Cultura, benessere, inclusione e working balance: Jakala punta agli obiettivi Esg

Ridurre le disuguaglianze, anche economiche, garantire l’accesso a un’offerta culturale di qualità, sostenere il well being in ogni sua forma e superare “il concetto amministrativo” di marito, moglie o convivente more uxorio. Nasce con questo obiettivo il nuovo pacchetto di iniziative messo in campo da Jakala – leader nel campo della data-driven transformation – e dedicato ai suoi dipendenti. Dopo la driver experience – con il passaggio all’elettrico della flotta aziendale – le iniziative di welfare sartoriale, quelle dedicate alla salute mentale e al working balance, il Manifesto di genere e l’allargamento della formazione alla famiglia dei dipendenti, l’azienda ha deciso di mettere sul piatto altri progetti rivolti ai suoi ‘Jakalers’, nell’ottica di “una customizzazione” dei servizi, come spiega a GEA Christian Guerrini, Associate HR Director.

Si parte dal welfare culturale dedicato al cinema: ogni settimana, ciascun dipendente avrà la possibilità di scegliere la sala, il film e la data che preferisce per godersi una serata speciale con una persona cara, che sia un familiare, un amico o un partner. Grazie a una piattaforma proprietaria sviluppata dal team di Engagement Products di Jakala, i collaboratori del gruppo possono ottenere un voucher personalizzato che permette di acquistare due biglietti al prezzo di uno. “Crediamo fortemente che il benessere dei nostri collaboratori – dice Guerrini – passi anche attraverso momenti di svago e di condivisione culturale. Con questa iniziativa intendiamo rafforzare i legami non solo all’interno della nostra comunità aziendale, ma anche tra i Jakalers e le persone che stanno loro a cuore”.

Il progetto fa parte dell’idea, insita nel gruppo, che la cultura e il benessere siano fondamentali e che tutti abbiano diritto a un working balance di qualità. Abbiamo cablato un sistema”, che si chiama You@Jakala, per “catturare i desideri dei dipendenti e creare pacchetti su misura, delineando un’esperienza di reward personalizzata che risponde alle loro esigenze e interessi”. 

E proprio seguendo questa filosofia – che si appoggia agli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu – è stata annunciata in questi giorni una serie di altre iniziative che va incontro alle esigenze economiche dei dipendenti. Si parte con un conto corrente completamente gratuito per arrivare a mutui sulla casa a tassi agevolati. Nel mezzo ci sono, fra le altre cose, abbonamenti di telefonia mobile e fibra ottica a prezzi vantaggiosi e sconti del 70% per la palestra. In quest’ultimo caso ha aderito il 75% dei dipendenti. “Abbiamo stipulato delle partnership con i maggiori player – dice Guerrini – e abbiamo generato vantaggi alle nostre ‘persone’, arricchendo il loro potere di spesa” per acquistare pacchetti e servizi “di cui tutti usufruiamo”.

Forte del proprio know-how e delle sue piattaforme avanzate, Jakala è anche impegnata nel supportare altre aziende condividendo le proprie competenze nel campo del welfare. Ne è un esempio la piattaforma UpLife, un vero e proprio ecosistema progettato per rivoluzionare il modo in cui le aziende si prendono cura dei propri dipendenti. Grazie a una vasta gamma di servizi e vantaggi, che vanno oltre i tradizionali incentivi retributivi, UpLife offre ai collaboratori delle aziende che si affidano a Jakala la possibilità di accedere a rimborsi dedicati alla famiglia, voucher per visite mediche, tempo libero e viaggi.

 

 

 

 

importazioni petrolio

Ue vicina agli obiettivi di sviluppo dell’Onu ma ancora troppo dipendente da fossili

Buoni progressi verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile che riguardano il consumo energetico, la fornitura di energia e l’accesso all’energia a prezzi accessibili, ma l’Unione Europea rimane ancora troppo dipendente dalle importazioni, specialmente quelle fossili. Sono le osservazioni dell’ultima relazione di monitoraggio sui progressi dell’Unione Europea verso i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, adottati dalle Nazioni Unite (ONU) nel settembre 2015, pubblicata lunedì da Eurostat. Monitorando in particolare i progressi raggiunti dall’Unione europea verso l’obiettivo numero 7 – che chiede di garantire l’accesso universale ai servizi energetici moderni, migliorare l’efficienza energetica e aumentare la quota di energia rinnovabile – l’ufficio statistico dell’Ue osserva che i maggiori progressi dell’Ue sono stati compiuti nel consumo di energia. “Le misure adottate in risposta alla pandemia di COVID-19 e le relative restrizioni alla vita pubblica e alla riduzione dell’attività economica hanno ridotto notevolmente i consumi nel 2020”, si legge nel rapporto. Motivo per cui l’Ue è stata in grado di raggiungere l’obiettivo fissato per il 2020 e sembra sulla buona strada per raggiungere quello fissato per il 2030. Lo stesso si riscontra per quanto riguarda l’energia prodotta da risorse rinnovabili, come il sole o il vento: l’Ue è nella giusta traiettoria per gli obiettivi al 2030.

Il documento, di oltre 380 pagine, è meno ottimista per quanto riguarda la dipendenza dell’Ue dalle importazioni di energia da Paesi terzi e in particolare le risorse fossili. Si osserva “un miglioramento”, ma negli ultimi 5 anni il trend per l’Unione europea è stato quello di un progressivo allontanamento dagli obiettivi dell’Onu per quanto riguarda la dipendenza energetica. L’Ue dipendeancora fortemente dai combustibili fossili per la sua energia”, si legge nel documento, in cui viene specificato che la relazione osserva i progressi compiuti dall’Ue nel 2020, quindi non tiene conto dell’aumento dei prezzi dell’energia causati anche dalla guerra di Russia in Ucraina. Ma proprio la guerra di Ucraina deve portare l’Ue a riconsiderare le proprie forniture energetiche.

I numeri snocciolati nel documento parlano di importazioni di combustibili dai Paesi extra-Ue che hanno contribuito al 57,5% dell’energia disponibile lorda nel 2020 nel Vecchio continente. Si tratta di una quota quasi identica a quella del 2005, quando le importazioni coprivano il 57,8%. Questa stagnazione secondo Eurostat può essere spiegata in due modi: da un lato, l’Ue ha ridotto il suo consumo di energia e ha aumentato l’uso delle energie rinnovabili nazionali; dall’altro lato, però, ha assistito a una riduzione della produzione primaria di combustibili fossili a causa dell’esaurimento o dell’antieconomicità delle fonti interne, in particolare del gas naturale. In sostanza, dal momento che costano tanto, meglio importarle.

Tanto che, nel 2020, le principali importazioni nette sono state di petrolio e prodotti petroliferi (97,0%), seguite dal gas naturale (83,6%) e dai combustibili solidi (prevalentemente carbone, per il 35,9% importato). Le importazioni nette di energie rinnovabili, compresi i biocarburanti, hanno rappresentato solo l’8,5% dell’energia rinnovabile lorda disponibile nel 2020 e solo l’1,7% delle importazioni nette totali. Il rapporto ricorda che la Russia ha continuato a essere il principale fornitore di energia all’Ue nel 2020, con il 43,6% del gas, il 28,9% dei prodotti petroliferi e il 53,7% delle importazioni di combustibili solidi da paesi terzi. I successivi maggiori fornitori di gas e prodotti petroliferi sono stati i Paesi europei che non fanno parte dell’Ue (principalmente Norvegia e Regno Unito), che hanno fornito il 25,4% del gas e il 16,5% delle importazioni di petrolio.

Negli ultimi cinque anni un ”leggero allontanamento” rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile per la vita sulla terraferma (l’obiettivo numero 15), indicano che gli ecosistemi e la biodiversità sono rimasti “sotto pressione”, principalmente a causa delle attività umane. Sebbene sia la superficie forestale dell’Ue che le aree protette terrestri “siano leggermente aumentate, la pressione sulla biodiversità ha continuato ad intensificarsi”. Ad esempio, si legge, la presenza di uccelli comuni è un indicatore di biodiversità perché molti di loro richiedono habitat specifici per riprodursi e trovare cibo, che spesso ospitano anche molte specie animali e vegetali minacciate. Dal 2000, Eurostat stima “che il numero di uccelli comuni sia diminuito del 10%. Tuttavia, dopo molti anni di declino, sembra che il numero di uccelli comuni abbia iniziato a stabilizzarsi”, conclude il rapporto.

Obiettivi per lo sviluppo sostenibile