
Ex Ilva, firmato l’accordo sulla piena decarbonizzazione. Urso esulta, i sindacati no
Alla fine accordo fu. Per l’ex Ilva, dopo una riunione fiume durata quasi otto ore, tutte le amministrazioni, più le aziende coinvolte, anche quelle dell’indotto, firmano l’accordo per la decarbonizzazione degli impianti. C’è il sigillo anche del Comune di Taranto, dopo il braccio di ferro degli ultimi giorni, a sancire un nuovo percorso per quello che era il colosso italiano ed europeo della siderurgia.
Entrando nel dettaglio, l’intesa prevede che, nell’ambito della nuova procedura di vendita degli asset, il futuro acquirente “presenti nel rispetto dei tempi che saranno indicati in fase di aggiudicazione”, tutte le richieste “sul versante ambientale e sanitario” per la progressiva e completa decarbonizzazione dello stabilimento “attraverso la realizzazione di forni elettrici in sostituzione degli altoforni che saranno gradualmente dismessi in un tempo certo”.
Non c’è ancora la parola finale sul polo del preridotto a Taranto. La decisione viene, infatti, rinviata a dopo il 15 settembre, data in cui scadrà il termine per la presentazione delle offerte vincolanti. Saranno esaminate e valutate le possibilità di localizzazione degli impianti Dri “utili per l’approvvigionamento dei forni elettrici presso lo stabilimento ex Ilva di Taranto, a partire dall’impianto già previsto con il Fsc (ex Pnrr), qualora sia possibile assicurare il necessario approvvigionamento energetico”. In questo documento, invece. non viene fatto accenno alla nave rigassificatrice per alimentare le macchine.
Le altre novità del testo riguardano l’esame di “nuove prospettive per la reindustrializzazione delle aree libere, tenendo presente il principio della valorizzazione dell’indotto”. Inoltre, l’incremento del Fondo sanitario regionale, il potenziamento delle attività di ricerca e studio attraverso ‘l’istituto di ricerche mediterraneo per lo sviluppo sostenibile’ e il potenziamento delle infrastrutture, anche portuali. Sul fronte occupazionale, invece, nella fase di transizione degli stabilimenti saranno valutate “misure di politica attiva e passiva del lavoro”. Ovviamente, alla fine del lungo elenco c’è l’impegno delle parti a sottoscrivere l’Accordo di programma interistituzionale.
Esulta il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso: “È prevalso il senso di responsabilità e interesse comune: finalmente esiste una vera Squadra Italia unita e coesa, lo abbiamo dimostrato. È una svolta importante, che potrà finalmente incoraggiare gli investitori a presentare i propri piani industriali, puntando sulla riconversione green del settore”.
Sorride anche Piero Bitetti: “Abbiamo sottoscritto un documento, non un accordo di programma, che recepisce le nostre richieste”, verga in una nota il sindaco di Taranto. Che rivendica: “In nessun passaggio si fa cenno all’ipotesi di approvvigionamento tramite nave gasiera” ma “si fa riferimento invece alla tutela occupazionale quale principio inderogabile”. Che si arrivasse a questo punto era tutt’altro che scontato alla vigilia della riunione al Mimit. Lo dimostrano le parole scelte dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, per celebrare la firma: “E’ un giorno che resterà nella storia della Puglia e dell’Italia intera. Si dà il via alla piena decarbonizzazione degli impianti dell’ex Ilva di Taranto. Abbiamo scritto una pagina nuova, attesa da dieci anni, costruita con tenacia, sacrificio e visione”.
Soddisfazione la esprime anche il numero uno degli industriali, Emanuele Orsini: “Si è deciso di non chiudere l’Ilva”, che “è un asset strategico per il Paese”. Il presidente di Confindustria apprezza l’accordo e auspica che “venga rispettato e portato a termine, mantenendo saldi alcuni paletti. In primis si deve arrivare alla decarbonizzazione”, poi “che ci siano investitori del settore capaci di un rilancio vero e competitivo, sia a livello nazionale che internazionale” e che “ci sia il giusto e fondamentale rilievo per gli impianti Dri per l’alimentazione dei nuovi forni elettrici”.
A Roma si presentano anche i sindacati, nonostante la possibilità di organizzare il tavolo da remoto. Ma alla fine l’accordo non convince le sigle. “L’intesa non garantisce i 18mila lavoratori”, tuona il segretario generale della Fiom, Michele De Palma. “Abbiamo detto al ministro e alle forze istituzionali presenti che l’accordo, per noi, ha due gambe: una riguarda la decarbonizzazione e l’altra la garanzia occupazionale, ma nel testo non l’abbiamo letta, in termini concreti”. Ecco perché annuncia che a settembre chiederà al governo, nell’incontro “che dovremo fare a settembre, a Palazzo Chigi, una assunzione di responsabilità piena, che passa anche dalla partecipazione pubblica”. Sulla stessa lunghezza d’onda è la Uilm: “Il testo condiviso tra Mimit ed enti locali pugliesi è un documento privo di tutele e certezze sotto ogni punto di vista per i lavoratori e le comunità interessate”, commenta il segretario generale, Rocco Palombella.
Indirettamente è Urso a rispondere alle critiche. “Attraverso il tavolo Taranto, svilupperemo in parallelo gli altri investimenti che potranno collocarsi negli spazi lasciati liberi dagli impianti siderurgici e nelle aree contigue affinché nessuno resti fuori. Tutti possono avere giustamente una occupazione – conclude il responsabile del Mimit -, sia coloro che già lavorano negli impianti siderurgici, sia coloro che lavorano nella filiera dell’indotto, sia altri che giustamente reclamano di poter avere la propria sfida occupazionale”. Se la partita non è ancora chiusa, dunque, forse stavolta il risultato è davvero indirizzato.