Meloni: “Su energia da Ue risposta insoddisfacente e inattuabile”

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni  interviene alla Camera in vista del Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre e sottolinea come l’Italia sia “da mesi  in prima fila per un tetto dinamico dei prezzi. La posta in gioco per il Paese è alta perché si definisce la possibilità di difendersi senza prevaricazioni dei singoli a discapito di chi ha scarsa possibilità di spesa e che, dunque, potrebbe essere lasciato indietro”. E non usa mezzi termini per definire la proposta della Commissione europea sul price cap: “Insoddisfacente perché inattuabile”.
Nel discorso alla Camera, la presidente del Consiglio affronta il tema dell’elettrodotto Terna-Steg. “La nostra nazione è cerniera e ponte energetico naturale tra il Mediterraneo e l’Europa – ribadisce – in virtù della sua posizione geografica. L’obiettivo strategico che questo governo vuole realizzare è far diventare l’Italia uno snodo energetico che colleghi, tramite gasdotti – che in prospettiva dovranno traportare idrogeno verde -, ed elettrodotti la sponda Sud del Mediterraneo al resto d’Europa”. Giorgia Meloni fa riferimento al recente via libera della Commissione europea allo stanziamento di 307 milioni di euro per co-finanziare la nuova interconnessione elettrica tra Italia e Tunisia: “Un’opera che sarà realizzata da Terna e dalla società tunisina Steg e costituirà un nuovo corridoio energetico tra Africa ed Europa, favorendo la sicurezza di approvvigionamento energetico e l’incremento di produzione di energia da fonti rinnovabili”. Un’azione che Giorgia Meloni definisce “un Piano Mattei per l’Africa, un modello virtuoso e di crescita tra l’Unione europea e i paesi africani”. Un Piano “che non sia predatorio ma collaborativo e che garantisca crescita, dignità e lavoro. E che garantisca il diritto a non dover emigrare”.

La premier ricorda inoltre l’impegno assunto nei confronti della Lukoil: “Questo governo ha approvato un decreto per la raffineria di Priolo, che è stata messa nella condizione di lavorare anche dopo il 15 settembre. Abbiamo difeso i livelli occupazionali, mettendo in sicurezza 10 mila lavoratori e abbiamo tutelato un nodo energetico”. Un doppio passaggio importante, sottolinea la premier, in quanto “non dobbiamo scaricare sui cittadini i costi delle sanzioni alla Russia”.


Rispetto al tema delle sanzioni, la premier sottolinea che “abbiamo ripreso i colloqui per il nono pacchetto di sanzioni europee alla Russia. Siamo impegnati con sanzioni dolorose ma efficaci”. E, aggiunge: “Abbiamo approcciato alla discussione con spirito aperto, i costi imposti alla Russia devono essere superiori a quelli europei”.
Nell’affrontare la questione, Giorgia Meloni ribadisce il pieno appoggio dell’Italia a Kiev. “Non abbiamo cambiato idea – afferma – perché le nostre convinzioni non mutano a seconda del fatto che siamo al Governo o all’opposizione. L’Europa è unita contro il conflitto russo, sosteniamo il cammino europeo dell’Ucraina e ribadiamo che il conflitto riguarda tutti”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ribadisce con forza l’appoggio italiano ed europeo all’Ucraina parlando alla Camera in vista del Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre. Un appoggio che non è “facile propaganda” ma “concreto, anche sul piano militare; l’Italia deve continuare a fare la propria parte, con le azioni inaccettabili russe contro le infrastrutture ucraine, lo spazio di manovra per un cessate il fuoco appare assai limitato. Il Consiglio Europeo ci ha chiamati alla ricostruzione dell’Ucraina: sono stati destinati 349 miliardi di euro, temo ne serviranno molti di più. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, sarà necessario un coordinamento inteso, internazionale, europeo ma, come ribadito ieri nel corso del G7, che coinvolgerà anche gli Stati terzi e settore privato”.

Giorgia Meloni ricorda che “non consentiremo che Putin utilizzi la carenza di cibo come arma” e sottolinea l’impegno umanitario dell’Italia che, ad oggi, ha consegnato 66 tonnellate di beni: “Siamo fieri della solidarietà italiana all’Ucraina. Molti Paesi hanno dimostrato un grande spirito di fratellanza, primo tra tutti la Polonia; anche l’Italia però ha contribuito a questo sforzo”.
Nel discorso della premier trova spazio anche la questione del Mediterraneo, divenuta per la prima volta “centrale” e inserita in un documento della Commissione europea “grazie alla posizione dell’Italia, nel rispetto della legalità internazionale e nella consapevolezza che ci sia la necessità di affrontare il fenomeno delle migrazioni in maniera strutturale, passando dalla ridistribuzione dei migranti alla difesa dei confini. Per raggiungere questo obiettivo, occorre un quadro di collaborazione basato su flussi legali, fermando le partenze e lavorando sulla gestione europea dei rimpatri”. La Meloni ricorda i “44 mila arrivi” che sta sostenendo l’Italia, che ha “l’onere maggiore della protezione delle frontiere europee dal traffico di esseri umani”. Chiede con fermezza di non fingere “che vada tutto bene, anche perché quando si leggono notizie di scafisti che buttano persone in mare mi convinco una volta di più che tutto questo non ha nulla a che fare con il concetto di solidarietà” .
Giorgia Meloni conclude il proprio intervento definendo l’Italia fondatrice di “un processo di integrazione, colonna indispensabile per la crescita economica dell’intera Europa. Questa è l’Italia che vogliamo rappresentare”. 

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Mare, effetto inquinamento: i ‘taxi’ di plastica per le specie aliene

Una delle conseguenze dell’inquinamento da plastica meno conosciute tra il grande pubblico, ma più temuta dagli scienziati è quella del trasporto di specie aliene o di patogeni. Cosa significa e perché avviene? La plastica è un materiale particolarmente resistente: è questa una delle sue caratteristiche positive che ne hanno favorito la diffusione, ma anche una di quelle che rendono particolarmente grave questo tipo di inquinamento. Ogni oggetto, ogni pur piccolissimo frammento resiste secoli, soprattutto in assenza di temperature sufficientemente calde, di luce e di ossigeno: condizioni che in acqua tendono a diminuire o scomparire del tutto con l’aumentare della profondità o della latitudine.

La plastica, qualunque tipo di polimero, rappresenta quindi un supporto perfetto, una superficie su cui insediarsi con grandi vantaggi soprattutto per quegli organismi che non si spostano per moto proprio ma ‘attaccandosi’ a qualche altro organismo o che vivono su diversi substrati geologici. Pensiamo a un’alga, a un corallo o a una spugna, ma anche – solo per fare un esempio – a organismi come i policheti, vermi che costruiscono la propria ‘casetta’ tubolare calcarea: per questi organismi il rifiuto di plastica rappresenta una opportunità immediata e vantaggiosa (apparentemente) per avere una base solida e durature ma anche per intraprendere grandi viaggi.

È vero che in mare, e in particolare sulla sua superficie, c’è molto materiale biologico che offre il supporto ‘naturale’ su cui normalmente poggiano: da grandi alghe ai tronchi d’albero o rami, ai gusci dei molluschi. Ma questo materiale è meno abbondante e meno diffuso nell’intero spazio marino. E spesso è meno facile ‘attaccarsi’ a queste superfici che, soprattutto quelle vegetali, hanno una vita più breve, molto più breve. Alcune specie non sono mai state trovate su materiali biologici flottanti, ma sulle plastiche sì.

Qualunque oggetto in acqua (anche in acqua dolce) viene rapidamente ricoperto da una pellicola biologica: chiunque di noi ha certamente memoria di quella sensazione di viscido che sentiamo quando prendiamo in mano un oggetto rimasto in acqua (anche dolce) per molto tempo, ebbene quella è la pellicola biologica composta prima da particelle organiche (che colonizzano in pochi minuti), poi da microrganismi (in poche ore) e poi da organismi via via più grandi, arrivando alle conchiglie (le cozze ad esempio), spugne, vermi, le grandi alghe ecc… dopo qualche anno. Il risultato finale è quello che, ad esempio, osserviamo sui pali dei pontili nei porti o anche sulle imbarcazioni se la parte che si immerge non viene ripulita spesso e con attenzione.

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La stessa cosa avviene con gli oggetti di plastica, qualunque sia la loro dimensione. Ovviamente, questo comporta un facilissimo, per quanto lento, spostamento nel mare (che ricopre quasi il 71% della superficie terrestre) delle specie che si insediano sulla plastica. È noto che le specie aliene, ovvero specie non esistenti in un certo ambiente e che arrivano all’improvviso, si spostano nel mare globale soprattutto grazie alla navigazione. In particolare, le acque di sentina che le grandi navi imbarcano come zavorra in una certa zona del mondo e vengono poi rilasciate a migliaia di chilometri di distanza contengono quasi sempre specie che sono entrate senza saperlo a bordo della nave. Questi spostamenti rapidi producono shock nell’ambiente ricevente (le specie che arrivano possono essere più voraci o più aggressive di quelle presenti e soppiantarle, oppure possono semplicemente essere più adatte al nuovo ambiente dati i cambiamenti climatici in corso). Gli spostamenti in natura avvengono regolarmente ma con tempi lunghissimi e quindi quelli indotti dalle attività umane rappresentano un rischio.

Lo spostamento che avviene sui supporti di plastica presenti in mare, però, presenta un fattore che favorisce l’insediamento delle specie aliene nel nuovo ambiente: la lentezza rispetto al trasporto favorito dalle navi. Ovvero: se una specie trasportata da una nave in pochi giorni, al massimo pochissime settimane, può subire essa stessa uno shock (termico, ad esempio), lo spostamento della plastica avviene con tempistiche più lunghe: al massimo decine di metri al giorno e gli organismi hanno così la possibilità di adattarsi con tempi maggiori al mutare delle condizioni fisiche dell’acqua.

Un capitolo a parte lo meritano i microrganismi patogeni: diversi studi si stanno concentrando su questo aspetto che – per le ragioni appena raccontate nella facilità e ‘comodità’ del trasporto su plastica – potrebbe rappresentare un rischio particolarmente grande per interi ecosistemi.

Il Mar Mediterraneo, straordinariamente ricco di biodiversità e prezioso per la cultura e l’economia dei molti, popolosi Paesi che lo circondano, è un grande ricettore di specie: per questo gli scienziati, nelle diverse discipline toccate da questa tematica, sono particolarmente attenti alle dinamiche in corso.

 

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Med16, il nuovo modello per stimare evoluzione livello Mar Mediterraneo

Si chiama MED16 ed è un modello matematico in grado di riprodurre nel modo più fedele possibile l’evoluzione del livello del Mar Mediterraneo, dal passato al futuro. È stato messo a punto dai ricercatori di Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. “Le proiezioni medie di innalzamento del livello del mare sulla Terra non sono abbastanza accurate per i bacini marginali, come il Mediterraneo, che richiedono lo sviluppo di modelli specifici. Ecco, il nostro studio finalmente colma questo gap scientifico”, spiega Gianmaria Sannino, responsabile del laboratorio Enea di Modellistica climatica e Impatti e autore del nuovo studio ‘Modelling present and future climate in the Mediterranean Sea: a focus on sea-level change’. Per la prima volta, quindi, “avremo a disposizione un database affidabile per seguire l’innalzamento del nostro mare che, a partire dal 1980, è andato riscaldandosi più velocemente dell’oceano globale e dove, quindi, gli effetti dei cambiamenti climatici saranno amplificati, con grave rischio per le comunità costiere”, aggiunge Sannino.

Il livello del Mar Mediterraneo varia da sito a sito ed è il risultato dei movimenti tettonici locali, di una complessa dinamica delle masse d’acqua anche su piccola scala e degli scambi con l’Oceano Atlantico attraverso lo Stretto di Gibilterra. Anche la connessione col Mar Nero, punto di raccolta delle acque di molti tra i maggiori fiumi europei, influenza le caratteristiche del bacino, correlandole al ciclo idrologico di una vasta porzione dell’Europa continentale. Il nuovo modello climatico Enea ha un dettaglio spaziale mai raggiunto prima. “Gli attuali modelli globali rappresentano il Mediterraneo come un lago, isolato dall’Atlantico, e per questo non sono sufficienti a fornire stime realistiche sulle sue variazioni di livello. Ora invece, grazie a MED16, riusciamo a coprire l’intero sistema ‘Mediterraneo-Mar Nero’, e una piccola parte dell’Oceano Atlantico ad ovest dello Stretto di Gibilterra, con una risoluzione spaziale uniforme di 1/16°, che corrisponde a circa 7 km”, sottolinea Sannino, che aggiunge: “Inoltre abbiamo aumentato notevolmente il dettaglio in corrispondenza degli stretti, per rappresentare in modo affidabile la dinamica locale degli scambi d’acqua; parliamo, quindi, di circa 200 metri per lo Stretto di Gibilterra e di 550 metri per i Dardanelli e il Bosforo”.

Il cambiamento climatico di origine antropica ha contribuito ad aumentare il livello medio dei nostri mari di oltre 25 centimetri negli ultimi 130 anni. Ma cosa accadrà nei prossimi anni al Mediterraneo? “Il futuro non ci riserva buone notizie. Se non riusciremo a invertire l’attuale crescita della temperatura globale, a fine secolo, tra 80 anni, il livello del mare sarà più alto di circa 60 centimetri rispetto ad oggi. Si tratta di valori da non sottovalutare. Pochi centimetri di innalzamento determinano l’allagamento di parecchi chilometri quadrati delle nostre coste”, spiega Sannino.

Negli ultimi decenni l’innalzamento del mare non è stato omogeneo nel Mediterraneo: dai dati del periodo 1993–2017, l’aumento osservato varia da un minimo di 1,95 mm/anno nello Ionio a un massimo di 3,73 mm/anno nell’Egeo. Il Mediterraneo occidentale mostra un trend più regolare, indotto prevalentemente dal segnale proveniente dall’Atlantico. Il bacino orientale mostra un comportamento più complesso, con una marcata variabilità interna. “Con il modello MED16 abbiamo simulato l’evoluzione passata della circolazione del Mediterraneo e quella futura fino al 2100. Il confronto con i dati osservati ha confermato la capacità del nostro nuovo modello di riprodurre correttamente le caratteristiche del bacino. Queste simulazioni costituiscono la base di riferimento per le proiezioni future non solo per il lungo arco temporale che coprono e per l’alta risoluzione spaziale, ma anche perché tengono conto esplicitamente delle maree e delle loro interazioni con la circolazione”, conclude Sannino.

Secondo la proiezione Enea al 2100, considerando lo scenario più pessimistico dell’Ipcc (elevata emissione ed elevato valore della forzante radiativa, paria a 8.5 W/m2), la temperatura del Mar Mediterraneo continuerà a crescere, mentre diminuirà la salinità superficiale nella parte occidentale del bacino, interessata dalla corrente atlantica. Oltre all’innalzamento del livello, il riscaldamento delle acque marine provocherà l’inibizione parziale della formazione delle acque profonde che, trasportando ossigeno verso gli strati profondi, permette al mare di ‘respirare’, creando le condizioni per la sopravvivenza degli habitat naturali.