Allarme plastica nei vestiti e l’esempio virtuoso di Gsk

Nonostante le indicazioni della Commissione europea, l’industria della moda non sembra aver recepito il principio dell’importanza del riciclo da fibra a fibra ed è ancora allarme plastica nei vestiti. Il 100% dei campioni in poliestere riciclato presentati a Milano Unica, la principale fiera di tessuti per abbigliamento in Italia, proviene dal riciclo di bottiglie in Pet e solo l’1% del materiale utilizzato per produrre abbigliamento viene riciclato per produrre nuovi abiti.

Un dato rimasto invariato dal 2017, quando la percentuale è stata isolata nel report della Ellen McArthur Foundation – A New Textiles Economy. Da qui la necessità di un intervento rapido per dar vita ad un reale modello di economia circolare nel settore moda. In occasione dell’Earth Day 2024, Gaia Segattini Knotwear – società benefit che produce capi realizzati con filati di alta qualità provenienti da giacenze produttive o rigenerati – ha svolto un lavoro di studio e raccolta dati che scatta una fotografia sullo stato di salute del comparto fashion. Dopo anni di crescita, la quota combinata di tutte le fibre riciclate è leggermente diminuita passando da circa l’8,5% del 2021 al 7,9% nel 2022. Ciò è dovuto principalmente a una leggera flessione della quota di mercato del poliestere riciclato – prodotto per il 99% da bottiglie di plastica.

E qui il tema ambientale diventa rilevante, perché il poliestere già riciclato è estremamente difficile da riciclare ancora, perché la fibra si accorcia e si sfilaccia molto più facilmente, rilasciando microfibre. Secondo uno studio della University of California Santa Barbara, una singola giacca in pile sintetico rilascia una media di 1,7 grammi di microfibre ad ogni lavaggio. Misurando meno di 5 millimetri di lunghezza, la maggior parte delle microfibre scivola oltre i filtri degli impianti di depurazione ed entra in laghi, fiumi e oceani, dove viene ingerito dagli animali marini, fino a entrare nell’alimentazione e nei polmoni umani.

La gran parte dei brand che si proclama sostenibile e dichiara di utilizzare filati riciclati ricorre proprio al poliestere riciclato: un pratica che secondo la Commissione Europea potrebbe indurre in errore i consumatori, che nella Strategia dell’UE per prodotti tessili sostenibili e circolari mette in guardia rispetto ai rischi derivanti dal downcycling delle bottiglie in Pet.

Un esempio virtuoso in Italia è rappresentato proprio dalla società marchigiana Gaia Segattini Knotwear, che produce capi di abbigliamento con l’avanzo di filati pregiati, rigenerati ed ecologici. Tra gli obiettivi che l’azienda si era prefissata per il 2022 c’era quello di aumentare la percentuale di filati di giacenza e rigenerati sul totale della produzione, riducendo di conseguenza l’utilizzo di filati vergine. Un traguardo ampiamente raggiunto: circa 36% della produzione è composta da filati riciclati (cresciuta del 28,51% nel 2022 rispetto al 2021). Inoltre, i filati provenienti da giacenze di magazzino e stock di GSK rappresentano oltre il 61% della produzione. “Molti brand continuano a mascherare la loro dipendenza dalle fibre sintetiche con il pretesto di impegnarsi ad aumentare la percentuale di materiali sostenibili – commenta Gaia Segattini, imprenditrice e divulgatrice. “Tra questi troviamo i sintetici riciclati, soprattutto poliestere e nylon. Ma va detto che le dichiarazioni ecologiche sul poliestere ricavato da bottiglie di polietilene tereftalato (PET) riciclate come principale strategia di sostenibilità, sono state oggetto di un crescente controllo nell’ultimo anno da parte delle autorità di regolamentazione e dei consumatori, preoccupati per le dichiarazioni ambientali ingannevoli. L’abbigliamento può essere di qualità senza inquinare, dobbiamo perseguire un modello virtuoso di economia circolare. Abbiamo questa grande responsabilità. È la nostra sfida di oggi e di domani”.