Musumeci a Stromboli: “Pronti a intervenire, ma per ora l’ipotesi non esiste”

A Stromboli l’allerta è alta, la mobilitazione siglata e il governo pronto a intervenire. Anche se, al momento, l’ipotesi “non esiste“, assicura Nello Musumeci.

Il ministro per la Protezione civile raggiunge l’isola con il capo dipartimento Fabrizio Curcio, per un vertice convocato al Centro Operativo Avanzato. Al tavolo ci sono anche il prefetto di Messina, Cosima Di Stani, il sindaco, Riccardo Gullo, e i rappresentanti delle forze dell’ordine.

Bisogna stare molto cauti, attenti ed essere pronti ad ogni sviluppo, ad ogni evoluzione del fenomeno“, spiega l’ex governatore della Sicilia, dopo aver sorvolato la scena del fuoco in elicottero. “Abbiamo notato come questa attività che si sviluppa dal 23 giugno, seppure in fase di attenuazione, ancora persista. Abbiamo l’obbligo di stare sempre in guardia, di immaginare lo scenario peggiore e augurarci quello migliore“, afferma.

Di ieri è la firma dello stato di mobilitazione chiesto dalla Regione per fronteggiare le criticità. L’attività del vulcano ha comportato l’innalzamento dello stato di allerta dal giallo all’arancione, fino all’attuale rosso. La mobilitazione nazionale è prevista dal codice di protezione civile per consentire al Dipartimento di supportare l’azione della Regione e del Comune in una fase di emergenza. “Mettiamo a disposizione tutte le risorse umane e strumentali in una fase delicata, perché da sole le istituzioni locali non potrebbero affrontare il contesto“, scandisce Musumeci.

In alta stagione, i problemi per il turismo non mancano, ma i divieti legati allo stato d’allerta “non sono frutto di un capriccio“, ricorda il ministro. “Stiamo mantenendo un profilo basso per non danneggiare i villeggianti – precisa -, questa è un’isola meravigliosa che va vissuta, ma tutto quello che stiamo facendo è assolutamente doveroso, necessario e irrinunciabile“.  Se il fenomeno nei prossimi giorni dovesse attenuarsi, alcune misure potrebbero essere revocate, però, in questo momento, restano irrevocabili.

Campi Flegrei, vertice a P.Chigi: più risorse a edilizia pubblica, apertura a quella privata

Photo credit: ufficio stampa Comune di Napoli

 

Un nuovo piano di interventi per i Campi Flegrei. Lo ha presentato il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, ai sindaci di Napoli, Gaetano Manfredi, di Pozzuoli, Luigi Manzoni, e di Bacoli, Josi Gerardo Della Ragione, in una riunione convocata a Palazzo Chigi alla presenza anche del vicepresidente della Regione Campania, Fulvio Bonavitacola, e dei capi dipartimento di Protezione civile e Casa Italia. “Più celeri e approfondite verifiche dei livelli di vulnerabilità del patrimonio immobiliare pubblico e privato ricadente nell’area ristretta del bradisismo, interventi di rafforzamento antisismico delle infrastrutture strategiche pubbliche, a cominciare dalle scuole e contributi per l’adeguamento antisismico delle abitazioni private ricadenti nelle zone di elevato rischio, esclusi gli edifici abusivi e le seconde case“, spiega Musumeci sintetizzando i punti chiave del piano. Che vedrà anche “l’intensificazione della prevenzione non strutturale, con informazioni ed esercitazioni che coinvolgano quanti più abitanti” e “possibili incentivi finanziari per le famiglie che intendano delocalizzare da aree ad elevato rischio in aree esterne al perimetro del rischio bradisismico e vulcanico“.

Il ministro anticipa che ci sarà “il divieto di costruzione di nuove unità abitative, fino a quando la Regione Campania non avrà legiferato sulla materia“. Assicurando che “nei prossimi giorni, verificata la risorsa finanziaria necessaria complessiva e per i primi interventi, porterò le proposte all’esame del Consiglio dei ministri“. E’ positiva la reazione degli amministratori locali, che chiedevano di proseguire sulla rotta tracciata dal dl Campi Flegrei. “C’è stata disponibilità e apertura da parte del governo per ulteriori risorse per gli interventi sull’edilizia pubblica, con priorità sulle scuole e sulle carceri, per fare interventi soprattutto nella zona di maggiore interesse e attenzione bradisismica“, spiega Manfredi al termine della riunione. La stima attuale del fabbisogno si aggira “dai 500 ai 700 milioni di euro e riguarda strade, servizi, reti di fognature, la parte idrica e anche quegli interventi previsti in passato ma che non sono mai stati realizzati“. Inoltre, “c’è stata anche una lunga discussione, positiva, sullo studio di opportunità di finanziamento e sostegno per interventi anche sull’edilizia privata, partendo da quegli edifici che saranno caratterizzati da maggiore vulnerabilità”, aggiunge il sindaco di Napoli. Spiegando che prima andranno completate “le prime analisi di vulnerabilità sul comparto, che arriveranno per la fine del mese di giugno” e solo dopo si potrà fare una quantificazione degli interventi.

Sull’ipotesi che, tra le misure per fronteggiare l’emergenza, ci sia anche quella di sostenere economicamente chi vuole abbandonare i territori dei Campi Flegrei intervengono anche i primi cittadini dell’area flegrea. “L’ipotesi di abbandonare i territori non c’era“, dice Manzoni lasciando Palazzo Chigi. Ancora più diretto il collega sindaco di Bacoli: “Quando, purtroppo, ci sono state disgrazie in altre parti d’Italia non ho mai sentito parlare di spostare la popolazione. Ma poi, che facciamo, spostiamo i Campi Flegrei, le aree vesuviane, Napoli? Spostiamo tre milioni di persone? Possiamo convivere in questa parte di mondo, ci vuole solo grande responsabilità da parte dello Stato, che agisca come un buon padre di famiglia“.

Intanto, sul piano pratico, l’Istituto nazionale di Vulcanologia fa sapere che alla rete di monitoraggio geofisico multiparametrico ‘Medusa‘, che tiene sotto controllo la caldera dei Campi Flegrei (che si estende anche nell’area marina nel Golfo di Pozzuoli), nel settore sommerso, è stato installato un nuovo osservatorio multiparametrico per lo studio del processo di degassamento idrotermale sottomarino. Un intervento che si è reso necessario, precisa l’Ingv, per potenziare l’infrastruttura di ricerca e monitoraggio geochimico.

Musumeci: “In arrivo codice nazionale Ricostruzioni ma fondamentale fare prevenzione”

Con i cambiamenti climatici, le calamità naturali sono sempre più frequenti e le ricostruzioni ancora troppo lente e costose. Per questo Nello Musumeci è al lavoro su un codice delle ricostruzioni omogeneo e più efficace, valido per l’intero territorio nazionale e per ogni tipo di calamità.

Al Commissario straordinario spetterà la competenza della ricostruzione, insieme alla Regione interessata e agli Enti locali, ma “fissando tempi precisi“, spiega il ministro.
Accanto alla regolazione della fase di ricostruzione, mette in chiaro Musumeci, serve fare prevenzione: “Solo negli ultimi 40 anni abbiamo speso più di 200 miliardi di euro per ricostruire, quando ne sarebbero bastati la metà per poter mettere in sicurezza quei territori“, osserva.

Il provvedimento è alla fase finale. “Penso che due, tre mesi potrebbero bastare. Rispetto agli 80 anni trascorsi – rivendica Musumeci – è un tempo assolutamente breve e ragionevole“. Il limite temporale massimo per ricostruire è fissato in dieci anni.

Ciò che i privati cittadini saranno chiamati a fare a breve è assicurare obbligatoriamente i propri beni contro le calamità naturali, cosa al momento obbligatoria solo per le imprese. “Il cittadino è convinto che lo Stato sia un erogatore di beni e servizi. Ma lo Stato non è più in grado di sostenere un costo così rilevante, costante e destinato a crescere“, ribadisce il ministro. “La disciplina che proponiamo è omogenea e definisce la fine e l’inizio dei diversi stadi delle crisi”, afferma, ricordando che dopo ogni evento calamitoso “si sono susseguite discipline poco organiche e frammentarie, differenziate per territori“.

Una delle prossime mosse sarà, anticipa, aprire un tavolo fiumi tombati. “Nessuno ne parla, ma sono una delle cause principali dei disastri nei centri urbani. Iniziamo a fare un’analisi, un censimento serio, e cerchiamo di capire quanti di questi corsi d’acqua possano essere liberati per evitare nuovi disastri“, afferma, dicendosi pronto a pagarne le conseguenze in termini di consenso, perché “il diritto alla vita non è negoziabile, è fisiologico e abbiamo il dovere di garantirlo, costi quel che costi“.

L’iniziativa incassa l’appoggio delle Regioni: “La vicinanza al territorio è fondamentale”, sottolinea il presidente della conferenza Massimiliano Fedriga, ricordando il terremoto del 1976 in Friuli Venezia Giulia, che “rappresentò un modello di collaborazione istituzionale e di fattivo riscatto”. Funzionò perché la gestione dell’emergenza coinvolse, anche in fase di ricostruzione, tutti i livelli istituzionali, chi conosceva il territorio e le sue risorse. Rappresentò, sostiene il governatore del Friuli Venezia Giulia, “un modello per l’attuale sistema di protezione civile su base regionale, dal decentramento degli interventi alla collaborazione tra tutti livelli di Governo“.

Oggi abbiamo un’opportunità formidabile“, rileva il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio: un disegno di legge sulla ricostruzione che è in lavorazione e un ddl, nella semplificazione normativa, che dà la delega al governo per modificare alcuni temi in materia di codice di protezione civile. “Quindi siamo veramente nel momento migliore: c’è una modifica in atto sulla ricostruzione, una modifica in atto sulla protezione civile, stanno per metterle insieme“. E’ indispensabile, ripete, perché i cambiamenti climatici “è evidente che ci proiettino verso una gestione emergenziale molto diversa da quella fatta finora e automaticamente anche per una gestione di ricostruzione“.

Asvis: Prevenzione dissesto troppo scarsa. Musumeci: Testo unico entro l’anno

Un testo unico di prevenzione al dissesto idrogeologico, scritto dal ministero per la Protezione civile con tutti gli altri dicasteri interessati, entro la fine del 2024. Il governo punta così a superare il caos in cui naviga la materia complicatissima della prevenzione delle catastrofi in Italia, sempre più necessaria davanti ai continui eventi estremi dovuti al cambiamento climatico, ma anche a quelli strutturali di un territorio fragile.

L’obiettivo è quello di “pianificare prima ancora di intervenite, spiega il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci. E non pianificare “14mila interventi” (tanti sono quelli considerati urgenti nel Paese), ma cento. “Cento interventi, cento infrastrutture strategiche di carattere nazionale, definendo le risorse per intervenire. Cento interventi che per essere strategici diventano fondamentali. Chi li individua? Le autorità di bacino, che sono quelle che hanno la banca dati“, precisa il ministro, che parla poi di una sub-pianificazione di infrastrutture meno rilevanti di interesse locale, che può essere invece affidata alle Regioni.

Quella delle opere strategiche, invece, deve essere materia della Protezione civile: “Non può non essere così, mi batterò per difendere questo principio incontestabile“, assicura. Perché, affonda: “Non si gioca sulla vita delle persone difendendo gelosie dei capi dipartimenti, non è consentito”.

Sulla mancata tempestività su alcuni interventi, punta il dito sulla Tesoreria di Stato, senza mezze misure: “Non può essere un ostacolo all’azione di governo, soprattutto quando promossa dalla Protezione civile, che per alcune iniziative conta i giorni, non i mesi, come per i Campi Flegrei“, afferma. Sulla sua condotta, arriva a dire, “sarebbe il caso di chiamare in causa il Colle, spero non sia necessario“. Si riferisce a un caso specifico, riguardante proprio il territorio bradisismico: “Lo dico non perché io sia prevenuto nei confronti di un organismo importante, ma per un fatto vissuto personalmente – racconta -. Se una norma prevede l’intesa con il Mef e devo intervenire ad applicarla in tempi rapidi e nel frattempo mi arrivano notizie di sciami sismici costanti, ho il dovere non solo di non dormire la notte, ma di dover chiedere urgenza. Se, dopo averlo fatto e aver presentato sollecito, fanno passare due mesi per la risposta, è chiaro che non va bene“. La soluzione sarà chiedere una corsia preferenziale per alcuni interventi. “Investirò del problema il presidente del Consiglio e se necessario il capo dello Stato“, insiste.

Il problema si pone perché sulla prevenzione, tra il 2013 e il 2019, sono stati spesi solo due miliardi di euro, appena un decimo del costo sostenuto per fronteggiare le emergenze nello stesso periodo. Lo mette in luce l’Asvis nel policy brief sul dissesto idrogeologico. Per ridurre le morti e i danni provocati dalle catastrofi e mitigare le conseguenze devastanti della crisi climatica sui territori e sulle persone che lo abitano è “urgentissimo adeguare in via straordinaria la pianificazione di bacino tramite i Piani per l’Assetto Idrogeologico (Pai) alle nuove mappe di pericolosità”, sottolinea Asvis. Una pianificazione che deve essere sovraordinata rispetto a quella urbanistica comunale e tenere conto delle mappe dei rischi contenute nei Piani Gestione Rischio Alluvioni (Pgra) delle Autorità di bacino distrettuali.

Il Policy Brief sottolinea che il 93,9% dei comuni italiani è a rischio frane, alluvioni ed erosione costiera, un fattore che rende vulnerabile almeno 1,3 milioni di abitanti per le frane e 6,8 milioni per le alluvioni, come indicato dall’Ispra.

Il costo dell’inazione è “nettamente superiore a quello da sostenere per affrontare seriamente i rischi derivanti dalla crisi climatica“, scandisce il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini, che chiede di rafforzare gli investimenti, ma anche, appunto, “il ruolo di coordinamento della Presidenza del Consiglio in modo da avere una visione integrata delle azioni sul ciclo idrologico“. La pianificazione nazionale deve essere “pluriennale” e affidata al testo unico anche per Asvis. La resilienza dei territori, osserva Giovannini, “passa dalla volontà politica di investire nella prevenzione e nella gestione sostenibile delle risorse idriche“. E’ quello che, d’altra parte, indicano gli impegni che l’Italia deve perseguire per realizzare l’Agenda 2030 dell’Onu ed è quello che prevede il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici approvato a dicembre.

Protezione civile pronta alla campagna per la prevenzione incendi

Un “nemico subdolo“. Così il ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, definisce gli incendi estivi.

Dal 15 giugno al 30 settembre dello scorso anno, sono state 1.102 le richieste di concorso aereo alla protezione civile, per 5.849 ore di volo e 30.994 lanci con oltre 176 milioni di litri di estinguente.

Oggi a Roma il ministro convoca la prima riunione preliminare in vista dell’imminente campagna estiva. “Solo con un’attenta prevenzione e facendo rete fra tutti i soggetti, pubblici e privati, potremo riuscire a neutralizzarne gli effetti devastanti“, osserva. All’incontro partecipano il sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco, il capo dipartimento Fabrizio Curcio, il capo dipartimento dei vigili del fuoco Laura Lega, il comandante del corpo nazionale dei vigili del fuoco Guido Parisi, il generale Giuseppe De Riggi del comando dei carabinieri forestali, con gli assessori alla Protezione civile di tutte le Regioni.

Sul tavolo, i Piani comunali per gli Incendi di interfaccia, i presidi rurali, la necessità di dotare alcune aree di elisuperfici, la campagna comunicativa di prevenzione, la distribuzione sul territorio della flotta aerea, la sensibilizzazione dei ragazzi nei Campi scuola.

Secondo i dati Effis (European Forest Fire Information System), nel 2021 quasi 160mila ettari di superfici boscate e non boscate italiane sono stati devastati dalle fiamme. Un dato “sicuramente sottostimato, visto che il sistema di monitoraggio europeo prende in considerazione solo gli incendi che hanno interessato una superficie non inferiore ai 30 ettari“, rileva Legambiente. L’area mediterranea è particolarmente sensibile ai mutamenti climatici. L’aumento delle temperature e la diminuzione delle precipitazioni amplificheranno la vulnerabilità del territorio rispetto al rischio di incendi boschivi. Lo scenario al 2050 prevede un allungamento della stagione degli incendi del 11% e un aumento delle giornate con pericolosità estrema di circa il 46% rispetto allo storico.

La lotta agli incendi boschivi “richiede territori pronti ad affrontarla, lavoro sinergico tra le autorità locali e le Strutture Operative del Servizio nazionale della Protezione civile, cittadini informati e responsabili nei comportamenti“, spiega Curcio. “Per questo siamo al lavoro, con tutti i nostri partner, per una campagna antincendi boschivi che purtroppo anche quest’anno sarà caratterizzata da una marcata siccità“, avverte. Per questo, l’appello di Musumeci è a un “maggiore senso di responsabilità da parte di tutti: più uomini in divisa sul territorio per scoraggiare i piromani, il rispetto della effettività della pena a carico degli incendiari condannati, solerzia dei proprietari nel realizzare i ‘viali tagliafuoco’ nei loro fondi agricoli (coltivati o meno), allertamento dei sindaci, motivazione dei volontari e aggiornamento da parte delle Regioni della mappa dei punti di approvvigionamento d’acqua nelle aree rurali per i velivoli anfibi. Prepariamoci – avverte – a una stagione impegnativa per tutti!”.

Terremoto Turchia - Siria

Terremoto di magnitudo 7.9 devasta Siria e Turchia: migliaia di morti

Una scossa di magnitudo 7.9 ha fatto tremare la Turchia questa notte alle 2.17 italiane nella parte sud-orientale, al confine con la Siria, nella regione dell’Anatolia sud-orientale. Tra le città più vicine all’epicentro, circa 30 km, c’è Gaziantep, una delle più grandi della Turchia. Il terremoto ha avuto un ipocentro a circa 20 km di profondità ed è stato fortemente sentito in tutta l’area meridionale della Turchia ed anche in Siria. Dopo il terremoto delle 2.17 sono state registrate altre scosse altre 7 scosse di magnitudo superiore a 4.5 nell’area e una di magnitudo 7.5. I danni sono ingenti. Secondo gli ultimi bilanci diffusi le vittime sarebbero oltre 2.600 fra Turchia e Siria. In Turchia, invece, le scosse hanno ucciso 1.651 persone  e ne hanno ferite almeno 11.159. Sono 3.471 gli edifici crollati , sollevando il timore di un bilancio di vittime ancora più alto. Sono almeno mille invece i morti in Siria: 570 persone sono state uccise e 1.403 ferite nelle aree sotto il controllo del governo nelle province di Aleppo, Latakia, Hama e Tartous. Nelle aree sotto il controllo dei gruppi ribelli nel nord-ovest, almeno 430 persone sono state uccise e più di 1.050 ferite. 

Allarme anche in Italia, con la protezione civile che ha inizialmente diramato un’allerta maremoto per le coste del Sud Italiane, salvo poi revocarla. Per precauzione, inizialmente, era stata sospesa la scopo cautelativo la circolazione ferroviaria in Sicilia, Calabria e Puglia, proprio per il rischio di possibili onde di maremoto. Ma intorno alle 7 circa la circolazione è ripresa con regolarità. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni segue costantemente, aggiornata dal Dipartimento della Protezione Civile, gli sviluppi del terremoto e “esprime vicinanza e solidarietà alle popolazioni colpite. La Protezione Civile italiana ha già fornito la propria disponibilità per contribuire al primo soccorso“, scrive Palazzo Chigi in una nota. Il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani ha subito scritto su Twitter: “Ho appena parlato con il ministro degli Esteri della Turchia Mevlut Cavusoglu per esprimergli la vicinanza dell’Italia e per mettere a disposizione la nostra Protezione civile”. Al momento la Farnesina conferma che non ci sono italiani coinvolti.

Intanto la comunità internazionale si sta muovendo per aiutare le popolazioni colpite. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha fatto appello all’unità nazionale, affermando che la Turchia ha ricevuto offerte di aiuto da 45 Paesi.

Il commissario europeo per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, ha annunciato di avere già attivato il meccanismo di protezione civile dell’Ue e che “il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell’Ue sta coordinando l’invio di squadre di soccorso dall’Europa. Squadre dai Paesi Bassi e dalla Romania sono già in viaggio“. Notizia confermata dalla presidente Ursula von der Leyen: “Il sostegno dell’Europa è già in arrivo e siamo pronti a continuare ad aiutare in ogni modo possibile“.  Stessa reazione dagli Stati Uniti, il cui consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan annuncia in una nota che gli Usa sono “pronti a fornire tutta l’assistenza necessaria“. “Il presidente Biden – precisa – ha ordinato a USAID e ad altri partner del governo federale di valutare le opzioni di risposta degli Stati Uniti per aiutare le persone più colpite“. Gli Usa, continueranno a “monitorare da vicino la situazione in coordinamento con il governo turco“.

I nostri team sono sul campo per valutare i bisogni e fornire assistenza“, ha fatto sapere il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, facendo appello alla comunità internazionale. Un minuto di silenzio durante l’Assemblea generale dell’Onu. Il Cremlino, alleato della Siria, ha annunciato che le squadre di soccorso partiranno per Damasco “nelle prossime ore“, mentre secondo l’esercito sono già sul posto più di 300 soldati russi per aiutare con i soccorsi. Mosca ha precisato che il presidente turco ha accettato, dopo un colloquio telefonico con Vladimir Putin, “l’aiuto dei soccorritori russi” nel suo Paese.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato di aver soddisfatto una richiesta di aiuto della Siria, con la quale lo Stato ebraico non ha relazioni diplomatiche. Damasco ha subito negato di aver inviato una tale richiesta.

Musumeci: Ricostruiamo l’Italia. Stare nei tempi o via incarichi e sanzioni

Sulle eterne ricostruzioni, l’Italia cambia passo. Parola di Nello Musumeci, da meno di tre mesi alla guida del nuovo ministero per la Protezione civile e le politiche del Mare.
In Consiglio dei ministri approda il Dl Ricostruzione, più risorse per il dipartimento, un piano straordinario per Ischia, una scure sui tempi. “Da oggi inizia una nuova fase, nel segno della continuità e della celerità”, assicura il ministro, che vede Guido Castelli, neo commissario per la ricostruzione post terremoto del Centro Italia, insieme a Giovanni Legnini, confermato commissario per la ricostruzione a Ischia, mettendo un punto alle polemiche sullo spoil system sollevate dall’avvicendamento del meloniano Castelli a Legnini.

Su questa sostituzione il segretario del Pd Enrico Letta ha parlato di un ‘Brutto segnale’. Come risponde?

“L’Italia senza polemiche sarebbe come un albero senza foglie. E’ normale. Che le polemiche vengano da una forza politica dell’opposizione è altrettanto normale. Meno normale è che vengano dal Partito democratico, che in termini di nomine di governo minore credo non abbia dato un buon esempio. Il senatore Legnini rimane sull’Isola di Ischia con un compito assai gravoso che si aggiunge a quello post-sisma ed è una scelta di questo governo, senza alcun criterio di carattere politico. Il senatore Castelli, che ha fatto l’amministratore locale, è stato un ottimo sindaco e conosce bene quel territorio. E’ stato scelto per occuparsi del completamento della fase di ricostruzione, che il commissario Legnini non poteva assolvere con una certa leggerezza, essendo già onerato da due incarichi particolarmente importanti. Sono tre gli obietti che il governo vuole perseguire per l’incarico e la nomina di commissario: la vocazione organizzativa, la conoscenza del territorio e il rapporto fiduciario, tutti questi requisiti sono stati rispettati. Fra i tre non c’è l’appartenenza politica”.

Sulle tante ricostruzioni da fare, avete individuato delle priorità?

“Il ministero sta lavorando per semplificare il quadro normativo. Non è possibile che in Italia un’opera di ricostruzione dopo una calamità, non importa se frana, alluvione o terremoto possa durare anche 60-70 anni. Nella Valle del Belice, in Sicilia, ancora i sindaci lamentano il mancato completamento della fase di ricostruzione, eppure quel disastroso terremoto è avvenuto nel gennaio del 1968. L’obiettivo, fra i tanti, è quello di dover limitare l’opera di ricostruzione, almeno per la parte che riguarda il sostegno finanziario del denaro pubblico. Siamo orientati a prevedere un lasso di tempo non superiore a 10 anni. Significa che se gradualmente il piano di ricostruzione, con le sue scadenze, non dovesse essere rispettato, chi viene chiamato a compiere questa operazione viene sollevato dall’incarico e non pensiamo di dover escludere poteri sanzionatori”.

Il governo si è insediato a fine ottobre, tra l’alluvione delle Marche e la frana di Ischia. Gli effetti dei cambiamenti climatici rendono sempre più evidente la fragilità del territorio italiano. Ha istituzionalizzato i tavoli con gli assessori della protezione civile, come procedono?

“Nel mese di gennaio terremo un altro incontro e ci occuperemo esclusivamente delle opere assegnate alla protezione civile attraverso le risorse del Pnrr. Si tratta di 1,2 miliardi di euro, 400 milioni già impegnati per progetti avviati e redatti, 800 milioni andranno ai nuovi progetti e una parte crediamo di poterli destinare alla prevenzione per gli incendi boschivi che ogni volta mettono in ginocchio non solo l’Italia. Oggi ho avuto un incontro con i ministri di nove Paesi per parlare degli incendi boschivi, abbiamo rinnovato l’impegno a stare uniti perché uniti si può vincere la battaglia e denunciato la carenza dei Canadair, di fabbricazione straniera. Il paradosso è che non riusciamo a comprarne di nuovi perché prodotti da una sola casa in regime di totale monopolio. Mi sembra un’anomalia sulla quale ho ritenuto di dover richiamare l’attenzione dei colleghi ministri degli altri Paesi europei e del commissario europeo per gli affari umanitari”.

Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, fermo da anni, è stato pubblicato come promesso prima della fine dell’anno. Quando sarà attuato e dove troverete le risorse?

“La pubblicazione del bando non è l’ultimo atto. Serve adesso adottarlo, dopo il parere della valutazione ambientale strategica. Il collega Pichetto ha avuto la solerzia di far pubblicare il piano prima della fine dell’anno, come si era impegnato a fare. Mi auguro che si faccia presto, perché a volte il mondo scientifico, al quale siamo grati, non ha profonda consapevolezza dei tempi necessari per intervenire sul territorio. E’ probabile che entro un mese o poco più si possa arrivare all’approvazione del piano. Che dovrà essere seguito da un piano di prevenzione, qui siamo solo nella fase di previsione”.

L’ex ministro Sergio Costa contesta che il Piano andava completamente riscritto.

“Il piano di adattamento ai cambiamenti climatici è stato avviato nel 2016, mi pare che subito dopo il generale Costa sia stato nominato ministro dell’Ambiente. Ha avuto tutto il tempo per poter o far rivedere il piano o accelerarne l’esecuzione. Non capisco contro chi ce l’abbia il buon generale Costa. E’ amaro dover constatare come, quando il piano sarà adottato, per alcuni aspetti sarà già superato. Questi strumenti di pianificazione hanno bisogno di correre su un binario veloce o le mutazioni climatiche, le anomalie che registriamo giorno dopo giorno finiscono con il vanificarne la funzione, che è quella di suggerire il piano di prevenzione. Spero che per il futuro questa lezione possa essere d’aiuto”.

Con la legge di Bilancio è stata riattivata la società Ponte sullo Stretto. In molti sostengono che chi vive e lavora in Sicilia e Calabria abbia bisogno di altre infrastrutture e che il ponte non cambierà nulla nella loro vita. E’ d’accordo?

“Sono d’accordo col fatto che ci siano molte persone che ritengano inutile il Ponte sullo stretto e molte altre che lo ritengano utile. E’ un tema divisivo naturalmente. Ci si è iscritti in buona parte al partito del ‘benaltrismo’, per cui di fronte alle esigenze di affrontare un problema si risponde ‘Ma c’è ben altro’. Con questa scusa il Sud e la Sicilia continuano ad arrancare. Il ponte sullo stretto è una infrastruttura, come può esserlo un’autostrada, un porto o un aeroporto. Per rendere competitiva la Sicilia come base logistica del Mediterraneo, occorre che le persone e le merci possano muoversi velocemente. A questo serve il Ponte sullo Stretto. Realizzarlo non significa non doverci preoccupare della viabilità in Sicilia, l’una opera non esclude le altre”.

I prezzi alle stelle dei carburanti piegano anche i marittimi. Ci sarà il taglio delle accise o si va verso un passo indietro?

“Noi spesso dimentichiamo di essere in economia di guerra. Dimentichiamo che non abbiamo autonomia energetica, che la manovra delle accise portate avanti dal governo Draghi ha comportato un costo di 10 miliardi di euro e al tempo stesso la manovra di Bilancio ha destinato 21 miliardi solo al caro energia. E’ una valutazione che il governo sta facendo in queste settimane. Si tenga conto che, per ogni provvedimento che si intende adottare, bisogna fare ulteriore debito. Alla fine non paga il governo Meloni, non paga il premier o il ministro Musumeci, pagheranno i nostri figli per i prossimi 20-30 anni. Ogni buon padre di famiglia ha il dovere di capire se sia più giusto o utile fare ora ulteriori debiti (e l’Italia ne ha fatti per 400 miliardi negli ultimi quattro anni anche a causa del Covid), o sia più giusto affrontare ora ulteriori sacrifici nella certezza che fra qualche mese la situazione complessiva si potrà normalizzare. Fa specie il fatto che alcune pompe di benzina vendano il carburante a meno di 2 euro e altre a 2,30. L’ida che ci possa essere qualche furbetto della speculazione non è malvagia, anche per questo il ministro dell’Economia ha chiesto alla guardia di finanza di adottare misure di contrasto”.

siccità

Siccità, pronti al razionamento diurno dell’acqua

Più di 200 incendi in dodici giorni, il cuneo salino del Po che ha ormai raggiunto i 30 chilometri e il Grande Fiume che ha un livello inferiore di 3,4 metri rispetto a Ferragosto dello scorso anno. La corsa della siccità sta accelerando ogni giorno di più e le previsioni dei prossimi giorni non sono buone. L’anticiclone africano Caronte, infatti, non darà tregua all’Italia e anche in questa settimana i termometri si manterranno su temperature ben al di sopra delle medie stagionali, con picchi che potranno facilmente superare i 40°C in molte città. Tutto il sud sarà interessato da ondate di calore molto intense, mentre al nord è allerta per forti temporali. Pioverà, insomma, ma non abbastanza per ristorare il terreno e, soprattutto, è alto il rischio di danni idrogeologici, al punto che la Protezione civile ha ha emanato avvisi specifici per Valle d’Aosta e Piemonte, in estensione poi a Liguria, Emilia-Romagna, Lombardia, province autonome di Trento e Bolzano, Veneto e Toscana settentrionale.

ALLARME INCENDI

Ad allarmare, e molto, sono anche gli incendi. Dal 15 giugno sono 199 quelli censiti: erano 80 nel 2021 e 30 nel 2020. “Siamo molto preoccupati“, conferma il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio. Secondo Coldiretti, sono oltre 9mila gli ettari di terreno andati in fumo negli ultimi sei mesi, più che raddoppiati rispetto alla media storica. E nei prossimi giorni l’allerta è estrema in tutta Italia.

FRAMMENTAZIONE DELLE COMPETENZE

Sono anni che parliamo di cambiamenti climatici e di come impattano sul nostro territorio e questo periodo è una foto fedele di questi ragionamenti“, ricorda Curcio, spiegando che la situazione “è complessa in tutto il Paese. Quest’anno, rispetto alla media, abbiamo avuto il 70% di neve in meno e -40/50% di acqua. “Quindi – spiega il capo della Protezione civile – abbiamo una situazione generale di carenza di risorse idriche e di pioggia“, che diventa ancora più complessa da gestire a causa della mancanza di “una visione generale”. La frammentazione di competenze – tra Regioni, ministeri, bacini distrettuali ed enti gestori – insomma, “non ha aiutato” e si fa urgente la necessità di intervenire su “molti problemi di infrastrutture come le perdite in rete che ci affliggono da anni“.

LO STATO DI EMERGENZA

Il governo intanto si sta muovendo sul fronte ‘burocratico’, in attesa della presentazione, da parte delle Regioni, dei criteri e delle misure necessari a definirlo. Le tempistiche? “Nelle prossime giornate o al massimo in un paio di settimane avremo chiare le misure da prendere“, assicura Curcio. Lo stato di emergenza, ovviamente,non risolve il problema” della siccità, ma consentirà agli enti locali di avere più poteri e risorse per affrontarla.

RAZIONAMENTO DELL’ACQUA

Lo scenario resta complesso. Non si contano più i Comuni che hanno emesso ordinanze per limitare l’uso dell’acqua ai soli scopi igienici e domestici e quelli che hanno chiuso i rubinetti di notte. Il rischio ora è il razionamento diurno. In alcune zone del Paese potrebbe succedere, annuncia Curcio, spiegando che “poi ci sarà un momento in cui l’acqua arriverà e arriverà tutta insieme“. In autunno, insomma, si tornerà a parlare di alluvioni, parte di una narrazione ormai insita nel terreno del nostro Paese.

(Photo credits: Piero CRUCIATTI / AFP)

Po

L’Italia ha sete. Le Regioni chiedono lo stato di emergenza, Cirio: “Situazione drammatica”

Una situazione drammatica, mai così grave negli ultimi anni. È il quadro che, in piena emergenza siccità, restituiscono i presidenti delle Regioni del Nord Italia. Lo fa il governatore del Piemonte Alberto Cirio, che chiede “risorse economiche per i nostri agricoltori” e che “il Governo prenda in mano la questione sotto forma di emergenza nazionale. Per evitare che questa situazione torni a replicarsi in futuro, il Pnrr deve essere declinato in modo che gli agricoltori possano costruire piccoli invasi consortili“. E lo fa il collega della Lombardia, Attilio Fontana, che al termine della riunione tra la Conferenza delle Regioni e il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, parla di “una situazione eccezionale, di una gravità che non si era mai verificata in questi anni“. Intanto la Protezione Civile sta lavorando sui parametri tecnici per andare incontro alle richieste di stato di emergenza.

Da una parte c’è l’esigenza di non dover razionare l’acqua per uso domestico, dall’altra quella di sostenere e risarcire gli agricoltori danneggiati dalla siccità. Senza dimenticare il funzionamento delle centrali idroelettriche, messe a grave rischio dalla mancanza di flussi. Per quanto riguarda l’agricoltura, già in mattinata il ministro Patuanelli aveva parlato della necessità di “fare un percorso di avvicinamento all’obbligo assicurativo” per il settore. E annunciato una riunione con il Mite e la Protezione civile per fare il punto sulla situazione. In ogni caso, secondo il ministro, “lo stato di emergenza e lo stato di calamità dovranno lavorare insieme” per “portare l’acqua dove serve con la Protezione civile” e per avviarne la razionalizzazionecioè per modificare le modalità degli usi domestici, agricoli e nelle centrali idroelettriche“. Lo stato di calamità, invece, “consente di superare i limiti della norma 102 per intervenire sui danni“.

Intanto, l’Autorità Distrettuale del fiume Po continua a lanciare l’allarme sul cuneo salino nel Delta del Po, che ha raggiunto i 21 km. “Il livello del fiume è così basso – spiega il segretario generale Meuccio Berselliche consente all’Adriatico in alta marea di penetrare e cambiare le caratteristiche della falda che da acqua dolce diventa salmastra“. L’acqua salmastra, afferma, “diventa inutilizzabile per le colture. C’è quindi un danno ambientale e un danno economico“. Una situazione drammatica, appunto, dove lo stato di emergenza e calamità sembrano avvicinarsi ogni giorno di più.