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Via libera definitivo alla nuova Pac. Lollobrigida: “Vittoria del governo Meloni”

Ora è tutto pronto per l’entrata in vigore delle modifiche della Politica Agricola Comune (Pac), dopo due mesi intensissimi di iter legislativo. Con il via libero definitivo del Consiglio dell’Ue alle proposte della Commissione Europea per affrontare i problemi riscontrati nell’attuazione dei piani strategici della Pac, ora si attende solo la firma dei rappresentanti del Parlamento e del Consiglio, con l’entrata in vigore della legge prevista per il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Ue, “entro la fine di maggio”. Gli agricoltori europei potranno così applicare alcune delle nuove norme relative alle condizionalità ambientali retroattivamente per l’anno di rivendicazione 2024.

Dall’Italia arriva il plauso del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobriga. “E’ una vittoria del Governo Meloni”, dice, perché “riduce la burocrazia, aumenta la flessibilità e mette al centro l’agricoltura nell’agenda europea”. Il nostro Paese, ricorda, “ha adottato una posizione decisa, presentando un documento a febbraio che esortava la Commissione Ue a riconsiderare politiche ideologiche, mascherate da presunto ambientalismo, dannose per il nostro settore primario”.

La revisione della Pac prevede di eliminare completamente la destinazione di “una quota minima di terreno coltivabile ad aree non produttive” dallo standard 8 delle ‘Buone condizioni agronomiche e ambientali’ (Bcaa) – cioè terreni incolti – “pur mantenendo la protezione degli elementi paesaggistici esistenti”. Gli Stati membri sono invece tenuti a istituire un eco-schema che offra un sostegno agli agricoltori per mantenere una parte dei terreni coltivabili in stato non produttivo o per creare nuovi elementi paesaggistici (come siepi o alberi). I Ventisette potranno anche prevedere esenzioni specifiche dalle norme sugli standard Bcaa 5, 6 e 7 (gestione della lavorazione del terreno, copertura del suolo e terreni a riposo) per le situazioni che rischiano di essere contrarie ai loro obiettivi, come nel caso di condizioni specifiche di terreni e sottosuoli. Più nello specifico sulla rotazione delle colture (standard 7) gli Stati membri potranno aggiungere la possibilità di soddisfare questo requisito con la diversificazione delle colture, una flessibilità che dovrebbe consentire agli agricoltori colpiti da regolare siccità o di precipitazioni eccessive di rispettare la condizione in modo più compatibile con la realtà agricola.

Tra le modifiche più significative c’è l’esenzione per le aziende agricole sotto i 10 ettari dai controlli di condizionalità e dalle sanzioni, una misura che riguarda il 65% dei beneficiari della Pac ma solo solo il 10% della superficie agricola totale. L’alleggerimento degli oneri per i piccoli agricoltori dovrebbe garantire che non debbano essere controllati per quanto riguarda il rispetto dei requisiti di gestione obbligatori, dal momento in cui l’esenzione non ostacolerebbe “in modo significativo” il ruolo dei requisiti di condizionalità nel contribuire agli obiettivi climatici e ambientali. Inoltre viene proposto anche di aumentare il numero di richieste di modifica del Piano strategico della Pac da una a due all’anno.

Per quanto riguarda la remunerazione degli agricoltori e la loro posizione nella filiera alimentare, si seguiranno tre strade. In primis la Commissione lancerà un osservatorio dei costi di produzione, dei margini e delle pratiche commerciali nella catena di approvvigionamento agroalimentare – con i rappresentanti di tutti i settori della filiera alimentare e i rappresentanti degli Stati membri e della Commissione. In secondo luogo viene proposto il rafforzamento delle norme applicabili ai contratti che gli agricoltori stipulano con gli acquirenti dell’industria alimentare o della vendita al dettaglio, attraverso nuove opzioni al Regolamento che istituisce un’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (Ocm) e all’applicazione transfrontaliera delle norme contro le pratiche commerciali sleali. Infine la Commissione condurrà una valutazione approfondita della direttiva sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare in vigore dal 2021, con la prima relazione consegnata nella primavera del 2024 e una valutazione più dettagliata da presentare nel 2025 insieme a proposte legislative “se opportuno”.

Agricoltura, primo via libera del Consiglio dell’Ue alle proposte di modifica della Pac

Nel pieno della terza protesta degli agricoltori a Bruxelles in meno di due mesi, le istituzioni Ue procedono spedite ad accontentare le richieste del comparto agroalimentare europeo, a partire dalla modifica della tanto contestata Politica Agricola Comune (Pac). Mentre i trattori fuori dal palazzo del Consiglio Ue sono tornati a invadere le strade e scontrarsi con le forze dell’ordine, è arrivato il primo via libera alle norme modificate per la semplificazione e la riduzione degli oneri della Pac, che “aumenteranno i redditi dei nostri agricoltori”.

A confermare che “stiamo avanzando verso la semplificazione amministrativa, abbiamo misure che possono portare più flessibilità alla Pac” è stato il vicepremier del Belgio responsabile per l’Agricoltura e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, David Clarinval. Il via libera alle proposte presentate dalla Commissione Ue lo scorso 15 marzo è arrivato dai 27 rappresentanti degli Stati membri al Comitato speciale Agricoltura per “affrontare i problemi riscontrati nell’attuazione dei piani strategici” e per “assicurare competitività all’agricoltura europea, sovranità alimentare e una giusta remunerazione agli agricoltori”. A questo punto la palla passa alla commissione per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale (Agri) del Parlamento Ue – che ricorrerà alla procedura d’urgenza – mentre la posizione degli eurodeputati dovrebbe arrivare all’ultima sessione plenaria in agenda (22-25 aprile). Il Regolamento sarà poi formalmente adottato dal Consiglio e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Ue: “Se tutto va come previsto, entrerà in vigore entro la fine della primavera”, sono le previsioni della presidenza di turno belga.

La revisione della Pac prevede di eliminare completamente la destinazione di una quota minima di terreno coltivabile ad aree non produttive dallo standard 8 delle ‘Buone condizioni agronomiche e ambientali’ (Bcaa) – cioè terreni incolti – anche se gli Stati membri dovranno istituire un eco-schema per sostenere il mantenimento dello stato non produttivo o per la creazione di nuovi elementi paesaggistici (come siepi o alberi). Sono previste esenzioni specifiche dalle norme sugli standard Bcaa 5, 6 e 7 (gestione della lavorazione del terreno, copertura del suolo e terreni a riposo), in particolare sulla rotazione delle colture (standard 7) potrà essere aggiunta la diversificazione delle colture per consentire agli agricoltori colpiti da siccità o precipitazioni eccessive di rispettare la condizione. Tra le modifiche più significative c’è l’esenzione per le aziende agricole sotto i 10 ettari dai controlli di condizionalità e dalle sanzioni, per alleviare l’onere amministrativo legato ai controlli del 65% dei beneficiari della Pac (ma solo solo il 10% della superficie agricola totale). Inoltre aumenterà il numero di richieste di modifica del Piano strategico della Pac da una a due all’anno.

Per quanto riguarda la remunerazione degli agricoltori e la loro posizione nella filiera alimentare, si seguiranno tre strade. In primis con un osservatorio dei costi di produzione, dei margini e delle pratiche commerciali nella catena di approvvigionamento agroalimentare. In secondo luogo con un rafforzamento delle norme applicabili ai contratti che gli agricoltori stipulano con gli acquirenti dell’industria alimentare o della vendita al dettaglio, attraverso nuove opzioni al Regolamento che istituisce un’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (Ocm) e all’applicazione transfrontaliera delle norme contro le pratiche commerciali sleali. Infine la Commissione dovrà condurre una valutazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare in vigore dal 2021, con la prima relazione consegnata nella primavera del 2024 e una valutazione più dettagliata nel 2025.

Equa distribuzione, ambiente e politiche europee: agricoltura a confronto ad Agrifood24

Non solo le politiche ambientali dell’Unione Europea, ma anche questioni di lunga data come l’equa distribuzione del valore lungo la catena di approvvigionamento alimentare. All’evento ‘Nuove coordinate per la sostenibilità dell’agricoltura Ue’ organizzato da Withub a Bruxelles gli attori della filiera agroalimentare hanno messo in luce le cause all’origine delle proteste degli agricoltori in Europa, e in particolare a Bruxelles.

Il problema degli agricoltori non è iniziato con il Green Deal, ma oltre 10 anni fa con una serie di politiche sbagliate sulla giusta retribuzione per quello che fanno e producono tutti i giorni”, ha avvertito il presidente della sezione Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente (Nat) del Comitato economico e sociale europeo (Cese), Peter Schmidt. Parlando del contributo della filiera agroalimentare sullo stile di vita europeo, Schmidt ha attaccato sul fatto che “non si parla mai degli interessi all’interno della catena di approvvigionamento” e ha ribadito che “la narrativa secondo cui ‘non ci sono abbastanza soldi’ è decisamente sbagliata”. Sulla stessa linea l’eurodeputata del Movimento 5 Stelle Maria Angela Danzì: “Ciò che il consumatore paga al supermercato è all’80 per cento il costo della filiera che viene dopo l’agricoltore“. L’eurodeputata membro della commissione per l’Ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (Envi) ha ricordato che “servono politiche agricole che incentivino i piccoli agricoltori, faremmo di più l’interesse nazionale se quello che spendono in termini di energie, materiali e sacrificio fosse retribuito in modo adeguato”.

L’amministratore delegato di Filiera Italia e presidente di Eat Europe, Luigi Scordamaglia, ha concordato sul fatto che “serve una più equa ripartizione del valore nella filiera agroalimentare, tutelando la produzione agricola”, ma ha anche sottolineato che “se smantelliamo la produzione sull’alimentare e sulla manifattura con un ambientalismo interpretato in modo sbagliato, l’unica possibilità sarà importare da Paesi terzi che inquinano di più”. Nessuno, ha spiegato “può farci lezioni di ambientalismo, perché agroalimentare italiano emette un terzo delle emissioni rispetto a  Francia e Germania, 1/5 per ettaro di altri Paesi come il Brasile”

Ad animare il contraddittorio è stata l’eurodeputata in quota Movimento 5 Stelle, che ha ricordato come “l’approccio One Health ci può consentire di non fare politiche schizofreniche per tutelare la salute degli ecosistemi, delle persone e degli animali”, ma che negli ultimi mesi “il discorso sulle politiche della Commissione è stato condizionato da interessi personali, che le hanno definite ‘mera ideologia di stampo ambientalista’”.

Anche il coordinatore della coalizione #CambiamoAgricoltura, Franco Ferroni, ha attaccato quello che definisce “negazionismo agricolo“, che ha “responsabilità sul cambiamento climatico e sulla perdita di biodiversità”, dal momento in cui “la stretta connessione tra l’agricoltura e il benessere degli ecosistemi non trova la stessa attenzione da parte delle associazioni degli agricoltori”. Nel suo intervento Ferroni ha chiesto di “riaprire il dialogo e il confronto”, perché “è stato creato un clima volutamente di contrapposizione tra agricoltura e ambiente che aveva come obiettivo quello di demolire la strategia del Green Deal”.

È per questo motivo che l’organizzazione che riunisce le associazioni a sostegno della riforma della Politica agricola comune (Pac) considera in modo “positivo” l’approvazione della legge sul ripristino sulla natura. Non è invece d’accordo l’amministratore delegato di Filiera Italia Scordamaglia: “Ci sono 500 milioni di consumatori europei che devono consumare, e non tutti con la stessa capacità di spesa”. Questo significa che “o consumano quello che c’è in Europa o quello che viene prodotto nel Mercosur disboscando“. Scordamaglia ha poi sottolineato che “abbiamo contrastato il fatto che, nel momento in cui il mondo affronta la più grave crisi di sicurezza alimentare, qualcuno voleva imporre di togliere il 10 per cento dei terreni all’agricoltura per il ritorno delle torbiere”.

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Agroalimentare, per l’ingresso dell’Ucraina in Ue servirebbero 100 miliardi di euro in più alla PAC

100 miliardi per salvare la Pac. Ecco quanto servirebbe per sostenere la Politica Agricola Comune se l’Ucraina entrasse in Unione Europea. Un tema, questo, al centro dei dibattiti di questi giorni, che ha guidato anche l’evento, organizzato dalla piattaforma editoriale Withub, tenutosi oggi a Bruxelles, ‘Nuove coordinate per la sostenibilità dell’agricoltura Ue’, alla presenza delle principali associazioni di categoria – Cia, Coldiretti, Confagricotura, Eat Europe e Filiera Italia – e del Commissario Europeo per l’Agricoltura, Janusz Wojciechowski.

PAC: + 100 MILIARDI O MENO SOSTEGNO PER TUTTI. Quali sarebbero gli effetti sulla Pac dell’ingresso in Europa di un gigante agricolo come l’Ucraina? L’Europa assegna i finanziamenti ai paesi membri prevalentemente in base all’estensione in ettari della superficie agricola. Oggi, i 27 Stati dell’Ue hanno una superficie agricola di 157 milioni di ettari, la sola superficie coltivabile dell’Ucraina è di 41 milioni di ettari (dati 2020 estrazione a partire da Eurostat, Servizio Statistico Ucraino). Secondo l’elaborazione del Centro Studi GEA su una simulazione a cura del professor Angelo Frascarelli dell’Università di Perugia, basata su un calcolo effettuato sui criteri della Pac attuale, se l’Ucraina entrasse in Ue oggi, dovrebbe ricevere – in base agli ettari coltivati – fondi per oltre il 20% del budget annuale dell’intera Europa dedicato al sostegno agli agricoltori. Questa proiezione non tiene presente le future azioni correttive dell’effettivo negoziato di adesione dell’Ucraina all’Unione europea, ma calcola l’ipotesi di un’erogazione del sostegno europeo sulla base della superficie agricola per il primo pilastro della PAC, ipotizzando l’ingresso dell’Ucraina alle stesse condizioni degli attuali Paesi membri dell’Ue. Si tratta, quindi di un’importante, ma necessaria, semplificazione dello scenario secondo la quale, tuttavia, l’equilibrio degli altri Paesi Ue sarebbe sconvolto. In un’Unione Europea a 28 Stati, infatti, gli ettari coltivati salirebbero a 198 milioni e mezzo rispetto ai 157 milioni e mezzo attuali. A parità di budget, stando alla simulazione, per ogni ettaro coltivato si riceverebbero 272,34 euro anziché gli attuali 343,52. Ciò significa, facendo il calcolo sull’Italia, che il nostro Paese passerebbe da un contributo di 5,6 miliardi di euro l’anno a 4,2 miliardi. Se invece si volessero continuare a sostenere tutti gli agricoltori dei Paesi Ue con le stesse cifre di oggi e a questi si aggiungessero quelli ucraini, servirebbero appunto 98,9 miliardi di euro in più (per un settennio del quadro finanziario pluriennale), che si andrebbero a sommare ai 378,5 miliardi, il budget pluriennale della Pac attuale.

PAC IN ITALIA. LE CONSEGUENZE REGIONE PER REGIONE. Secondo le elaborazioni dell’università di Perugia su dati Eurostat registrate dal centro studi GEA, inoltre, le 10 regioni che perderebbero di più con l’entrata in Ue dell’Ucraina, immaginando di mantenere i livelli attuali di sostentamento agli agricoltori, sarebbero: la Lombardia (che perderebbe il 52%, passando da oltre 600 milioni a meno di 300); la Calabria (con -48%, quindi da quasi 400 milioni a 200), il Veneto (-47%, da quasi 500 milioni a circa 250). A seguire il Piemonte, l’Emilia Romagna, le Marche, il Friuli Venezia Giulia, la Campania e l’Umbria.

NON SOLO PAC: F2F E FERTILIZZANTI. Cosa comporterà l’applicazione delle norme sulla riduzione del 20% dei fertilizzanti chimici contenute nella Farm2Fork? Secondo un’elaborazione del Centro Studi GEA su dati dell’Università Cattolica del Sacro Cuore campus di Piacenza e Cremona – Vsafe e Federchimica Assofertilizzanti, una diminuzione in produzione per le principali colture italiane: -14,5% per il frumento duro, -12,3% per il frumento tenero, -12% per il mais, -12,6% per il pomodoro, -6,6% per la soia, -9,9% per l’uva da vino. Una calo di produzione che si rifletterebbe sull’economia italiana con una perdita pari a 5,4 miliardi di euro. In questo scenario, potrebbero avere un ruolo importante i biostimolanti. Secondo un’elaborazione del Centro Studi GEA su dati dell’Università Cattolica del Sacro Cuore campus di Piacenza – ISA (Innovation for Sustainable Agriculture R&D), questi prodotti, potrebbero arginare le perdite generate dall’adeguamento richiesto dalla Farm to Fork. Dai test effettuati dall’Università Cattolica di Piacenza, infatti, è evidente come i biostimolanti compensino la riduzione di input chimici e aiutino la pianta in condizioni di stress. Nei test effettuati sulle colture di pomodoro, ad esempio, riducendo i fertilizzanti ma impiegando biostimolanti, la resa non è statisticamente diversa da quella ottenuta con fertilizzazione 100% in termini di altezza delle piante, produzione di frutti e foglie.

 

 

FILIERA ITALIA. “I 378 miliardi di PAC attuali rappresentano una risorsa fondamentale che aiuta gli agricoltori a sostenere i costi di standard produttivi di sicurezza e ambientali più elevati al mondo e rendere competitiva con la fase di produzione agricola l’intera filiera e sono tutto il contrario di un sostegno passivo al reddito degli agricoltori. Se non ci fossero, 300 miliardi sarebbero stati caricati direttamente sul carrello della spesa dei consumatori con conseguenze tutt’altro che positive soprattutto per le fasce più povere, alle quali non sarebbe permesso di accedere a un’alimentazione di qualità che caratterizza i paesi europei e l’Italia in particolare”, ha detto Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia e presidente di Eat Europe. E sull’Ucraina: “È fondamentale sostenerla in questo momento difficile ma non è accettabile che a pagare il prezzo di una possibile entrata del Paese in UE sia la filiera agroalimentare, anche considerando che sempre di più fondi speculativi internazionali stanno mettendo le mani su una parte crescente dell’agricoltura ucraina danneggiando gli stessi piccoli agricoltori ucraini, Quindi aiutare l’Ucraina (ma non certo la speculazione), tutelando anche la nostra filiera”.

CONFAGRICOLTURA. “Confagricoltura da sempre sostiene che l’attuale Pac sia inadeguata oggi e inadatta a rispondere alle prossime sfide, poiché mette a rischio non solo un settore produttivo, ma la sicurezza alimentare globale. Per rispondere alle esigenze emerse chiaramente in questi ultimi anni e in prospettiva di un futuro allargamento dell’Ue, anche il budget dedicato deve essere rivisto tenendo conto pure degli aumenti dei costi di produzione e dell’inflazione. Il tema della dimensione del bilancio agricolo Ue impone poi un approfondimento alla luce del fatto che la sicurezza alimentare dell’Europa dipende dai livelli di efficienza e competitività delle imprese, e dal reddito che gli agricoltori riescono ad ottenere dal proprio lavoro”, ha detto Cristina Tinelli, Direttrice Relazioni Ue e internazionali di Confagricoltura e Presidente del gruppo Sviluppo rurale di Copa-Cogeca.

CIA. “Serve un cambio di rotta deciso da parte dell’Ue per costruire un futuro che consenta la sopravvivenza della produzione europea, redditi dignitosi, mantenimento e crescita delle aree rurali, sostenibilità economica, ambientale e sociale”, ha dichiarato il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini. “Questo significa ragionare su una nuova Pac, con meno burocrazia e regole semplificate per facilitare i pagamenti, a partire dagli ecoschemi, cancellando l’obbligo del 4% per l’incolto. Abbiamo già subito una drastica riduzione delle rese a causa della crisi climatica, è assurdo che la Ue ci dica di tenere dei terreni a riposo. In più, la Pac non può più essere l’unica politica a rispondere alle sfide della transizione verde. Poi c’è lo scenario politico internazionale: considerato il ruolo strategico dell’Europa sul fronte della sicurezza alimentare, nonché il potenziale ingresso dell’Ucraina nell’Unione, il prossimo quadro finanziario pluriennale dovrà essere in linea con tali ambizioni, richiedendo maggiori risorse e tutele sul mercato. Per tutto questo, è importante lavorare affinché il futuro Commissario europeo all’Agricoltura abbia un peso politico importante e sia in grado di creare consenso sui dossier più caldi, come le TEA, e favorire l’intesa tra tutti gli Stati membri”.

COLDIRETTI. “Abbiamo bisogno di tempi certi e urgenti per la maggiore flessibilità sugli aiuti di Stato e sulle semplificazioni della Pac annunciate dalla Commissione europea per gli agricoltori. Serve una risposta sulla moratoria dei debiti per le aziende agricole, in risposta all’aumento dei tassi di interesse. Molte delle nostre proposte sono state accolte dal Commissario europeo all’agricoltura, ma non basta se non si capisce una volta per tutte che i tempi dei nostri agricoltori non sono quelli della burocrazia europea. Ci aspettiamo che nel Consiglio europeo di marzo ci sia la svolta necessaria e anche in prospettiva chiediamo una Pac più vicina alle imprese”, ha detto Ettore Prandini, presidente di Coldiretti.

Proteste agricoltori, Giansanti: “Non esagerare andando oltre sistema leggi”

“Noi di Confagricoltura oggi siamo qui a Bruxelles con la nostra assemblea generale per far fronte a quelle che sono le richieste del mondo agricolo che noi rappresentiamo. C’è modo e modo di rappresentare lo stato di disagio vissuto; si può andare ovviamente in giro con i trattori, si possono anche fare momenti di proteste e di proposta andando a incontrare le istituzioni. Io credo che tutto ciò che serve per riportare al centro del dibattito il futuro dell’agricoltura sia importante, però non bisogna poi esagerare con momenti di protesta che vanno oltre il sistema delle leggi”. Lo ha detto il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, a margine dell’Assemblea di Confagricoltura a Bruxelles. “Quindi – ha aggiunto – fino a che tutto ciò si svolge in maniera pacifica va bene” perché “dobbiamo trovare le soluzioni nel confronto aperto che deve esserci tra agricoltori e istituzioni europee. Ci aspettiamo molto oggi dal Consiglio dei Ministri, c’è bisogno di spingere molto soprattutto per l’Italia. Le concessioni che sono state date in questi giorni da parte della Commissione, certamente risolvono dei problemi ma non quelli che noi auspicavamo in Italia”. Serve, ha detto ancora Giansanti, “la ripresa di una discussione necessaria quanto mai tra i ministri sulla necessità di ripartire da zero dalla Pac. Dobbiamo ricostruire la Pac con una riforma hard di medio periodo con delle politiche di mercato perché altrimenti le nostre aziende agricole rischiano di chiudere”.

Agricoltura, la furia dei trattori devasta Bruxelles: la polizia risponde con i lacrimogeni

Alta tensione nel quartiere europeo a Bruxelles dove circa mille trattori hanno invaso da questa mattina, a partire dalle nove, decine di strade per manifestare ancora contro le politiche comunitarie, mentre al Consiglio Ue si riunivano i ministri europei dell’agricoltura. Sul tavolo del vertice le ultime misure di breve e medio termine che la Commissione europea ha proposto la scorsa settimana per ridurre gli oneri amministrativi per gli agricoltori.

Nel corso della mattinata la polizia, in tenuta antisommossa, ha isolato le strade del quartiere europeo con barricate di filo spinato, facendo ricorso al getto d’acqua di idranti e gas lacrimogeni contro i manifestanti che lanciavano a loro volta uova, bottiglie di vetro e petardi contro il ‘muro’ di agenti. Nelle strade del quartiere europeo, tra Rue de la Loi e Chaussée d’etterbeek, i manifestanti hanno appiccato fuochi, alimentati da pneumatici, copertoni e cumuli di paglia a cui è stato dato fuoco. Chaussée d’Etterbeek, a poche decine di metri da dove erano riuniti i ministri, i dimostranti hanno cercato in più occasioni di sfondare la barricate minacciando ripetutamente di superare le barriere con i trattori.

 

 

Sotto le pressioni delle proteste, la presidenza belga alla guida dell’Ue e la Commissione europea hanno deciso di incontrare nel primo pomeriggio i rappresentanti dei giovani agricoltori del Belgio per ascoltare le loro preoccupazioni. Solo dopo la fine del Consiglio, intorno alle 16, la situazione ha iniziato a normalizzarsi, le stazioni metro più vicine alle istituzioni europee (Schuman e Maelbeek) sono state riaperte e anche il traffico in superficie è tornato alla normalità.

Mentre le proteste si stavano concentrando di fronte alle sedi del Consiglio e della Commissione, davanti al Parlamento europeo si è tenuto il presidio di Coldiretti. Da parte della Commissione europea “c’è stata un’apertura in termini di proposte“, “ma abbiamo la necessità di avere la certezza dei tempi rispetto all’attuazione degli stessi regolamenti modificati, in termini di semplificazione, di risorse economiche stanziate e nel senso di andare oltre quello che è il limite degli aiuti di Stato che fino a oggi abbiamo avuto, per poter intervenire nei confronti anche di tutte quelle filiere produttive che oggi hanno forti criticità”, ha riconosciuto il presidente, Ettore Prandini parlando anche della necessità di una revisione immediata della Pac. “E’ una politica agricola comune piena di cavilli e di burocrazia, piena di vincoli per le imprese agricole che in tanti casi, soprattutto nei confronti delle piccole e medie imprese, non riescono ad avere attuazione rispetto a quello che è un utilizzo delle risorse per come storicamente era stata pensata nella politica agricola comune”.

Dello stesso avviso il ministro dell’Agricoltura e Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, che ha ricordato come l’Italia abbia chiesto una revisione della Pac “che sia rapida. Noi chiediamo di sviluppare una produzione come elemento centrale, garantire il reddito delle imprese agricole perché senza reddito anche la passione non è sufficiente a continuare a svolgere questa attività e senza agricoltura non c’è possibilità di tenere insieme un patrimonio culturale di ricchezza che questo mondo rappresenta e che per l’Italia è vitale”. Per il ministro italiano l’attuale Pac, entrata in vigore a gennaio 2023 dopo due anni di periodo transitorio, “è stata scritta male, noi chiediamo delle modifiche sostanziali dove il reddito dell’agricoltore come manutentore del territorio sia tenuto in considerazione più di posizioni ideologiche”. Lollobrigida ha concluso sottolineando che “noi italiani abbiamo il dovere di sentirci corresponsabili delle scelte” dell’Ue “ma di influenzarle, non siamo una nazione di secondo piano ma una delle nazioni più importanti dell’agroalimentare”.

Proteste agricoltori, Giansanti: Due anni fa noi unici a dire che Pac era sbagliata

“Quando due anni fa fu approvata la Politica agricola comune nel silenzio generale o, al contrario nel plauso generale, ci fu solo una persona che disse che quella politica, cioè io. Non è che io oggi voglio fare quello che dice ‘ve l’avevo detto’, ma se due anni fa coloro i quali oggi dicono che tutto è sbagliato si fossero allineati alle nostre proposte, probabilmente oggi non avremmo i trattori in piazza”. Così il presidente di Confragricoltura, Massimiliamo Giansanti intervenendo al #geatalk format videogiornalistico di GEA .

agricoltura

Via libera dell’Europa al piano strategico italiano per la Politica agricola comune (Pac)

È arrivato il via libera al piano strategico italiano per la nuova Politica agricola comune (Pac) 2023-2027, con la Commissione europea che ha messo il timbro sulla strategia da 35,1 miliardi di euro complessivi. Dando l’ok al piano di Roma – forte di un sostegno dal bilancio comunitario pari a 26,6 miliardi e altri 8,5 da quello nazionale – l’esecutivo comunitario ha voluto evidenziare che “l’Italia è uno dei maggiori produttori agricoli e trasformatori di alimenti dell’Ue, con un settore agricolo molto diversificato”.

Secondo quanto si legge nel documento, la strategia punta a migliorare la competitività e la sostenibilità di un’agricoltura diversificata, a garantire un reddito adeguato agli agricoltori e a lottare contro la sfruttamento della manodopera, ma anche a proteggere le attività dagli effetti del cambiamento climatico e a ridurre l’impatto sull’ambiente. Per tutti questi motivi saranno destinati 17,61 miliardi di euro alla stabilizzazione del reddito degli agricoltori, garantendo una più equa distribuzione degli aiuti: dal 2023 sarà fissato un tetto massimo di 2 mila euro al valore che un agricoltore può ricevere per ettaro come sostegno di base al reddito. Il piano prevede anche interventi settoriali dedicati ai settori vitivinicolo, dell’ortofrutta, dell’olio d’oliva e dell’apicoltura.

Oltre 10 miliardi di euro sono destinati a interventi sul fronte ambientale (inquinamento delle acque, perdita di biodiversità ed emissioni), con 35 schemi volontari che compenseranno gli agricoltori per i costi aggiuntivi e le perdite di reddito derivanti dall’applicazione di pratiche più ecosostenibili. Circa 37 milioni di euro saranno destinati a migliorare i metodi di distribuzione dei fertilizzanti e del concime nel suolo ed è previsto uno stanziamento pari a 518 milioni di euro per promuovere sistemi di agricoltura integrata su 2,14 milioni di ettari, per ridurre l’inquinamento di acqua, suolo e aria e sviluppare l’economia circolare nelle aziende agricole. Saranno anche stanziati circa 2 miliardi per l’agricoltura biologica (che dalla Commissione è considerata una tecnica di produzione in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo), con l’obiettivo di aumentare la superficie coltivata a biologico fino al 25% di quella agricola complessiva entro il 2027.

Sul piano sociale sarà centrale l’intervento per contrastare lo spopolamento e l’abbandono delle attività agricole nelle aree rurali. Di qui il rafforzamento delle politiche a favore dei giovani agricoltori, attraverso la mobilitazione di 1,07 miliardi di euro. Circa 741 milioni saranno destinati alla creazione di 16 mila nuove opportunità imprenditoriali rivolte a giovani, ai disoccupati e alle imprenditrici e saranno sostenuti progetti innovativi e start-up con una forte attenzione alla digitalizzazione (con un ulteriore stanziamento a questo proposito di 2,22 miliardi). Le azioni si concentreranno soprattutto sugli strumenti digitali, la meccanizzazione, il benessere degli animali (con un budget specifico dedicato da 2 miliardi) e la formazione professionale. Il piano italiano stima che saranno coinvolte circa 358 mila persone in consulenze, gruppi operativi e circa 70 mila corsi di formazione, che aumenteranno il sistema della conoscenza e dell’innovazione in agricoltura.

La prima proposta di piano strategico della Pac era stata presentata il 31 dicembre dello scorso anno, ma ad aprile era stata bocciata dal gabinetto von der Leyen a causa di “numerosi elementi mancanti, incompleti o incoerenti”. Il 15 novembre è stata così presentata la proposta rivista, con la risposta alle osservazioni della Commissione e l’aggiornamento rispetto alle conseguenze della guerra russa in Ucraina – fino alla luce verde arrivata oggi da Bruxelles

Greenpeace mappa allevamenti: soldi anche a chi inquina troppo

Quasi novecento allevamenti intensivi in Italia inquinano emettendo molta più ammoniaca degli altri, pur ricevendo fondi pubblici. La mappa la traccia Greenpeace, che rivela dove si trovino gli allevamenti segnalati nel Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR) che emettono maggiori quantitativi di ammoniaca (NH3), un inquinante dannoso per l’ambiente e la salute umana, e quanti soldi pubblici ricevono.

Nel complesso, l’associazione ambientalista ha geolocalizzato 894 allevamenti inquinanti appartenenti a 722 aziende, alcune delle quali fanno capo a gruppi finanziari come il colosso assicurativo Generali, a nomi noti del food come Veronesi SpA, holding che comprende i marchi Aia e Negroni, o a grandi aziende della zootecnia come il gruppo Cascone.

Le regioni della Pianura Padana sono quelle maggiormente a rischio. Qui, infatti, ha sede il 90% degli allevamenti italiani che nel 2020 hanno emesso più ammoniaca. Capofila è la Lombardia, dove si trova oltre la metà degli stabilimenti che emettono grandi quantità di ammoniaca, una sostanza che concorre in maniera importante a formare lo smog che respiriamo: combinandosi con altre componenti atmosferiche (ossidi di azoto e di zolfo), l’ammoniaca genera infatti le pericolose polveri fini.

Dati alla mano, in Italia gli allevamenti sono la seconda causa di formazione del particolato fine (responsabili di quasi il 17% del PM2,5), più dei trasporti (14%) e preceduti solo dagli impianti di riscaldamento (37%). Mappare dove si trovano i maggiori emettitori di ammoniaca è quindi cruciale per sapere quanto è compromesso l’ambiente in cui viviamo, visto che l’elevata presenza di polveri fini comporta pesanti ricadute per la salute, come Greenpeace ha segnalato in un precedente studio condotto con ISPRA.

Aggiornando i dati pubblicati nel 2018, l’inchiesta di Greenpeace mostra come quasi 9 aziende su 10, tra quelle che possiedono allevamenti segnalati nel Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR), abbiano ricevuto finanziamenti nell’ambito della Politica Agricola Comune (PAC): un totale di 32 milioni di euro nel 2020, per una media di 50.000 euro ad azienda.

Le polveri fini (PM2,5) sono responsabili di decine di migliaia di morti premature ogni anno: l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha stimato quasi 50.000 vittime in Italia nel solo 2019. Com’è possibile ridurre drasticamente la diffusione di queste sostanze, se, parallelamente, si continuano a finanziare i modelli zootecnici intensivi e inquinanti che le producono?”, tuona Simona Savini, campagna Agricoltura di Greenpeace Italia.

L’inquinamento segnalato però è solo la punta dell’iceberg. Infatti, il Registro europeo E-PRTR riporta solo una parte delle emissioni della zootecnia, tanto che nel 2020 il 92% delle emissioni di ammoniaca prodotte dagli allevamenti non ha trovato “responsabili” nell’E-PRTR, perché non monitorato. Questa dannosa lacuna segnala l’urgenza di monitorare e regolamentare un maggior numero di allevamenti, come previsto dalla proposta della Commissione UE di modifica della direttiva europea sulle emissioni industriali. Una proposta, però, che ha già scatenato violente reazioni da parte di esponenti politici e di alcune organizzazioni di categoria. “Sembra che si faccia finta di ignorare che gli allevamenti intensivi sono già da anni considerati attività insalubri di prima classe, e che pertanto servono misure per proteggere la salute delle persone e l’ambiente dalle loro pericolose emissioni. Per farlo in modo efficace, occorre pianificare una riduzione del numero degli animali allevati, come sta già accadendo in altri Paesi europei – sostiene Savini –. Rimandare questi provvedimenti, significa ignorare gli impatti su salute e ambiente legati all’inquinamento prodotto dagli allevamenti intensivi“.

 

(Photo credits: DENIS CHARLET / AFP)

Patuanelli

Patuanelli favorevole a posticipare di un anno il via della nuova Pac

L’Italia chiede a Bruxelles di ragionare su una entrata in vigore posticipata della Politica agricola comune (PAC) per far fronte agli effetti della guerra in Ucraina, ma i piani strategici nazionali non dovrebbero andare incontro a modifiche strutturali. “È giusto ragionare sull’entrata in vigore posticipata della Pac, avendo il 2023 come ulteriore anno di transizione per affrontare l’emergenza attuale”, ha incalzato il ministro per le Politiche agricole, Stefano Patuanelli, nellò’ambito dell’evento promosso dalla redazione di Eunews/Hub editoriale dal titolo Nuova PAC, quale futuro per l’agroalimentare europeo?”.

Entro il 31 marzo la Commissione Europea formulerà una serie di osservazioni ai primi 19 piani strategici presentati a Bruxelles, tra cui anche quello italiano. “Risponderemo alle osservazioni nei 60 giorni successivi previsti, anche modificando alcuni aspetti, però dovremmo rimanere nel perimetro dei regolamenti della nuova PAC”, ha precisato il ministro. Più che ragionare in termini di modifiche strutturali dei piani strategici che saranno essenziali da qui al 2027, per l’Italia è necessario riconsiderare l’entrata in vigore della nuova PAC prevista per il primo gennaio 2023.

L’equilibrio trovato a fatica tra i co-legisaltori europei sulla nuova PAC è “il migliore possibile” tra gli obiettivi di sostenibilità e gli asset produttivi e non va messo in discussione. “Oggi retrocedere da quelle scelte credo sia un errore dal punto di vista strutturale nonostante l’emergenza”, ha aggiunto. Per contrastare gli effetti della guerra sul comparto agricolo, Bruxelles ha presentato un piano per la sicurezza alimentare che per l’Italia significa sbloccare un pacchetto di aiuti da 50 milioni di euro dalla riserva di crisi PAC che con un co-finanziamento nazionale fino al 200% potrebbe arrivare a 150 milioni. Lo sblocco della riserva di crisi da parte dell’Ue “è un primo passo secondo me insufficiente” perché “si tratta di mettere a disposizione degli agricoltori i soldi degli agricoltori stessi”, ha ricordato Patuanelli dal momento che la riserva di crisi viene finanziata con una parte degli aiuti diretti del primo pilastro.

Per ora, però, uno slittamento dell’entrata in vigore della nuova PAC non è in agenda a Bruxelles. “Non ci sono alternative alla struttura della PAC riformata, le sfide del cambiamento climatico non aspettano”, ha chiarito Wolfgang Burtscher, direttore generale della DG (Direzione Generale) Agri della Commissione Europea, chiudendo i lavori del primo panel dell’evento dedicato alla “Nuova PAC 2023-2027, le nuove coordinate per il settore agricolo”. Burtscher ha ammesso che la guerra in Ucraina ha di molto aggravato “la situazione dei nostri agricoltori e produttori” soprattutto dal punto di vista di un aumento dei costi di produzione, dai fertilizzanti al carburante. Per questo, ha ricordato, che la Commissione sta lavorando su tre aree di intervento nel suo piano per la sicurezza alimentare presentato la scorsa settimana: sostenere i produttori ucraini a continuare a produrre, garantire la sicurezza alimentare globale e sostenere la sicurezza dei nostri agricoltori. Ora “spetta agli Stati capire quali sono le aziende o gli agricoltori più colpiti da questa crisi” e sostenerli con queste risorse aggiuntive.