Case green, da oggi in vigore la direttiva Ue: ai Paesi 2 anni per adeguarsi

E’ entrata in vigore martedì la direttiva rafforzata Ue sulla prestazione energetica nell’edilizia, cioè la meglio nota direttiva sulle ‘Case green’ che i Paesi membri dovranno recepire entro due anni. Il testo mira a dare ai Ventisette un quadro per ridurre le emissioni e il consumo energetico negli edifici dell’Ue: dalle abitazioni ai luoghi di lavoro, dalle scuole agli ospedali passando per altri edifici pubblici. L’obiettivo è quello delle 0 emissioni degli immobili per la metà del secolo.

La direttiva fissa degli obiettivi, ma spetterà agli Stati membri scegliere su quali edifici concentrarsi e quali misure adottare. Ogni Paese sarà chiamato ad adottare una traiettoria nazionale propria per ridurre il consumo medio di energia primaria degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Per gli edifici non residenziali, il 16% di quelli con le prestazioni peggiori dovrà essere ristrutturato entro il 2030 e il 26% entro il 2033. “Gli Stati membri avranno la possibilità di esentare da tali obblighi determinate categorie di edifici residenziali e non residenziali, tra cui quelli storici o le Case di villeggiatura. Verranno sostenuti gli sforzi dei cittadini che intendono migliorare le proprie abitazioni. La direttiva prevede l’istituzione di sportelli unici di consulenza sulla ristrutturazione e contiene disposizioni sui finanziamenti pubblici e privati che renderanno le ristrutturazioni più accessibili e fattibili”, ha precisato la Commissione Ue.

Inoltre, dal primo gennaio 2028 tutti gli edifici nuovi di proprietà pubblica, residenziali e non, non devono generare emissioni in loco da combustibili fossili, mentre per tutti gli altri edifici nuovi ciò vale dal primo gennaio 2030 e sono comunque possibili esenzioni specifiche. “La direttiva rafforzata contiene nuove disposizioni tese a eliminare gradualmente i combustibili fossili dal riscaldamento degli edifici e a promuovere la diffusione di impianti a energia solare, tenendo conto delle circostanze nazionali. Gli Stati membri dovranno garantire che i nuovi edifici siano predisposti per il solare“, ha precisato ancora l’esecutivo Ue. Dal primo gennaio 2025, infatti, non saranno più ammesse sovvenzioni per l’installazione di caldaie autonome alimentate a combustibili fossili che verranno abbandonate definitivamente entro il 2040.

La direttiva rafforzata incentiva anche la diffusione di una mobilità sostenibile grazie alle disposizioni sul pre-cablaggio, sui punti di ricarica dei veicoli elettrici e sui posti bici”, ha evidenziato ancora la Commissione. Vista l’ondata di ristrutturazioni che si prevede in tutta l’Ue, per Bruxelles è “fondamentale migliorare la pianificazione dei lavori e fornire un sostegno tecnico e finanziario. “Per combattere la povertà energetica e abbassare le bollette dell’energia, le misure di finanziamento dovranno incentivare e accompagnare le ristrutturazioni ed essere destinate in particolare ai clienti vulnerabili e agli edifici con le prestazioni peggiori, nei quali vive una percentuale maggiore di famiglie con un accesso precario all’energia”, ha precisato la Commissione che, con oltre 100 miliardi di euro stimati di finanziamenti Ue messi a disposizione per sostenere le ristrutturazioni tra il 2023 e il 2030, sta cercando di mobilitare le risorse necessarie per coprire i costi di investimento iniziali.

Giovedì il negoziato sulle case green per scongiurare una nuova batosta

Giovedì è il giorno in cui Parlamento e Consiglio Ue, con la moderazione della Commissione, si siederanno intorno a un tavolo per stabilire quale sarà il destino del provvedimento ribattezzato ‘case green’. Stando alle voci dovrebbe non essere un negoziato interlocutorio: dal trilogo potrebbe scaturire infatti un accordo definitivo. Sempre stando alle voci, il commiato del vicepresidente Frans Timmermans ha/avrebbe reso meno intransigente la posizione dell’Europa, abituata negli ultimi tempi a piantare paletti e delimitare steccati, innescando una serie di reazioni a catena esiziali per il percorso sacrosanto della transizione ecologica.

Riavvolgendo il nastro: la nuova versione del testo – da approvare o modificare per l’appunto giovedì – prevede come obiettivi la classe energetica ‘E’ entro il 2030 e quella ‘D’ entro il 2033 allo scopo di raggiungere zero emissioni entro il fatidico 2050. Sono esonerati edifici di pregio artistico, di culto e con una superficie inferiore ai 50 mq. Ora: dubitiamo che il cittadino ‘comune’ abbia conoscenza di cosa significa classe ‘E’ o ‘D’; dubitiamo che possa avere contezza di quanto e cosa serva per abbassare le emissioni nocive della sua abitazione; siamo invece certi che quando gli verrà ‘presentato il conto salatissimo‘ non si abbandonerà a urla di giubilo.

Al momento poco si sa. E meno ancora ne sa l’opinione pubblica. Però ci sono alcuni dati che inducono a riflessioni serie e in serie per quanto riguarda l’Italia. Secondo le stime dell’associazione dei costruttori edili (Ance), su 12 milioni di edifici residenziali, oltre 9 milioni non risulterebbero a norma. Secondo il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, in Italia ci sono 31 milioni di immobili e di questi tra i 15 e 20 milioni dovrebbe essere adeguato alla direttiva Ue. E ancora: secondo l’Enea, il 74% delle abitazioni italiane apparterebbe a classi inferiori alla ‘D’. Ultimo riscontro, il Codacons: l’impatto sulle tasche degli italiani sarebbe complessivamente di 108 miliardi di euro.

I numeri delle case verdi rischiano di fare sbiancare gli italiani, tenuto conto che un cappotto termico oscilla dai 180 ai 400 euro al metro quadrato, per gli infissi si parla di 10-15 mila euro, per tacere del costo di caldaie a condensazione, dato che quelle tradizionali saranno bandite. La vita, diceva quello là, non è un bancomat e non tutti sono ricchi proprio come nessuno ‘nasce imparato’.
E’ fuori discussione che l’efficienza energetica ci permetterà in futuro di inquinare di meno e di risparmiare di più, su questo non ci sono dubbi, ma per arrivare agli standard che vorrebbe imporre l’Europa ci vogliono (più) tempo e (molta) moderazione. A meno che a Bruxelles vivano in una bolla e non sappiano cosa stia accadendo – di brutto e bruttissimo – intorno a loro. Qui diventa dirimente l’azione del governo di Giorgia Meloni che già sui temi dell’emergenza gas, dei biocarburanti e degli Euro 7 ha saputo farsi ascoltare a brutto muso dalla Ue.