Giornata mondiale della biodiversità

Giornata della biodiversità, Italia tra Paesi Ue con più specie tutelate

Legambiente, per la Giornata mondiale della biodiversità ricorda che nel 2022 si celebrano i 30 anni della Direttiva Habitat che, insieme al programma finanziario Life della Commissione Europea, ha garantito la messa in atto della rete Natura 2000, la più importante infrastruttura europea a tutela della natura. Esempi emblematici arrivano proprio dall’Italia, culla di diversi casi di successo che si sono distinti per aver migliorato e ripristinato lo stato di conservazione di diverse tipologie di habitat, specie animali e vegetali presenti nei siti della rete Natura 2000, in particolare attraverso l’implementazione di soluzioni efficaci che hanno prodotto un beneficio diretto sullo stato degli habitat e delle specie target.

LE SPECIE TUTELATE DA LIFE NATURA

Tra le specie al centro dei principali Life italiani di successo ci sono: il Grillaio (Falco naumanni) del Mediterraneo al centro del progetto Life Falkon, anfibi e farfalle – come l’Ululone appenninico, la Salamandrina di Savi, il Tritone crestato italiano, la Falena dell’edera e il Bombice del prugnolo tra le specie target del Life WetFLYAmphibia -, le orchidee spontanee (non coltivate) di Life orchids, i fiori appenninici come Giaggiolo della Marsica o la Scarpetta di Venere del progetto Floranet, ma anche il camoscio appenninico al centro di Life cornata incoronato tra i ‘Best Life’ nel 2015 dalla Commissione europea. E poi il lupo del progetto Life wolfnet per arrivare alla tartaruga marina Caretta caretta, la più diffusa tartaruga del Mediterraneo protagonista di Life Tartanet e Tartalife. Alcune di queste specie sono state salvate dall’estinzione, come ad esempio il Grillaio, il camoscio appenninico, alcune orchidee spontanee, mentre altre hanno visto un miglioramento del loro stato di conservazione come ad esempio il lupo, anche se rimane ancora a rischio a causa dei conflitti con gli allevatori e il bracconaggio.

Nel suo report annuale sulla biodiversità Legambiente riferisce che dal 1992 ad oggi grazie al Programma Life sono stati cofinanziati in Europa oltre 5.000 progetti che hanno mobilitato 12 miliardi di euro di investimenti di cui 5,6 miliardi di euro stanziati dalla Commissione europea a titolo di cofinanziamento. L’Italia ha raggiunto un primato, sia in termini di cofinanziamenti ottenuti sia di progetti finanziati. Tra il 1992 e il 2020, sono stati infatti finanziati più di 970 progetti determinando un investimento complessivo di oltre 1,7 miliardi di euro, di cui circa 850 milioni di euro stanziati dalla Commissione europea a titolo di cofinanziamento. Nel report Legambiente indica anche una serie di azioni da mettere in campo per accelerare la tutela della biodiversità e colmare i ritardi costati all’Italia anche una procedura di infrazione, aperta lo scorso giugno dalla Commissione europea, perché la rete nazionale dei siti Natura 2000 non copre adeguatamente i vari tipi di habitat e le specie che necessitano di protezione. Tra le azioni urgenti: dare gambe alla Rete Natura 2000 per potersi dire veramente realizzata, prevedere una maggiore tutela per la biodiversità marina (al centro di un approfondimento nel report insieme alle foreste), incrementare al 2030 le aree protette e le zone di tutela integrale e promuovere la gestione integrata della costa e rafforzare la tutela degli ecosistemi marini.

CRISI CLIMATICA E PERDITA DI BIODIVERSITÀ SONO COLLEGATE

La crisi climatica e quella legata alla perdita di biodiversità – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – sono strettamente collegate, così come lo sono anche le soluzioni. Così come la Commissione europea promuove e incentiva l’adozione di soluzioni basate sulla natura – Nbs – nature based solutions – per dare attuazione alle priorità̀ politiche dell’Ue, in particolare il Green deal europeo, la Strategia per la biodiversità̀ al 2030 e la Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, anche la nostra Agenda politica deve essere orientata su questa strada. Per raggiungere i target strategici nazionali ed europei su clima e biodiversità, servono azioni più̀ incisive, integrate ed efficaci affrontando le varie sfide a livello globale attraverso le soluzioni basate sulla natura come raccomanda l’Unione europea”.

La Direttiva Habitat – spiega Antonio Nicoletti, responsabile aree protette Legambiente – ha resistito molto bene alla prova del tempo e le sue disposizioni rimangono rilevanti oggi come 30 anni fa, ma il vero e proprio successo sarà, in larga misura, determinato dal modo in cui la rete Natura 2000, istituita grazie alla Direttiva e pilastro importante per la tutela dell’ambiente a cui dobbiamo tanto, verrà gestita e da quanto riuscirà ad integrarsi nelle più ampie politiche europee di sviluppo. Per questo ricopre una grande importanza il progetto Life SeaNet, iniziato pochi mesi fa, il quale ha come obiettivo proprio quello di migliorare la governance dei siti Natura 2000 a mare. I prossimi 10 anni saranno quindi cruciali per la biodiversità in Europa. La nuova Strategia Ue per la biodiversità al 2030 fornisce una rinnovata volontà politica di garantire il ripristino della natura attraverso la piena attuazione delle direttive Habitat e Uccelli e di rendere la rete Natura 2000 più resiliente dal punto di vista ecologico, più connessa e più coerente. Una sfida importate e un obiettivo da raggiungere al più presto visto che stiamo parlando della rete europea di aree protette dall’alto valore ambientale e paesaggistico”.

LE NUOVE SPECIE DA TUTELARE

Legambiente infine si è impegnata in nuovi progetti di tutela di specie animali e vegetali. Ad esempio la tutela dei delfini con Life delfi, di alcune specie di elasmobranchi (squali e razze) con Life elife o della starna italica al centro del progetto Life perdix. E infine la trota mediterranea in 6 aree pilota del territorio italiano con Life Streams (Sardegna, Maiella, Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, Monti Sibillini, Pollino, Montemarcello-Magra-Vara) e alcune piante autoctone in via d’estinzione con Life Seedforce.

Ichnusa e Legambiente insieme per difendere la Sardegna

Oltre 10mila ettari distrutti, quasi 1.000 sfollati, danni a boschi e campagne e, negli occhi, ferite anche simboliche, come quelle dell’olivastro millenario di Cuglieri divorato dalle fiamme. Le immagini del rogo dell’oristanese sono solo l’ultimo episodio di un problema antico e particolarmente sentito in Sardegna: secondo una ricerca Doxa/Ichnusa, per 7 sardi su 10 incendi, alluvioni ed esondazioni sono le insidie maggiori alla conservazione dei tesori naturali della Sardegna. In risposta a questa forte sensibilità, arriva ‘Il Nostro Impegno’, iniziativa Ichnusa-Legambiente che si propone di dare il suo contributo per difendere e tutelare le bellezze naturali della Sardegna. E lo fa con un obiettivo ambizioso: riqualificare 6 aree dell’isola colpite da incendi e dissesto idrogeologico con la messa a dimora e la manutenzione di 10mila piante autoctone nei prossimi 3 anni.

Con questa operazione, il Birrificio Ichnusa di Assemini (Cagliari) porta per la prima volta in Sardegna Mosaico Verde, inserendo l’Isola nella mappa della più grande Campagna nazionale per la forestazione di aree urbane ed extraurbane e la tutela di boschi, ideata e promossa da AzzeroCO2 e Legambiente, che coinvolge aziende ed Enti pubblici con l’obiettivo di restituire valore al territorio e contrastare i cambiamenti climatici. ‘Il Nostro Impegno’ prevede il coinvolgimento dei Comuni locali, che cureranno, assieme al birrificio, la manutenzione a lungo termine delle aree riqualificate. I primi 2 territori interessati dal progetto verranno identificati entro l’estate. A novembre prenderà il via la prima operazione di messa a dimora delle piante.

SENSIBILIZZAZIONE

Ma l’obiettivo della campagna è più grande: sensibilizzare sull’importanza della riforestazione e del recupero di territori, a cominciare dai partner commerciali della Birra di Sardegna. Per questo, nei luoghi pubblici (bar, pub, ristoranti, trattorie, pizzerie dell’isola) verrà messa in commercio una bottiglia speciale di Ichnusa ‘Vuoto a buon rendere’ dedicata all’iniziativa, con etichette che presentano la campagna ‘Il Nostro Impegno’. Per dare ulteriore visibilità all’iniziativa, Ichnusa coinvolgerà i punti vendita della distribuzione sardi con materiali di comunicazione dedicati. E la campagna arriverà anche nella penisola per portare questo messaggio oltre la Sardegna.

CONDIVISIONE

È quindi la condivisione il tratto principale de ‘Il Nostro Impegno’ e del sostegno del birrificio Ichnusa a Mosaico Verde. Lo conferma Luca Pisano, direttore vendite di Ichnusa: “L’anno scorso, a pochi giorni dai roghi che hanno devastato la nostra Isola, abbiamo donato un mezzo antincendio alla Protezione Civile, nella scia di un impegno concreto per lo sviluppo e la difesa delle ricchezze naturali e culturali della nostra Isola che ci contraddistingue da sempre. Ma sentivamo di dover andare oltre l’emergenza. Abbiamo così deciso di portare Mosaico Verde in Sardegna”.

Ogni albero piantato – sottolineano Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, e Annalisa Colombu, presidente di Legambiente Sardegna – è un gesto di speranza e di amore per il Pianeta e per le nuove generazioni e un’azione concreta per contribuire alla lotta alla crisi climatica. Siamo molto contenti di poter partecipare insieme ad AzzeroCO2 al progetto ‘Il Nostro Impegno’ al fianco di Ichnusa, che prevede in Sardegna una importante azione di rinaturalizzazione e ripristino in territori segnati dagli incendi negli ultimi anni. Un modo concreto anche per aiutare la biodiversità. Non è la prima volta che Legambiente si attiva nelle situazioni più critiche in cui c’è bisogno del supporto di tutti per azioni utili per il rilancio non solo ambientale dei territori”.

Siamo onorati di essere partner tecnici al fianco di Ichnusa in questo importante progetto di forestazione – spiega Alessandro Martella, Direttore Commerciale di AzzeroCO2 -. Procederemo all’individuazione delle aree più idonee e realizzeremo gli interventi selezionando specie autoctone e resistenti per consentire la nascita di boschi permanenti che possano crescere e prosperare nel tempo. L’iniziativa rientra nel progetto europeo ‘LIFE Terra’ che vede Legambiente come unico partner italiano e del quale noi siamo sostenitori”.

Gli ambientalisti al Governo: più rinnovabili per uscire dalla crisi

Dieci proposte al Governo Draghi per uscire dalla dipendenza dal gas, a partire da quello russo. Le hanno stilate Greenpeace Italia, Legambiente e WWF, spiegando che “l’esplosione della drammatica guerra in Ucraina e la preoccupazione di molte persone per l’aumento delle bollette impone di accelerare la transizione energetica del nostro Paese”. Si tratta, precisano, di “interventi normativi e autorizzativi da mettere in campo da qui ai prossimi mesi e che permetterebbero di ridurre i consumi di gas di 36 miliardi di metri cubi all’anno entro fine 2026, sviluppando l’eolico offshore e a terra, il fotovoltaico sui tetti, anche nei centri storici, e sulle aree compromesse (discariche, cave, etc), il moderno agrovoltaico che garantisce l’integrazione delle produzioni agricole con quella energetica, la produzione del biometano (sviluppata in un chiaro contesto di riduzione del numero complessivo di capi allevati e senza sottrazione di terreno alla produzione di cibo), gli accumuli, i pompaggi e l’ammodernamento delle reti”.

In particolare le tre associazioni, chiedono in primis di autorizzare, entro marzo 2023, nuovi impianti a fonti rinnovabili per 90 GW di nuova potenza installata, pari alla metà dei 180 GW in attesa di autorizzazione, da realizzare entro fine 2026; aggiornare entro giugno 2022 il PNIEC, valutando l’obiettivo di produzione del 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2035; fissare subito un tetto ai profitti delle aziende che estraggono e trasportano gas fossile o petrolio; attivare entro giugno 2022 il dibattito pubblico sugli impianti a fonti rinnovabili al di sopra dei 10 MW di potenza installata; sviluppare la produzione di biometano da FORSU, scarti agricoli, reflui zootecnici e fanghi di depurazione. E poi di escludere entro aprile 2022 l’autorizzazione paesaggistica per il fotovoltaico integrato sui tetti degli edifici non vincolati dei centri storici; rivedere entro dicembre 2022 i bonus edilizi, cancellando gli incentivi per la sostituzione delle caldaie a gas. Infine è importante anticipare al 2023 l’eliminazione dell’uso delle caldaie a gas nei nuovi edifici; istituire entro giugno 2022 un fondo di garanzia per la costituzione delle comunità energetiche; attivare entro maggio 2022 una strategia per efficienza e innovazione nei cicli produttivi e sulla mobilità sostenibile.

Il problema evidente del salasso per famiglie e aziende è urgente da affrontare, ma le soluzioni adottate o prospettate dal Governo – spiegano Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia – sono anacronistiche e in controtendenza con l’urgente lotta alla crisi climatica: si va dall’aumento della produzione nazionale di gas fossile all’approvvigionamento di idrocarburi gassosi non provenienti dalla Russia, dalla possibile ripartenza di gruppi termoelettrici a carbone a quelli a olio combustibile, dal raddoppio di gasdotti operativi alla realizzazione di nuovi rigassificatori, fino ai nuovi finanziamenti alla ricerca del nucleare di quarta generazione”. “Il governo – aggiungono – per contenere gli aumenti in bolletta, ha pensato bene infine di tagliare gli extracosti relativi solo alla produzione di elettricità da fonti rinnovabili, senza interessare minimamente quelli vertiginosi delle aziende delle fonti fossili o in modo strutturale tutti gli oneri di sistema in bolletta. Il blackout nazionale del 2003 portò al varo in fretta e furia dell’infausto decreto sblocca centrali del governo Berlusconi che fece realizzare le centrali termoelettriche a gas che allora sostituirono quelle a carbone e olio; oggi la guerra in Ucraina dovrebbe portare l’Esecutivo Draghi a varare subito un ben più necessario e fausto decreto sblocca rinnovabili per sostituire gli impianti a gas con 90 GW di nuovi impianti a fonti rinnovabili da autorizzare entro 12 mesi e da realizzare nei prossimi 5 anni”.

Per le tre associazioni quelle prese fino ad oggi dall’esecutivo Draghi sono “decisioni che non entrano nel merito dell’unica soluzione efficace che ci può permettere di affrontare questo problema in modo strutturale e senza lasciare indietro nessuno: la riduzione dei consumi di gas. Un obiettivo che si può raggiungere intervenendo soprattutto sulle prime tre voci di consumo: domestico e terziario (33 miliardi di m3 nel 2021), la produzione di elettricità (26 miliardi di m3) e l’industria (14 miliardi di m3), su cui bisogna operare con un forte sviluppo delle fonti rinnovabili, concrete politiche di risparmio energetico ed efficienza energetica in edilizia, l’innovazione tecnologica nelle imprese”.
Pensare di riattivare gruppi termoelettrici a carbone o a olio combustibile è un’opzione irrilevante: se pure ripartissero 1.000 MW di potenza installata, aggiuntivi a quelli già in attività, con questi due combustibili fossili, ad esempio per 5mila ore all’anno, si potrebbero produrre 5 TWh all’anno che nei fatti permetterebbero di risparmiare solo 1 miliardo di m3 di gas fossile all’anno. Praticamente nulla al confronto del contributo strutturale e rispettoso degli obiettivi climatici e di lotta all’inquinamento atmosferico che garantirebbe lo sviluppo strutturale e convinto delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica, del sistema di pompaggi e accumuli e della rete di trasmissione e distribuzione”, concludono le associazioni.