Ricarica colonnina

Con la startup Reefilla arriva la ricarica delivery

Secondo un sondaggio realizzato da Deloitte a inizio anno, quasi sette italiani su dieci, oggi, accarezzano l’idea di acquistare un’auto elettrica, spinti da una crescente coscienza ecologica e dalla curiosità verso le nuove tecnologie green. Molti, tuttavia, finiscono ancora per desistere non solo a causa del costo dei mezzi, ma anche della difficoltà nel reperire colonnine di ricarica nel momento del bisogno. Un problema, questo, a cui si propone di dare soluzione la startup torinese Reefilla, con il suo inedito servizio di ricarica mobile predittiva in arrivo nei prossimi mesi. “Il nostro scopo primario è dare tranquillità all’utente, offrendogli una soluzione tempestiva e a domicilio”, sostiene Marco Bevilacqua, fondatore della realtà insieme a Pietro Balda e Gabriele Bergoglio. Il progetto rappresenta un’alternativa al tempo stesso flessibile e complementare alle colonnine di ricarica tradizionali e rientra nel settore della cosiddetta charge delivery, un ambito in cui nell’ultimo anno si sono affacciate già alcune prime realtà, come ad esempio E-Gap, presente nelle principali città italiane ed europee.

Trovare una stazione a cui collegare il mezzo, spostarlo una volta terminata la sessione e programmare gli spostamenti in modo da non esaurire la batteria sono tutti fattori di stress per l’automobilista”, spiega Bevilacqua. La soluzione trovata da Reefilla è l’accumulatore Fillee, in grado di garantire un’autonomia media di 120 chilometri in appena 30 minuti di ricarica. Per usufruirne direttamente sotto casa è sufficiente registrarsi alla piattaforma digitale dell’azienda, che è connessa con l’auto e ne rileva la posizione, prevedendone il fabbisogno energetico. Una volta loggato, l’utente non solo è in grado di richiedere una ricarica ‘on demand’, ma viene anche avvisato in anticipo sull’eventuale opportunità di ricevere una ricarica senza dover fare null’altro. “Abbiamo sviluppato un’organizzazione logistica su misura, che ci consente di raggiungere qualsiasi punto della città, anche nelle situazioni di parcheggio più complesse”, aggiunge Bevilacqua.

Reefilla, inoltre, si propone come una valida soluzione per chi ha difficoltà di tipo pratico in fase di ricarica. Le tradizionali colonnine prevedono, infatti, l’utilizzo di cavi voluminosi e una familiarità al digitale che non tutti possiedono. La startup, al contrario, adotta una filosofia molto simile a quella del mercato delivery, in cui all’utente viene riservata solo la fruizione del prodotto finale (in questo caso del mezzo) già pronto all’uso. “Si tratta di un’ottima possibilità anche per chi ha problemi di mobilità ridotta – prosegue Bevilacqua – in questo senso Reefilla ha anche una valenza sociale”.

Dal punto di vista tecnico, la ricarica mobile Reefilla sfrutta connettività e tecnologie già presenti a bordo di qualsiasi veicolo elettrico e non necessita di dispositivi aggiuntivi. Un fattore che non è sfuggito alle numerose società che si occupano del noleggio a breve e medio termine, che vedono già nei servizi proposti dalla startup un ulteriore optional da offrire ai propri clienti. “Il mondo business ha mostrato interesse per il progetto. Gran parte dei veicoli elettrici sul territorio italiano è a noleggio e la possibilità di effettuare la ricarica mobile può diventare un ulteriore fattore attrattivo per gli utenti, che insieme al canone per utilizzare l’auto pagheranno anche per delle cariche periodiche”.

L’azienda è pronta a lanciare il proprio servizio pilot a Milano il prossimo autunno. “Stiamo ottimizzando l’app in modo da renderla più user friendly possibile”, spiega Bevilacqua. “È proprio la dimensione urbana il nostro ambito di riferimento per il servizio di ricarica mobile. Anche per una questione logistica, funzioniamo meglio nelle città, proprio come avviene per i monopattini elettrici”. Città sì, ma non solo italiane. Dopo Milano, Reefilla è pronta a proporre il sevizio di ricarica mobile anche a Roma e Torino – dove vengono realizzati tutti i componenti utilizzati dall’azienda -, per poi guardare a metropoli europee come Berlino e Parigi.

(Photo credits: Instagram @reefilla)

malpensa

Gli aeroporti Malpensa-Linate accelerano sulla sostenibilità

La strada verso una mobilità più sostenibile passa anche attraverso gli aeroporti. Collaborare allo sviluppo di una gestione più efficiente e sostenibile delle operazioni aeroportuali negli scali milanesi è l’obiettivo della lettera di intenti firmata pochi giorni fa da Sea (Società Esercizi Aeroportuali) ed easyJet, che prosegue sulla rotta tracciata per la decarbonizzazione del settore. Un accordo che nasce anche dalla convinzione comune che raggiungere l’obiettivo di un volo a zero emissioni entro il 2050 richieda “lo sforzo congiunto di tutta la filiera, dalle compagnie aeree ai gestori aeroportuali“. Il patto tra easyJet (compagnia numero uno negli aeroporti milanesi) e Sea (gruppo che gestisce i sistemi di Milano Malpensa e Linate), definisce le aree su cui le due società lavoreranno insieme, ovvero l’uso di Saf (Sustainable aviation fuel), i requisiti infrastrutturali collegati alla propulsione a idrogeno, il miglioramento nella gestione e nel riciclo dei rifiuti, oltre all’utilizzo a terra di mezzi a zero emissioni.

L’accordo, peraltro, giunge nel momento più opportuno, dato che con il piano ReFuelEU Aviation inserito nel pacchetto sul ‘Fit for 55’, la Commissione Ue intende aumentare almeno all’85% la quota di combustibili sostenibili entro il 2050, includere idrogeno ed elettricità nei mix di biocarburanti e dar vita a un fondo per l’aviazione sostenibile così da incoraggiare gli investimenti in tecnologie a zero emissioni.

Spinti dal desiderio di imprimere un vero cambiamento nel settore dell’aviazione, non vediamo l’ora di iniziare a lavorare insieme a progetti innovativi in grado di rendere gli aeroporti di Malpensa e Linate ancora più efficienti e sostenibili“, annuncia Lorenzo Lagorio, country manager di easyJet Italia, secondo cui “la decarbonizzazione dell’aviazione rappresenta uno sforzo trasversale all’intero settore che tutte le parti coinvolte devono intraprendere in maniera congiunta“.

L’accordo tra Sea e la compagnia aerea prevede inoltre la creazione di un gruppo di lavoro che si incontrerà regolarmente e monitorerà il progresso delle singole iniziative sviluppate nell’ambito di questa collaborazione. Il progetto è ambizioso, soprattutto in relazione agli obiettivi Ue entro metà secolo. “Siamo consapevoli che se si vuole centrare l’obiettivo di un trasporto aereo a emissioni zero entro il 2050, occorre accelerare le iniziative e moltiplicare le collaborazioni – chiarisce Armando Brunini, amministratore delegato di Seae questo accordo con easyJet, prima compagnia aerea per voli e passeggeri a Malpensa, permetterà di fare un salto di qualità su vari fronti impattanti la sostenibilità ed in particolare sulla progressiva introduzione di carburanti sostenibili.

La decarbonizzazione dell’industria aeronautica è uno degli obiettivi dell’Agenda Onu e aderendo alla campagna ‘Race to Zero’, easyJet ha confermato il proprio impegno di voler raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050. La compagnia ha inoltre recentemente annunciato un target intermedio di riduzione delle emissioni di CO2 del 35% rispetto all’anno fiscale 2020, da raggiungere entro il 2035. La compagnia sta collaborando con partner del settore, tra cui Airbus, Rolls-Royce, GKN Aerospace, Cranfield Aerospace Solutions e Wright Electric, per accelerare lo sviluppo di tecnologie a zero emissioni di anidride carbonica e delle relative infrastrutture necessarie. Nel breve termine, easyJet si sta concentrando anche sull’efficienza, facendo volare i propri mezzi al pieno della loro capienza e integrando la flotta con aerei sempre più innovativi. Tra questi gli aeromobili Airbus NEO che vantano un’efficienza di carburante superiore di almeno il 15% rispetto agli aerei da sostituire e riducono il rumore del 50%. Dal 2000 easyJet sarebbe riuscita a ridurre di un terzo le proprie emissioni di anidride carbonica per passeggero al chilometro.

attivisti

Gli attivisti di Ultima Generazione bloccano tangenziale a Milano

Questa mattina alle 8 quattro attivisti di Ultima Generazione hanno bloccato la tangenziale A51, nei pressi di Cascina Gobba a Milano. “Un’azione di disobbedienza civile non violenta – spiegano – volta ad attirare l’attenzione dei cittadini sull’emergenza climatica in atto e a chiedere al Governo locale e nazionale un intervento, prima che sia troppo tardi“.

La manifestazione rientra in un’iniziativa congiunta organizzata da Ultima Generazione in tre città: Padova, Milano e Massa. Tre realtà alle prese con i diversi effetti del cambiamento climatico, “nelle quali – spiegano gli attivisti – i cittadini preoccupati per il proprio futuro hanno deciso di scendere e sedersi in strada“, come prevede il modus operandi di Ultima Generazione, campagna italiana di disobbedienza civile nata nel 2021 all’interno del movimento Extinction Rebellion e ora indipendente.

Ho partecipato all’azione perché le brutte notizie non si vogliono mai affrontare. Se si sentono le parole ‘crisi climatica’, ‘emergenza climatica’, abbiamo nel migliore dei casi solo altri 80 anni, le persone entrano in uno stato di negazione o, peggio, di procrastinazione“, dice Ilaria, che ha preso parte alla manifestazione di questa mattina a Milano.

attivistiLe azioni di Ultima Generazione, anche in supporto ad altri movimenti come Extinction Rebellion e dei comitati locali a difesa delle Alpi Apuane, “continueranno finché il governo Draghi non prenderà in considerazione” le loro richieste. In particolare, chiedono di “interrompere immediatamente la riapertura delle centrali a carbone dismesse e di cancellare il progetto di nuove trivellazioni per la ricerca ed estrazione di gas naturale“, di “procedere a un incremento di energia solare ed eolica di almeno 20GW nell’anno corrente“, e di “creare migliaia di nuovi posti di lavoro nell’energia rinnovabile aiutando gli operai dell’industria fossile a trovare impiego in mansioni più sostenibili“.

La Bicocca scopre l’enzima che elimina il monossido di carbonio

Il monossido di carbonio (CO) è conosciuto dai più come responsabile delle morti accidentali per il cattivo sistema di combustione degli impianti di riscaldamento all’interno delle abitazioni. Infatti si tratta di un gas tossico, incolore, inodore, insapore e non irritante che, senza ventilazione adeguata, può raggiungere concentrazioni elevate. Si produce per combustione incompleta di qualsiasi materiale organico, in presenza di scarso contenuto di ossigeno nell’ambiente. Per le sue caratteristiche può essere inalato in modo subdolo ed impercettibile, fino a raggiungere nell’organismo concentrazioni letali. Il CO presente nell’aria degli ambienti ristretti proviene principalmente dal fumo di tabacco e da fonti di combustione non dotate di idonea aspirazione (radiatori portatili a kerosene e a gas, caldaie, scaldabagni, caminetti e stufe a legna o a gas). Ma più in generale rappresenta un problema per l’ambiente se è molto concentrato nell’atmosfera.

LA SCIENZA AL LAVORO PER RIDURRE IL PROBLEMA DELL’EFFETTO SERRA

Ma ora la scienza sembra venire incontro al problema per garantire al pianeta, già fortemente malato a causa dell’inquinamento, una soluzione per evitare peggioramenti climatici. L’Università Bicocca di Milano ha scoperto infatti il meccanismo che consente agli enzimi presenti nel suolo in alcuni batteri di eliminare il monossido di carbonio (CO) dall’atmosfera. Lo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, insieme ai colleghi dell’Università della Calabria e dell’Università di Lund, in Svezia, ha permesso di comprendere nel dettaglio in che modo questi enzimi trasformino il CO in biossido di carbonio (CO2). “Un risultato – spiegano dall’Università – che apre nuove prospettive per quanto riguarda la mitigazione delle emissioni di monossido di carbonio, con effetti benefici sia sulla qualità dell’aria che sul clima dato che questo gas, altamente tossico, contribuisce ad aumentare l’effetto serra“.

Negli ultimi 20 anni, spiegano dall’ateneo, diversi studi sperimentali e teorici sono stati dedicati alla comprensione del processo di ossidazione del CO da parte di un particolare enzima contenente molibdeno e rame, chiamato ‘MoCu CO deidrogenasi’, ma ora il gruppo di ricercatori capitanato dal professor Claudio Greco, vicedirettore del Dipartimento di Scienze dell’ambiente e della Terra è riuscito a riprodurre per la prima volta un meccanismo di reazione che concorda con i dati sperimentali riportati ad oggi. In particolare, è stato spiegato in che modo l’enzima ‘MoCu CO deidrogenasi’ trasferisce dall’acqua un atomo di ossigeno trasformando il monossido in biossido di carbonio. Una persona adesso potrebbe chiedersi: ebbene, che beneficio abbiamo se un enzima trasforma il CO in CO2, ugualmente dannosa? Ecco, nessun pericolo. La CO2 prodotta, spiegano gli studiosi, viene utilizzata dagli stessi batteri e, quindi, non viene rilasciata nell’atmosfera.

monossido

LA SCOPERTA POTRÀ AIUTARE A RIDURRE LE EMISSIONI INDUSTRIALI

L’atmosfera contiene, in piccole proporzioni, vari gas dovuti sia a fonti naturali che a emissioni antropiche, come ad esempio proprio il CO – spiega il professor Greco –. Gli enzimi in grado di trasformare CO in CO2 sono presenti in diversi microrganismi del suolo e riescono a ‘consumare’ circa il 15% del monossido di carbonio dell’atmosfera. La scoperta di dettagli fondamentali del funzionamento di questi enzimi segna il passaggio verso la possibilità di progettare composti che funzionano nello stesso modo e che potrebbero essere impiegati sia in sensori di nuova generazione per la rilevazione del CO sia per la riduzione delle emissioni di questo gas in processi industriali“, conclude.

comunità energetiche

Da Basiglio a Bufi l’esempio virtuoso delle comunità energetiche da fonti rinnovabili

Da Basiglio, comune della città metropolitana di Milano, a Blufi, piccolo Comune di circa 900 abitanti nell’entroterra palermitano. Dal nord al sud Italia, le comunità energetiche da fonti rinnovabili prendono sempre più piede, confermandosi come esempi da seguire per sviluppare progetti virtuosi su tutto il territorio nazionale. Soprattutto nel contesto italiano, che da una parte vede un grande fermento da parte di amministrazioni pubbliche, imprese e territori per la realizzazione di impianti da fonti di questo tipo e, dall’altra, numeri ancora risicati rispetto alla capacità potenziale di realizzazione e al raggiungimento degli obiettivi climatici del 2030.

A certificarlo è anche l’ultima edizione di ‘Comunità Rinnovabili’, il report di Legambiente che dal 2006 racconta quanto di buono si muove nei territori. E di buono ce n’è parecchio: a fronte di un incremento annuo nel 2021 di appena l’1,58% del contributo complessivo delle fonti rinnovabili al sistema elettrico italiano, i numeri delle comunità energetiche sono invece in forte crescita. Cento quelle individuate da Legambiente nelle ultime tre edizioni del rapporto, di cui 35 effettivamente operative, 41 in progetto e 24 all’inizio del loro percorso. Tra queste, 59 sono state censite nell’ultimo anno e vedono coinvolte famiglie, Comuni e imprese sotto forma sia di comunità energetiche rinnovabili che di configurazioni di autoconsumo collettivo.

Qualche esempio? Basiglio e Blufi, precedentemente citate, sono rispettivamente la prima Comunità Energetica Rinnovabile dei Comuni della Città Metropolitana di Milano e il primo tassello di un nucleo aggregante diffuso all’interno del Parco delle Madonie. Ma ci sono anche Amares, la comunità energetica composta da sole imprese di Ripalimosani, in Molise, o ‘CER Nuove Energie Alpine’ del cuneese, capace di superare la criticità del vincolo alla cabina primaria. Riunisce infatti sotto di sé configurazioni diverse di energia condivisa, che in condizioni ‘normali’ sarebbero state comunità energetiche separate, distribuite in Comuni serviti da cabine primarie differenti, interfacciandosi poi con il GSE attraverso uno unico gestionale nella piattaforma dedicata. E se la viterbese ‘Comunità Energetica Rinnovabile Gallese’ è nata nel contesto di un progetto europeo, quella di Ventotene è la prima operante su un’isola del Mediterraneo.

E ancora, a Sestri Levante, in provincia di Genova, la Comunità Energetica Quartiere Tannino fa da stimolo alla riqualificazione degli edifici pubblici: i pannelli sono installati infatti sulle coperture dei magazzini del centro del riuso e dell’ostello cittadino. ‘Solisca’, che riunisce i soci della comunità energetica di Turano, nel Lodigiano, ha deciso di ripartire il premio derivante dal GSE tra tutti i membri, tra cui una ventina di utenze familiari a basso reddito, in modo da estendere i vantaggi dell’autoconsumo a chi rischia di vedersi tagliato fuori dalla transizione verso le rinnovabili. A Imola, Energia Verde Connessa vede collaborare tre imprese, due con il ruolo di prosumer – ovvero di produttrici e consumatrici di energia rinnovabile – e una con quello di consumatrice dell’energia verde in eccedenza. Differenziazione è la parola d’ordine a Foiano di Valfortore, piccolo Comune dell’entroterra di Benevento, il cui progetto è quello di sfruttare differenti fonti rinnovabili per garantire il completo soddisfacimento del fabbisogno energetico dei propri soci. Per arrivare fino alla Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale di Messina che, seguendo l’esempio di Napoli Est, vuole trasformarsi anche in un’occasione di riscatto sociale per quartieri e rioni difficili. Dando così avvio a un processo di maggiore giustizia sia ambientale che sociale.

ARIANNA MARIA CENSI

Censi: “Milano al lavoro su mobilità elettrica ed edilizia sostenibile”

Parola d’ordine: sostenibilità. Il Comune di Milano ha fatto dell’agenda ‘green’ europea la priorità del proprio mandato cittadino. Parola di Arianna Maria Censi (Pd), assessora ai Trasporti della città, e unica italiana del gruppo di lavoro Green Deal – Going Local del Comitato europeo delle regioni. Tanto impegno a Bruxelles, ma ancor più ‘a casa’, come spiega nell’intervista concessa a GEA.

In quanto assessore ai Trasporti del Comune di Milano ci può offrire un esempio di quello che la città ha fatto o sta facendo per la sostenibilità?

“L’esempio migliore è certamente il tema dell’elettrificazione di tutto il sistema del trasporto pubblico locale, dell’investimento sull’implementazione dell’infrastrutturazione dei binari legati a tutto il tema del trasporto su rotaia ed anche a quello metropolitano. E ancora secondo me tutto l’investimento sul miglioramento dei collegamenti sulle piste ciclo-pedonali e del tema degli spazi all’interno delle carreggiate cittadine, e anche sul sostegno delle comunità energetiche locali. Sono convinta che che questi interventi sulla vita, i luoghi, sulle strade che le persone percorrono tutti i giorni, si avvertirà l’importanza di questo. Inoltre da noi abbiamo un grande intervento legato al piano nazionale per la ripresa sul miglioramento delle performance energetiche degli edifici. E’ un bisogno che abbiamo avvertito”.

Quando parla di efficienza energetica negli edifici si riferisce a edifici pubblici o anche edilizia privata?

“Tutte e due, edifici pubblici ed edifici privati. Questa è una cosa molto importante”.

Dunque l’azione del Comune qui è legata esclusivamente al Pnrr?

“È legata al Pnrr ma c’è già una grande linea di finanziamento della Comunità che riguarda proprio l’efficientamento degli edifici pubblici che si connette proprio a questo tema della diminuzione del consumo energetico, e anche alla diminuzione del costo, perché adesso abbiamo anche un tema che riguarda quanto costa muoversi, quanto costa la trazione tradizionale delle auto, quanto costa riscaldare e rinfrescare le città. Tutto questo ci interpella e chiede attenzione primariamente al tema della sostenibilità ambientale, e in seconda battuta anche sul risparmio individuale. La cosa che sta accadendo è che la sostenibilità è sempre più percepita come conveniente da parte dei cittadini e delle cittadine, e laddove non è così dobbiamo cercare fare in modo che lo sia”.

Al netto del Pnrr, ci sono già a Milano progetti proprio finanziati con i soldi europei? Se sì, ci può dare un esempio in materia di sostenibilità in azione?

“Abbiamo moltissimi progetti che facciamo con l’Unione europea e che riguardano sperimentazioni per esempio sull’organizzazione del servizio del trasporto pubblico locale. Adesso attraverso un finanziamento che è parzialmente europeo e parzialmente nazionale stiamo sviluppando il mobility service, cioè la prima grande piattaforma e grande app che mette in relazione tutti i sistemi di mobilità, e quindi offre un’esperienza di mobilità nuova ai cittadini. Abbiamo anche la progettazione urbanistica di interi quartieri che tiene conto del miglioramento delle offerte di welfare e delle offerte culturali. Perché tutti noi cerchiamo di fare dei progetti in cui la settorialità sia abbandonata a favore di azione multi-settoriale che coniughi progettazione, programmazione urbanistica, mobilità e contesto socio culturale. Quindi l’Europa ha questa trasversalità che cerchiamo di cogliere nei progetti, ogni progetto di sostenibilità. Potrei dirle che ogni giunta approviamo un progetto da presentare alla comunità europea”.

Progetto di che tipo?

“Un progetto che riguardi la sostenibilità, l’ambiente, il verde, la mobilità, la qualità dell’aria, la riscrittura del contesto urbanistico. Quindi sì, l’Ue per noi è un grande riferimento”.