Regionali, vincono Fontana in Lombardia e Rocca nel Lazio. E puntano (anche) sul green

Vittorie nette dei candidati di centrodestra alle elezioni regionali, ma affluenza in netto calo rispetto al 2018. Sono questi i dati che emergono dalle ultime consultazioni, che hanno visto Attilio Fontana guadagnarsi la riconferma in Lombardia con oltre il 54,67% delle preferenze (dati definitivi) e Francesco Rocca vincere la sfida con centrosinistra e Movimento 5 Stelle nel Lazio, con il 53,88% dei voti (dati non ancora definitivi).

In Lombardia, secondo i dati ufficiali del ministero dell’Interno, l’esponente di centrodestra ha ottenuto 1.774.477 voti e 48 seggi. Pierfrancesco Majorino, candidato del centrosinistra si è fermato al 33,93% con 1.101.417 voti (23 seggi). Letizia Moratti, candidata del Terzo Polo, ha ottenuto 320.346 voti, cioè il 9,87% (7 seggi). Maria Ghidorzi di Unione Popolare, invece, l’1,53%, con 49.514 voti.

AFFLUENZA AI MINIMI STORICI. A suonare come un campanello d’allarme, però, sono i numeri relativi agli elettori che si sono recati alle urne: a livello nazionale sono il 40% degli aventi diritto, mentre 5 anni fa fu il 70,63. Andando nel dettaglio, è il Lazio a perdere maggiormente, con il 37,19 percento di elettori contro il 55,55 del 2018. Anche in Lombardia la riflessione è aperta, perché ai seggi è andato il 41,67% dei cittadini, mentre nella scorsa tornata fu il 73,11, oltre tre punti al di sopra del dato nazionale.

I PROGRAMMI PER L’AMBIENTE. Ora per i neo presidenti di Regione viene la parte ‘pratica’ del loro mandato: realizzare i programmi presentati in campagna elettorale. E sull’ambiente sono diversi gli obiettivi che si sono posti. A partire da Fontana, che avrà altri 5 anni a disposizione per realizzare il suo scopo: consolidare il ruolo della Lombardia nell’economia circolare con una raccolta differenziata, oggi al 73%, ma che conta di far arrivare “all’83% entro il 2030, con il 62% dei rifiuti urbani e l’85% dei rifiuti delle attività produttive che vengono avviati a recupero e la gran parte di questi effettivamente riciclati”. Inoltre, punta “da un lato alla produzione di energia pulita, con il fotovoltaico, scelto come tecnologia più adatta (e per questo obiettivo dovrà raddoppiare la capacità di produzione), dall’altro saranno le riduzioni di consumi, tramite una forte azione di efficientamento energetico”. Non solo, perché Fontana vuole che la sua regione diventi “competitiva anche con l’idrogeno verde”. Terzo fattore “il contenimento del consumo di suolo da cui dipende anche la sostenibilità alimentare, lo sviluppo del settore agricolo e l’assorbimento di Co2”.

Il governatore del Lazio, Francesco Rocca, invece, promette che “la transizione ecologica costituirà un punto fermo della mia amministrazione”. Nel suo programma ritiene “fondamentale chiudere il ciclo dei rifiuti”, anche tornando “a investire sulla raccolta differenziata spinta”, perché oggi i dati vedono la regione al 18esimo posto, “un disastro”. Inoltre, con un cambio di paradigma: “È necessario considerare i rifiuti come una materia prima e catturarli nelle migliori condizioni, affinché possano essere reimmessi nel circuito della produzione”. Ora che ha vinto le elezioni, dovrà tenere fede alla promessa: un “Piano di localizzazione del fotovoltaico e dell’eolico, per un virtuoso utilizzo delle energie rinnovabili, evitando scempi sul territorio”. Il suo intento è “utilizzare le aree industriali dismesse e di scarso valore. Penso anche l’eolico off-shore, con impianti realizzati senza interferire con il turismo da diporto e, categoricamente, col paesaggio marino”. Rocca sarà chiamato anche a mettere in sicurezza le coste laziali “una volta per tutte, e con velocità, salvaguardando il paesaggio e l’economia del mare con un’attenta pianificazione”, istituendo “una Cabina del Mare” con tutti i soggetti interessati. Per usare una frase molto in voga nel lessico politica, ora che le luci della campagna elettorale sono spente e le urne chiuse, è tempo di passare dalle parole ai fatti.

Regionali, affluenza al 29,7%: mai così bassa. I candidati puntano sul green

Seconda giornata al voto per Lombardia e Lazio, dove circa 15 milioni di cittadini sono chiamati a scegliere il proprio presidente di Regione per i prossimi cinque anni. Nei 1882 Comuni al voto, l’affluenza è crollata. Alle 23 di ieri sera (ultimo dato disponibile), era complessivamente al 29,7%, più bassa in Lazio (26,28%) e leggermente più alta in Lombardia (31,78%), a fronte del 70,63% della precedente tornata elettorale, nel 2018. I seggi chiuderanno alle 15.

GEA ha analizzato le parti green dei programmi elettorali dei candidati alle presidenze delle due Regioni. Che sono, per la Lombardia, il governatore uscente Attilio Fontana, sostenuto dalla coalizione di centrodestra, il candidato del centrosinistra (appoggiato anche dal M5S), Pierfrancesco Majorino, l’outsider, Letizia Moratti, che corre per il Terzo polo (Azione e Italia viva), e Mara Ghidorzi (Unione popolare). Nel Lazio, invece, la sfida è tra l’attuale assessore alla Sanità, Alessio D’Amato (Pd, Terzo polo, Alleanza verdi sinistra, Demos, +Europa e Psi), l’ex presidente della Croce rossa italiana, Francesco Rocca (Fratelli d’Italia, Lega, FI, Udc e Noi moderati), Donatella Bianchi (Movimento 5 Stelle) e Sonia Pecorilli (Pci).

LOMBARDIA – Fontana propone di consolidare il ruolo della Regione nell’economia circolare con una raccolta differenziata (oggi al 73%) che conta di far arrivare “all’83% entro il 2030, con il 62% dei rifiuti urbani e l’85% dei rifiuti delle attività produttive che vengono avviati a recupero e la gran parte di questi effettivamente riciclati”. Inoltre, punta “da un lato alla produzione di energia pulita, con il fotovoltaico, scelto come tecnologia più adatta (e per questo obiettivo dovrà raddoppiare la capacità di produzione), dall’altro saranno le riduzioni di consumi, tramite una forte azione di efficientamento energetico. Inoltre, dobbiamo diventare competitivi anche con l’idrogeno verde”. Terzo fattore “il contenimento del consumo di suolo da cui dipende anche la sostenibilità alimentare, lo sviluppo del settore agricolo e l’assorbimento di Co2”.

Majorino, invece, si pone l’obiettivo di “riqualificare 4mila abitazioni all’anno, portando così il tasso di edifici riqualificati in linea con gli obiettivi europei, adottando misure che puntano a ridurre le bollette e i costi energetici alle famiglie, al contempo creando nuovo lavoro, stabile e locale”, perché “la transizione energetica ed ecologica deve essere portata in primo luogo nelle case gestite da Aler”. Non solo, visto che il candidato di centrosinistra e M5S vuole “ripensare anche a una nuova strategia di intervento sulle rinnovabili e sostenere le comunità energetiche promosse dai Comuni, favorendo in particolare quelle che affrontano il problema della povertà energetica”. Sulle infrastrutture, poi, “deve essere rilanciato il rapporto con Rfi per la revisione della rete infrastrutturale regionale e si dovrà imprimere un’accelerazione rispetto ai cantieri finanziati attraverso Pnrr”.

Anche Letizia Moratti, che è stata sindaca di Milano dal 2006 al 2011, oltre che vicepresidente e assessora al Welfare della giunta Fontana dal gennaio 2021 al novembre 2022, ha in programma “un’azione di accompagnamento e facilitazione per le Cer e centri di ricarica condivisi per il trasporto elettrico”. Ma anche un piano per la mobilità sostenibile, che a suo avviso “parte dalle rotaie e da un ritorno all’efficienza di Trenord, introducendo competizione e investendo nelle infrastrutture”. Per Moratti anche “la navigabilità dei fiumi può diventare un’importante alternativa al trasporto su gomma”.

LAZIO – Francesco Rocca è l’uomo su cui il centrodestra ripone le sue speranze di vittoria. Dalla sua ha la grande esperienza alla guida della Croce rossa italiana e per il Lazio promette che “la transizione ecologica costituirà un punto fermo della mia amministrazione”. Nel suo programma ritiene “fondamentale chiudere il ciclo dei rifiuti”, anche tornando “a investire sulla raccolta differenziata spinta”, perché oggi i dati vedono la regione al 18esimo posto, “un disastro”. Inoltre, con un cambio di paradigma: “È necessario considerare i rifiuti come una materia prima e catturarli nelle migliori condizioni, affinché possano essere reimmessi nel circuito della produzione”. Se vincesse le elezioni, la sua giunta approverebbe “un Piano di localizzazione del fotovoltaico e dell’eolico, per un virtuoso utilizzo delle energie rinnovabili, evitando scempi sul territorio”. Il suo intento è “utilizzare le aree industriali dismesse e di scarso valore. Penso anche l’eolico off-shore, con impianti realizzati senza interferire con il turismo da diporto e, categoricamente, col paesaggio marino”. Rocca vuole anche mettere in sicurezza le coste laziali, “una volta per tutte, e con velocità, salvaguardando il paesaggio e l’economia del mare con un’attenta pianificazione”, istituendo “una Cabina del Mare” con tutti i soggetti interessati.

A sfidarlo c’è Alessio D’Amato, che corre con il centrosinistra. Uno dei cavalli di battaglia della parte green del suo programma è la creazione di “100 Comunità energetiche per 100 comuni”, utilizzano i fondi del Pnrr a disposizione. Assicura che porterà avanti “le due transizioni, digitale e verde” e vuole dare una risposta “alla crisi ambientale e ai fenomeni connessi, come la siccità”. In campagna elettorale ha annunciato di voler istituire un nuovo assessorato all’Economia del Mare, “che per la nostra regione è molto importante: per la pesca, il turismo e il commercio”.

A contendere la Presidenza c’è anche Donatella Bianchi, giornalista e conduttrice di programmi di successo, come ‘Lineablu’ (Rai1). La candidata M5S punta a fare del Lazio “la prima Regione ad aprire un canale parallelo a quello nazionale di incentivi alla ristrutturazione in chiave green” con il Superbonus regionale. E’ contraria al termovalorizzatore di Roma, perché “il futuro non è bruciare tonnellate di rifiuti o trasformare il Lazio nella pattumiera d’Europa”, ma un ciclo dei rifiuti che tenda verso “l’economia circolare riducendo il consumo di materie prime”. E sull’energia conferma il suo no al nucleare “non ideologico”, ma guardando “a numeri e fatti”: “Lasciamo ad altri il populismo su questo tema”.

prodotti alimentari

I bambini che danno una mano in cucina mangiano più frutta e verdura: la ricerca del Crea

Far approcciare i bambini al cibo attraverso il gioco e il divertimento permette di far loro apprezzare gli alimenti che si portano in tavola. L’assunto – già divulgato, soprattutto in questi ultimi anni durante i quali imperversano in televisione programmi dedicati alla cucina, da nutrizionisti, pediatri e psicologi –  è avvallato anche dalla recente indagine svolta da ricercatori del Crea-Alimenti e Nutrizione Annalisa Di Nucci, Umberto Scognamiglio, Federica Grant e Laura Rossi.

Lo studio – pubblicato sulla rivista Frontiers in Nutrition – si è svolto su un campione di 99 bambini in età scolare della regione Lazio, ma rappresentativo anche a livello nazionale. Obiettivo: esaminare i cambiamenti delle loro abitudini nutrizionali nel corso e nel post pandemia da Covid-19 e l’eventuale impatto sui fenomeni di ripudio di cibi specifici utilizzando la ‘Scala della neofobia alimentare (Cfns)’. I risultati hanno mostrato che, per gran parte del campione (97%), il rifiuto selettivo del cibo non è cambiato durante il periodo della pandemia. Circa il 70% dei partecipanti non ha mutato le proprie abitudini alimentari, con alcune eccezioni che hanno riguardato alcuni sottogruppi che hanno riportato un aumento del consumo di frutta (22,2%), verdura (19,2%) e legumi (21,2%). Com’era prevedibile, a causa delle misure restrittive, è stato rilevante l’impatto della pandemia sulla sedentarietà, che è passata dal 25,3 al 70,7%. La neofobia (il rifiuto selettivo di alcuni cibi) non è stata associata allo stato ponderale (p-value 0,5). Tuttavia, nei bambini normopeso è stata riscontrata una più alta prevalenza di neofobia di livello intermedio (78,4%). È stato interessante notare come durante l’isolamento sociale, il 39,4% dei bambini studiati sono stati coinvolti nella preparazione dei pasti e come sia aumentata la percentuale che ha condiviso tutti i pasti con la famiglia (32,3% vs. 78,8%). Durante la pandemia, inoltre, la convivenza forzata determinata dal lockdown ha prodotto l’aumento del numero dei pasti consumati in famiglia. Inoltre, nel periodo di convivenza forzata la condivisione dei pasti si è associata alla scelta di verdure e legumi: circa il 95% dei bambini che ha consumato maggiormente questi alimenti, infatti, aveva effettuato entrambi i pasti principali nel nucleo familiare e nel 35% dei casi è risultato che ne mangiavano di più rispetto a quanto accadeva nel periodo pre-pandemico.

Fondamentali, affinché i bambini apprezzino maggiormente il cibo, i comportamenti dei genitori. Se mamma e papà disapprovano il rifiuto del figlio di fronte a un cibo che non gradisce, il livello di ripudio di cibi diventerà intermedio o addirittura alto; viceversa, preparare i cibi meno graditi con tecniche e piccoli accorgimenti di impiattamento fa sì che siano più apprezzati dai piccoli di casa e che i livelli di neofobia siano bassi (valore p <0,05).
Una delle cause del basso consumo di frutta e verdura nei bambini potrebbe essere la neofobia alimentare – commenta Umberto Scognamiglio ricercatore CREA Alimenti e Nutrizione che ha coordinato lo studio – definita come la riluttanza a mangiare cibi nuovi o sconosciuti: un comportamento molto comune tra i bambini con un ben definito esordio ed evoluzione. Il nostro studio dimostra come le strategie educative adottate dal genitore al momento del pasto possano influenzare in modo determinante le abitudini alimentari e il livello di neofobia del bambino”.