Trasporti, intermodalità e vie del mare per un futuro più sostenibile

Trasporti e sostenibilità, un binomio che deve necessariamente scrivere la prossima pagina di futuro per l’Italia e l’Europa. Il tema è stato al centro del convegnoVie del mare e intermodalità per l’integrazione e la sostenibilità dei trasporti europei, promosso a Roma da Connact in collaborazione con gli uffici italiani di Parlamento e Commissione Ue. Dal confronto tra istituzioni e mondo produttivo sono emersi diversi spunti di riflessione. “C’è un grande dibattito sulla riforma portuale“, dice il presidente della commissione Trasporti, Salvatore Deidda. Chiarendo allo stesso tempo che sul punto c’è anche una strumentalizzazione: “I privati saranno sì protagonisti, ma gestione, controllo e coordinamento resterà saldamente nelle mani dello Stato“. Il deputato di FdI, comunque, assicura che “la transizione ecologica andrà avanti, ma senza farla pesare sugli autotrasportatori né sugli armatori“.

Per il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, Pino Musolino, l’intermodalità è “uno degli elementi che ci permettono di andare nella direzione della decarbonizzazione dei trasporti”, ma “prima di inventarci nuove tecnologie, andiamo a ottimizzare ed efficientare quello che abbiamo“. La responsabile delle Relazioni istituzionali di Autostrade per l’Italia, Alessandra Romano, ritiene “lo shift modale un prerequisito fondamentale per la mobilità sostenibile“, ma visto che “il sistema autostradale rimarrà centrale anche in futuro” è “necessario, oggi più che mai, e soprattutto nel prossimo decennio, investire in fattori che possano agevolare e migliorare la mobilità sostenibile, in particolare in rigenerazione delle infrastrutture autostradali, nel potenziamento delle infrastrutture autostradali e soprattutto nella digitalizzazione“. Molto, ovviamente, dipenderà dalle scelte di Bruxelles. “Quello che cerchiamo di fare a livello europeo è dare una visione d’insieme, un quadro normativo coerente e i fondi sono gli strumenti per realizzare le nostre priorità“, spiega il capo Unità di Coordinamento e Pianificazione della Commissione Ue, Pierpaolo Settembri, che con l’avvio della nuova squadra di governo europea crede sia “il momento per fare una riflessione sulle nuove priorità“.

Sente “aria diversa” l’eurodeputato di FI-Ppe, Flavio Tosi. “La visione ideologica di andare verso una transizione ecologica a tutti i costi ora viene mitigata. C’è un approccio diverso, anche sull’estensione e applicazione delle Ets“. Tema scottante per il mondo dei trasporti. Così come la competitività. “Non è possibile avere un fondo per i trasporti da poco più di 20 miliardi in 7, è insufficiente – sottolinea Matteo Ricci (Pd-S&D) -. La capacità di intervenire in modo efficace si vedrà se verrà ascoltato quello che il rapporto Draghi chiede“. Quando si parla di fondi la distanza tra le forze politiche sembra ridursi. Ad esempio, parlando del trasporto ferroviario, che resta uno dei punti principali dell’intermodalità, il deputato europeo Ecr-FdI, Carlo Ciccioli, spiega che nel triennio Bruxelles ha stanziato “26 miliardi con l’ipotesi massimale di 500 miliardi. Ma tra 500 miliardi e 26 un investimento decente credo debba arrivare almeno a 100 miliardi nell’arco di un certo numero di anni“.

Tornando alla voce delle imprese, ci sono altri aspetti di questo nuovo concept del trasporto che molto spesso non finisce alla ribalta delle cronache. “Se è ineludibile e strategica l’intermodalità, allora metteteci nella condizione di farlo“, chiede il vicepresidente di Confetra, Umberto Ruggerone. Mettendo in luce che “in Germania ci sono 330 cantieri aperti sulla rete, in Italia altrettanto si sta facendo un lavoro straordinario e non finirò mai di ringraziare Rfi“, ma questi sono anche gli unici due Paesi europei “dove non sono previste quote a compensazione per le imprese danneggiate dalla cantieristica” così alcune aziende della logistica “stanno portando i libri in tribunale“.

Chi crede fermamente in questo nuovo approccio è invece Ita Airwais. “E’ via anche per una modernizzazione“, afferma il Chief Communication and Institutional Relations Officer, Pietro Caldaroni. Ma servono più collegamenti negli snodi principali: “Più intermodalità vuol dire anche minor consumo di Co2, magari alcuni voli che abbiamo di corto raggio, da Firenze a Roma o da Napoli a Roma, potremmo sostituirli con un treno ad alta velocità. Ma è necessario e indispensabile una maggiore infrastrutturazione in termini di arrivi dei treni ad alta velocità negli aeroporti“. Ma anche il mare è un’opzione più che valida. Del resto, “abbiamo adottato un nuovo modo di guardare al mare, in maniera inclusiva“, dice nel suo intervento il capo dipartimento delle Politiche del mare, Pierpaolo Ribuffo. In sala ascolta con attenzione lo SVP Head of EU Affairs di Fincantieri, Davide Cucino, che infatti ritiene “necessaria una visione d’insieme, ovvero anche la parte industriale del mare deve partecipare come attore a questa sfida“.

C’è poi chi, come Iveco Group, suggerisce altre strade. “Come costruttore leader mondiale di veicoli commerciali, siamo a favore della comodalità, non del modal shift“, sostiene il Chief Public Affairs & Sustainability Officer, Michele Ziosi. Ma perché funzioni “occorre un approccio integrato che metta insieme l’impegno dei differenti stakeholders, politiche governative a supporto del rinnovo del parco circolante, costruttori, come noi, che mettono sul mercato veicoli sempre più efficienti e una regolamentazione smart che impatti sui prodotti in maniera positiva e non rappresenti un vincolo all’immissione sul mercato“.

In questo scenario resta scolpita anche la necessità di perseguire la neutralità tecnologica, anche dei carburanti. “Le varie possibilità devono essere valutate in termini di equilibrio, sia di tutela ambientale sia dei rapporti costi-benefici, nell’ottica del raggiungimento di una sostenibilità economica e occupazionale“, sottolinea infatti l’eurodeputata e membro della commissione Tran, Anna Maria Cisint, nel suo videomessaggio. Il tema, ovviamente, continuerà a occupare gran parte del dibattito pubblico e politico, tra Roma e Bruxelles. Ma al momento una rotta sembra essere stata tracciata.