Trump torna indietro: pausa 90 giorni per tariffe reciproche. Solo a Cina dazi al 125%

Come ha abituato il mondo, con una giravolta improvvisa il presidente americano Donald Trump ha bloccato tutti i dazi ‘reciproci’ in vigore da sabato scorso “per 90 giorni”. Per tutti i Paesi che “gli hanno chiesto un negoziato“. Tranne per la Cina, contro cui le nuove tariffe saliranno al 125% “con effetto immediato”. In una giornata che aveva sancito l’avvio di una guerra commerciale globale, con l’entrata in vigore dei nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti su prodotti provenienti da decine di Paesi, la massiccia risposta della Cina, e una contromossa più sofisticata dell’Europa. E soprattutto, con i mercati globali in forte sofferenza.

Lo stesso Trump aveva invitato a “mantenere la calma” esortando i cittadini ad approfittare del calo del mercato azionario per “acquistare”. Di fronte al panico dei mercati azionari,  il presidente aveva promesso infatti “accordi su misura, non prêt-à-porter, ma alta moda”, prima di tutto con i partner militari dell’America, in testa Giappone e Corea del Sud. Durante una cena con i capi del Partito Repubblicano, il miliardario conservatore si è congratulato con decine di Stati – inclusa la Cina – perché stanno facendo “di tutto” per trovare un accordo con Washington. Poi la frase choc: “Questi Paesi – ha detto dal palco – mi stanno chiamando per baciarmi il culo. Muoiono dalla voglia di fare un accordo, mi dicono ‘per favore, per favore, faremo qualsiasi cosa”, ha aggiunto. Da questa notte alle 4:01 GMT (le 6:01 ora italiana) infatti sono entrati in vigore i nuovi dazi Usa nei confronti di quasi 60 Paesi. Le tariffe aggiuntive vanno dall’11% al 50%, ad eccezione della Cina, i cui prodotti sono ora tassati al 104%. Le nuove imposte hanno fatto precipitare le borse asiatiche. Trump, nonostante le critiche provenienti anche dai suoi più stretti alleati come Elon Musk, sostiene di aver trovato la ricetta per ridurre il deficit commerciale, risanare le finanze pubbliche e delocalizzare molte attività industriali. Ma non ha considerato la reazione da parte di Pechino che ha annunciato un nuovo aumento dei dazi ‘di ritorsione’ sui prodotti americani all’84%, anziché al 34% inizialmente previsto, a partire da giovedì alle 12:01 ora cinese (06:01). “Continueremo ad adottare misure ferme e rigorose per salvaguardare i nostri legittimi diritti e interessi“, ha avvertito un portavoce del Ministero degli Esteri cinese. E in un’escalation anche diplomatica, non solo commerciale, la Cina ha esortato i suoi cittadini a prestare attenzione ai potenziali rischi di un viaggio turistico negli Stati Uniti. In serata il colpo di scena: “Considerando che oltre 75 Paesi hanno convocato rappresentanti degli Stati Uniti per negoziare una soluzione” “autorizzo una pausa di 90 giorni e una tariffa doganale reciproca sostanzialmente ridotta del 10% durante questo periodo, anch’essa con effetto immediato”. Tranne per la Cina, ovviamente. “Considerata la mancanza di rispetto dimostrata dalla Cina nei confronti dei mercati mondiali, aumento la tariffa doganale applicata alla Cina dagli Stati Uniti d’America al 125%, con effetto immediato” Colpita da metà marzo dai dazi doganali statunitensi del 25% su acciaio e alluminio e, da mercoledì, da una tassa del 20% su tutti i suoi prodotti, anche l’Unione Europea oggi ha approvato le sue prime contromisure contro oltre 20 miliardi di euro di beni “made in USA”. L’elenco, che è stato aggiornato nelle ultime settimane, comprende prodotti agricoli come la soia, il pollame e il riso e prevede inoltre accise fino al 25% su legno, motociclette, prodotti in plastica e apparecchiature elettriche, a partire del 15 aprile. Ulteriori misure europee potrebbero essere rivelate la prossima settimana. Tuttavia, Bruxelles ha affermato di essere pronta a sospendere i dazi doganali “in qualsiasi momento” nel caso in cui si raggiunga un accordo “equo ed equilibrato” con Washington. Il timore di un ciclo infinito di ritorsioni sta già spingendo alcune banche centrali a cercare di salvare la situazione. La Nuova Zelanda ha tagliato i tassi di interesse di 25 punti base, portandoli al 3,5%. La banca centrale indiana ha abbassato i tassi di interesse al 6%.