per gli attivisti ambientali, assegnato ad Alex Lucitante, uno dei leader della piccola comunità.

Alex, 30 anni e uno dei figli dello sciamano Isidro, è colui che ha organizzato la lotta contro i minatori d’oro, istituendo una guardia indigena, pattuglie e un sistema di droni di sorveglianza per raccogliere le prove delle violazioni del loro territorio. “È stata una lotta lunga e difficile, per proteggere il nostro territorio e la natura, un percorso in cui siamo stati ispirati dalla saggezza degli anziani e dalla conoscenza degli yagé“, spiega. “La pianta è tutto per noi, proprio come il nostro territorio. Non potremmo vivere senza nessuna delle due. È attraverso la medicina yagé che possiamo connetterci con gli spiriti e (…) riequilibrare il mondo. Lo yagé è un percorso sacro che ci invita a vivere in armonia con la natura”.
È scientificamente riconosciuto che l’ayahuasca non crea dipendenza, anzi, agisce contro la dipendenza. “Vengono qui persone malate, alcune dipendenti da droghe. Vanno via tranquilli o in migliore salute”, assicura Isidro, secondo il quale “la yagé è un dono di Dio per prendersi cura dell’umanità”. “La pianta può guarire tutto, se lo si fa con fede e rispettando le regole”, aggiunge Alex, sollevando un velo discreto sulla dimensione esoterica e iniziatica di questa conoscenza nascosta.

siccità

Giornata del suolo, in Italia persi 19 ettari al giorno. Appello degli ambientalisti: Stop al consumo

“Consumare Suolo in maniera indiscriminata significa anche favorire le calamità idrogeologiche. Un suicidio! Serve dunque una svolta, serve una nuova condotta improntata al senso della responsabilità di tutti, dai cittadini alle istituzioni. Meno consumo di Suolo e più rigenerazione urbana: da oggi dovranno essere questi gli obiettivi per i quali lavorare”. Il messaggio di Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, arriva forte e chiaro in occasione della Giornata mondiale del Suolo (World Soil Day 2022) promossa dalla Fao e sostenuta dalle Nazioni Unite. Il tema per il 2022 è ‘Il suolo: dove comincia l’alimentazione’. Secondo i dati del Rapporto Snpa 2022 dell’Ispra, che Legambiente riprende oggi, in Italia il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno, con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i due metri quadrati al secondo.

In generale, la Fao sottolinea che, nel mondo, due miliardi di persone non hanno un apporto equilibrato di nutrienti nella propria alimentazione. La tutela del suolo è un obiettivo raggiungibile solo perseguendo azioni quali, per esempio, l’utilizzo sostenibile dei fertilizzanti, la ricarbonizzazione dei suoli, il miglioramento della mappatura di dati e informazioni a essi legati, il monitoraggio della fertilità del suolo.

Dal macro al micro. In Italia, è la Coldiretti a delineare lo stato dell’arte. “Negli ultimi 50 anni – spiega il presidente Ettore Prandini – è scomparso quasi un terreno agricolo su 3 (-30%) con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari a causa dell’abbandono e della cementificazione che rende le superfici impermeabili. Negli ultimi dieci anni, con le campagne l’Italia ha perso 400 milioni di chili di prodotti agricoli per l’alimentazione dell’uomo e degli animali, aumentando il deficit produttivo e la dipendenza dall’estero”. L’organizzazione sottolinea come occorra “accelerare sull’approvazione della legge sul consumo di suolo”, sottolineando che “è comunque positiva la scelta del Governo di investire nella manovra sul Fondo per il contrasto al consumo di suolo: 10 milioni nel 2023, 20 nel 2024, 30 nel 2025 e 50 milioni di euro all’anno nel biennio 2026-2027″. Finanziamenti fondamentali, ai quali si affiancano interventi “necessari di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali”, conclude l’associazione, ricordando che i cambiamenti climatici (nel 2022 si sono registrati tremila eventi estremi) e la sottrazioni di terra fertile capace di assorbire l’acqua danno vita a un micidiale mix i cui effetti si traducono, in oltre 9 Comuni su 10 (il 93,9% del totale) in aree a rischio idrogeologico per frane e alluvioni.

Su quest’ultimo tema si è espressa anche l’Anbi. L’alluvione nelle Marche dello scorso 15 settembre e quella nel comune sardo di Bitti nel novembre 2020 sono, per l’associazione, casi simbolo di disastri ambientali che hanno evidenziato l’importanza dei Consorzi per la Gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue che, però, da soli non sono sufficienti “di fronte alla velocità della crisi climatica e all’estremizzazione degli eventi atmosferici. Serve una visione politica, che ponga il territorio al centro, a iniziare dall’approvazione della legge contro il consumo di suolo, che giace da due legislature in Parlamento”, dichiara Massimo Gargano, direttore generale Anbi.

A questa richiesta di azione dal punto di vista legislativo, fa eco anche Legambiente. “Dall’approvazione, dieci anni fa, del ddl proposto dall’allora ministro dell’Agricoltura, Mario Catania – esordisce Stefano Ciafani, presidente Nazionale dell’associazione – l’Italia è in attesa di una legge per fermare il consumo di suolo. Da allora le proposte di legge si sono moltiplicate, ma una normativa non è mai uscita dalle secche della discussione parlamentare”. Una carenza normativa – secondo Legambiente – che fa il paio con la mancanza di un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, anch’esso in stallo dal 2018, che Legambiente auspica possa essere approvato entro la fine dell’anno, come preannunciato dal governo Meloni dopo la tragedia di Ischia.
“Quanto lì accaduto – commenta Stefano Ciafani – mette la politica di fronte alla necessità di agire concretamente e in maniera tempestiva per dare al Paese una legge che rivesta un ruolo centrale contro il consumo indiscriminato di suolo e il dissesto idrogeologico”.