Green ma non troppo: ecco come la transizione energetica mette a rischio uccelli e pesci

Oltre 4600 specie di vertebrati sono minacciate dall’estrazione di minerali in tutto il mondo attraverso le miniere e le cave e dalle trivellazioni per la ricerca di petrolio e gas. L’attività mineraria coincide con gli hotspot di biodiversità più preziosi al mondo, che contengono un’iper-diversità di specie e habitat unici che non si trovano in nessun altro luogo della Terra. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology.

Il rischio maggiore per le specie deriva dall’estrazione di materiali fondamentali per la nostra transizione verso l’energia pulita, come il litio e il cobalto, entrambi componenti essenziali dei pannelli solari, delle turbine eoliche e delle auto elettriche. Anche l’estrazione del calcare, richiesto in grandi quantità per il cemento come materiale da costruzione, mette a rischio molte specie.

La minaccia per la natura non si limita ai luoghi fisici delle miniere: anche le specie che vivono a grande distanza possono subire un impatto, ad esempio a causa dell’inquinamento dei corsi d’acqua o della deforestazione per la costruzione di nuove strade di accesso e infrastrutture. Secondo i ricercatori, i governi e l’industria mineraria dovrebbero concentrarsi sulla riduzione dell’inquinamento provocato dalle miniere come “vittoria facile” per limitare la perdita di biodiversità associata all’estrazione mineraria. La ricerca è la più completa valutazione globale della minaccia alla biodiversità derivante dall’estrazione mineraria mai realizzata.

“Non saremo in grado di fornire l’energia pulita di cui abbiamo bisogno per ridurre il nostro impatto sul clima senza estrarre i materiali che ci servono e questo crea un problema perché stiamo estraendo in luoghi che spesso hanno livelli molto elevati di biodiversità”, spiega David Edwards del Dipartimento di Scienze Vegetali e dell’Istituto di Ricerca sulla Conservazione dell’Università di Cambridge, autore senior del rapporto. I pesci, dice, sono tra le specie più a rischio (2.053 specie), seguiti da rettili, anfibi, uccelli e mammiferi. In particolare, le specie che vivono in habitat d’acqua dolce e quelle con un areale ridotto sono particolarmente a rischio. Il geco dalle zampe ricurve, ad esempio, è minacciato dall’estrazione del calcare in Malesia: esiste solo su un’unica catena montuosa che l’attività estrattiva prevista distruggerà completamente.

Per condurre lo studio, i ricercatori hanno utilizzato i dati dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) per vedere quali specie di vertebrati sono minacciate dalle attività estrattive. Mappando la posizione di queste specie, hanno potuto indagare sui tipi di estrazione mineraria che mettono a rischio le specie e vedere dove sono particolarmente elevati.

L’estrazione mineraria minaccia le popolazioni di specie vertebrate in tutti i tropici, con punti caldi nelle Ande, nell’Africa occidentale e centrale costiera e nel Sud-est asiatico, che coincidono con un’alta densità di miniere. Ad esempio, l’estrazione artigianale di oro su piccola scala in Ghana minaccia importanti aree ornitologiche a causa dell’inquinamento ambientale da mercurio.

La domanda globale di minerali metallici, combustibili fossili e materiali da costruzione è in forte crescita e le attività estrattive si stanno espandendo rapidamente per soddisfare questa domanda. Nel 2022 il fatturato dell’industria nel suo complesso è stato stimato in 943 miliardi di dollari.

Lo studio si è concentrato solo sulle specie vertebrate, ma i ricercatori affermano che l’attività estrattiva può rappresentare un rischio sostanziale anche per le piante e gli invertebrati.

In Italia 22 miniere di materie prime critiche: la mappa Ispra di quali sono e dove si trovano

In totale sono 76 le miniere ancora attive in Italia, 22 relative a materiali che rientrano nell’elenco delle 34 Materie Prime Critiche dell’Ue. In 20 di queste, si estrae feldspato, minerale essenziale per l’industria ceramica e in 2 la fluorite (nei comuni di Bracciano e Silius), che ha un largo uso nell’industria dell’acciaio, dell’alluminio, del vetro, dell’elettronica e della refrigerazione. In particolare, la miniera di fluorite di Genna Tres Montis (Sud Sardegna), che rientrerà in piena produzione al termine dei lavori di ristrutturazione, rappresenterà una delle più importanti d’Europa.

Sono le informazioni ufficiali dell’Ispra sulle risorse minerarie nazionali contenute nel database GeMMA (Geologico, Minerario, Museale e Ambientale), presentato questa mattina a Roma con la vice ministra all’Ambiente e alla Sicurezza energetica, Vannia Gava. La Banca dati, aggiornata nell’ambito del progetto PNRR GeoSciencesIR, rappresenta, il punto di partenza per l’elaborazione del programma minerario nazionale, imposto dal Regolamento EU 1252/2024 (Critical Raw Materials Act) e affidato all’ISPRA con il DL 84/2024.

L’estrazione di minerali metalliferi, che rappresentano la maggior parte dei materiali critici, ha interessato circa 900 siti ed è attualmente inesistente. In Italia non vengono, per ora, estratti Critical Raw Materials metallici e per la loro fornitura il nostro paese è totalmente dipendente dai mercati esteri. Alla luce delle nuove tecniche di esplorazione e dell’andamento dei prezzi di mercato, molti dei depositi conosciuti andrebbero rivalutati.

DOVE SONO. Delle altre 91 miniere di fluorite attive in passato, alcune molto importanti – da rivalutare con i prezzi attuali quadruplicati rispetto al 1990 – sono localizzate nel bergamasco, nel bresciano ed in Trentino, oltre a quelle sarde e laziali. Feldspato e fluorite, dunque, sono ad oggi le uniche materie prime critiche ad oggi coltivate in Italia, ma i permessi di ricerca in corso, i dati sulle miniere attive in passato e quelli sulle ricerche pregresse e recenti, documentano la potenziale presenza di varie materie prime critiche e strategiche come il litio, scoperto in quantitativi importanti nei fluidi geotermici tosco-laziali-campani e come diversi altri minerali da cui si producono metalli indispensabili per il modello di sviluppo decarbonizzato, la green tech, la transizione digitale e la indipendenza da paesi terzi.

Depositi di rame, minerale essenziale per tutte le moderne tecnologie, sono già noti nelle colline metallifere, nell’Appennino ligure-emiliano, nelle Alpi occidentali, Trentino, Carnia ed in Sardegna. In diversi siti è stato estratto manganese soprattutto in Liguria e Toscana. Il tungsteno è documentato soprattutto in Calabria, nel cosentino e nel reggino, nella Sardegna orientale e settentrionale e nelle alpi centro-orientali, spesso associato a piombo-zinco. il cobalto è documentato in Sardegna e Piemonte, dove il deposito di Punta Corna è ritenuto di strategica importanza europea, la magnesite in Toscana e i sali magnesiaci nelle Prealpi venete.

L’accertato giacimento di titanio nel savonese è questione ben nota, così come le problematiche ambientali che ne precludono l’estrazione a cielo aperto. Le bauxiti, principale minerale per l’estrazione di alluminio, sono invece localizzate in quantitativi modesti in appennino centrale ma più consistenti in Puglia e soprattutto nella Nurra (SS), dove la miniera di Olmedo, ultima miniera metallifera ad essere chiusa in Italia, è ancora mantenuta in buone condizioni. Le bauxiti di Olmedo, come le altre bauxiti, contengono possibili quantitativi sfruttabili di terre rare, che sono sicuramente contenute all’interno di buona parte dei depositi di fluorite, come nel caso di Genna Tres Montis.

Possibili depositi di celestina, principale minerale dello stronzio, materiale critico dai molteplici usi, sono documentati nelle solfare siciliane, soprattutto del nisseno. La presenza di litio è nota nelle pegmatiti dell’Isola d’Elba, del Giglio e di Vipiteno, ma è la recente scoperta di importanti quantitativi di litio nei fluidi geotermici tosco-laziali-campani a rivestire un’ottima opportunità di estrazione a basso impatto ambientale. Sette permessi di ricerca sono stati rilasciati dalla Regione Lazio ed inseriti nel database, insieme agli altri attualmente vigenti. Tra i materiali critici non metalliferi, depositi significativi di barite, importante minerale per l’industria cartaria, chimica e meccanica, sono localizzati nel bergamasco, nel bresciano ed in Trentino. Di fondamentale interesse per la nuova tecnologia sono i depositi di grafite, precedentemente estratti per coloranti, lubrificanti e per la fabbricazione delle matite. I depositi noti sono localizzati nel torinese (attualmente interessati da due permessi di ricerca), nel savonese e nella Sila.

RIFIUTI ESTRATTIVI. A livello mondiale sta crescendo l’interesse della coltivazione degli scarti minerari come fonte di materie prime. In Italia le pregresse attività minerarie hanno lasciato un’eredità di circa 150 milioni di mc di scarti di lavorazione (rifiuti estrattivi), che si trovano in strutture di deposito spesso fatiscenti e che rappresentano un serio problema ambientale, con inquinamento diffuso delle acque superficiali/sotterranee e dei suoli da metalli pesanti, cioè gli stessi che potrebbero essere recuperati. È necessario un cambio di paradigma: da rifiuti inquinanti da bonificare, a potenziale risorsa da recuperare. Il regolamento Eu riapre, sia pur con grande ritardo rispetto alle grandi economie minerarie mondiali, il tema dell’estrazione mineraria e delle problematiche sociali ed ambientali. Nell’ottica del rilancio della politica mineraria nazionale, occorre puntare su formazione e ricerca di base nel settore minerario, coinvolgendo oltre agli enti di ricerca, la comunità scientifica, le università e le scuole professionali.

Il governo rilancia settore minerario italiano e space economy. Urso: “Più autonomia”

Dal sottosuolo al cielo, per avere più autonomia e non restare indietro nella corsa allo spazio. Questo è l’obiettivo del decreto legge e del disegno di legge licenziati in Consiglio dei ministri, “due provvedimenti fondamentali per lo sviluppo e l’indipendenza del nostro sistema produttivo”, rivendica il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

Il dl sulle materie critiche rilancia il settore minerario ed è anche un passo in direzione dell’Europa, per consentire non solo al Paese ma a tutto il Continente di “vincere la sfida della duplice transizione”, spiega. Il regolamento europeo individua 34 materie prime critiche fondamentali e, dalle vecchie mappe, in Italia ne sono già state individuate 15 “particolarmente importanti e significative”.

Viene quindi avviato un Programma nazionale di esplorazione, vengono semplificate le procedure autorizzative e rafforzato il Fondo Nazionale del Made in Italy. Infine, il decreto si pone l’obiettivo di elaborare sistemi di monitoraggio in caso di perturbazioni dell’approvvigionamento.

Oggi in Europa è importante “puntare ad essere anche un Paese estrattore” di materie prime critiche, sottolinea l’inquilino di Palazzo Piacentini: “Non possiamo diventare dipendenti dall’estero, altrimenti cadremmo dalla padella alla brace, dalla dipendenza dal fossile russo che abbiamo tanto pagato e che pagano purtroppo gli ucraini con la loro vita, alla dipendenza dalla tecnologia e delle materie prime critiche lavorate in altri continenti e poi importate in Europa”.

Nella carta nazionale, ci sono anche miniere chiuse, alcune per esaurimento, dove ci sono solo i materiali di risulta che, viste le condizioni attuali dei prezzi, “possono essere convenienti”, evidenzia il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. Al momento nel Paese ci sono anche dei grandi giacimenti, “si tratterà di verificare le condizioni di detraibilità, che sono da valutare caso per caso”, precisa il responsabile del Mase, portando l’esempio del cobalto presente in buona quantità al confine tra Piemonte e Liguria.

Sulla pericolosità delle estrazioni, Urso tranquillizza: “Rispetto a 30-40 anni fa la tecnologia è del tutto cambiata. Oggi esistono dei programmi e progetti spaziali, attraverso satelliti o droni, che sono in grado di analizzare il suolo per centinaia di metri senza bucare. Questo vale anche per la tecnologia estrattiva”.

Il servizio geologico dell’Ispra si occuperà di portare avanti il programma di esplorazione, che include “mappatura dei minerali, campagne geochimiche, indagini geoscientifiche, elaborazione dei dati”. “Al momento il finanziamento, e che riguarda Ispra, è di 3,5 milioni: è la copertura nell’immediato, poi in sede di legge di Bilancio si vedranno le necessità, perché si tratta dell’aggiornamento della Carta mineraria”, scandisce Pichetto.

La misura consentirà di accorciare i tempi delle autorizzazioni: “Oggi la media per l’attività estrattiva in Europa è 9-12 anni. In Cina è 3 mesi. Questo regolamento ci renderà competitivi con altri grandi attori”, fa sapere il ministro.

Con le materie prime critiche, il Cdm ha dato il via libera anche al ddl sulla Space Economy, per consentire alle imprese di “essere protagoniste nella colonizzazione dello spazio”, scandisce Urso. Un settore per il quale, nel complesso, sono stati collocati 7 miliardi e 300 milioni di euro tra fondi Pnrr, fondi nazionali, fondi attribuiti all’agenzia spaziale europea e all’Agenzia spaziale italiana da qui al 2026. Con la legge quadro sullo spazio l’Italia dà, prima in Europa, un quadro normativo che consentirà al paese e alle nostre imprese di diventare “protagonisti in questa nuova avventura”.

Il disegno di legge, per il Mimit, “pone l’Italia all’avanguardia tra i grandi player globali e anticipa le intenzioni dell’Unione europea in merito a un regolamento per il settore”. Il provvedimento, collegato alla legge di bilancio, colma un vuoto nell’ordinamento. Frutto di mesi di concertazione con i principali attori pubblici e privati del settore, il ddl regolamenta l’accesso allo spazio da parte dei privati. Viene prevista la necessità di un’autorizzazione sia per gli operatori stranieri che intendono condurre attività spaziali dal territorio italiano, sia per quelli nazionali che operano da un territorio estero.

Oltre allo spazio, a settembre arriverà la legge quadro sulla Blu economy, prevista nell’ultima Manovra. “Quindi da una parte lo spazio dall’altro il mare, settori in cui l’Italia da sempre riesce a svolgere un ruolo di traino un ruolo protagonista”.

costa rica - batterie -

Clima, l’Aie avverte: “Fare di più o rischio tensioni su forniture globali di materie prime”

L’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aie) teme “tensioni” sulle forniture globali di minerali e metalli critici, essenziali per la transizione energetica, e incoraggia un aumento degli investimenti minerari se si vuole che il pianeta riesca a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi entro la fine del secolo.

“Il calo dei prezzi di minerali critici come il rame, il litio e il nichel, utilizzati per condurre l’elettricità o nelle batterie per i veicoli elettrici, le turbine eoliche e i pannelli solari, ‘maschera il rischio di future tensioni sull’offerta’” afferma l’Aie nel suo secondo rapporto annuale sui metalli, ‘Global Critical Minerals Outlook 2024’. L’Agenzia stima che saranno necessari “800 miliardi di dollari” in investimenti minerari in tutto il mondo da qui al 2040 se il pianeta vuole raggiungere l’obiettivo fissato dall’accordo internazionale sul clima firmato a Parigi nel 2015 di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale.

Lo scorso anno, il crollo del 75% del prezzo del litio e il calo dal 30% al 45% dei prezzi di cobalto, nichel e grafite hanno portato a una diminuzione media del 14% dei prezzi delle batterie, ma anche al rischio di un rallentamento degli investimenti nel settore minerario rispetto agli anni precedenti. In termini di volume, i due metalli più a rischio di “tensione” dell’offerta sono il litio e il rame, che mostrano un “divario significativo” tra produzione e prospettive di consumo, secondo il rapporto. Questo perché la domanda è in crescita. Nel 2023, le vendite delle sole auto elettriche sono aumentate del 35% e la diffusione dei pannelli solari e dell’energia eolica è cresciuta del 75%. Gli elettrolizzatori che producono l’idrogeno verde necessario per decarbonizzare l’industria pesante e i trasporti richiedono metalli come il nichel, il platino e lo zircone. Eppure le loro installazioni stanno crescendo in modo esponenziale: +360% entro il 2023, secondo il rapporto.

L’Aie richiama inoltre l’attenzione sulla necessità di diversificare le forniture per contrastare l’egemonia della Cina, in particolare nella produzione di due componenti chiave per le batterie per auto: gli anodi (il 98% della produzione proviene dalla Cina) e i catodi (90%). “Più della metà del processo di produzione del litio e del cobalto avviene in Cina. E il Paese domina l’intera catena di produzione della grafite”, utilizzata sia nelle batterie che nell’industria nucleare, secondo il rapporto.

“Non sarei sorpreso di vedere un interesse sempre maggiore per l’estrazione del litio” tra le major petrolifere, ha sottolineato Tim Gould, capo economista dell’Aie. L’americana Exxon Mobil, la più grande compagnia petrolifera del mondo, ha già annunciato investimenti in questo settore. Tuttavia, lo sviluppo di queste miniere comporta molti rischi sociali e ambientali per le comunità locali vicine, come hanno avvertito le Ong pochi giorni fa in vista di una riunione dell’Ocse sul tema a Parigi. La corsa ai minerali critici sta infliggendo “gravi costi” alle popolazioni indigene e alle loro terre tradizionali, spiega Galina Angarova, della tribù Buryat in Siberia, a capo di una coalizione di associazioni che difendono i diritti delle popolazioni indigene.

“Se continuiamo di questo passo, corriamo il rischio di distruggere la natura, la biodiversità e i diritti umani” in un’economia a basse emissioni di carbonio che si è allontanata da petrolio, gas e carbone, dice. “Siamo sulla soglia della prossima rivoluzione industriale… e dobbiamo fare le cose per bene”, aggiunge Angarova. Adam Anthony, dell’Ong Publish what you pay, sottolinea che i minatori si stanno precipitando in Africa senza che il continente benefici del valore aggiunto dell’estrazione di minerali e metalli. “Quando parliamo di minerali critici, dobbiamo chiederci per chi sono critici”, dice. “Non riceviamo alcun beneficio da questa estrazione”.

La Tanzania, ad esempio, estrae manganese e grafite, ma non produce nessuna delle apparecchiature – auto elettriche o batterie – che li utilizzano.