Papa a vescovi congolesi: Siete come foreste, polmoni che danno respiro alla Chiesa

“È stato bello per me trascorrere questi giorni nella vostra terra, che con la sua grande foresta rappresenta il ‘cuore verde’ dell’Africa, un polmone per il mondo intero. L’importanza di questo patrimonio ecologico ci ricorda che siamo chiamati a custodire la bellezza del creato e a difenderla dalle ferite causate dall’egoismo rapace“. Lo ha detto Papa Francesco nel suo discorso durante l’incontro con i vescovi della Cenco (Conferenza Episcopale Nazionale del Congo), al termine del quale si recherà in Sud Sudan per proseguire il suo viaggio in Africa, che si chiuderà il 5 febbraio. “Ma questa immensa distesa verde che è la vostra foresta – ha aggiunto il pontefice – è anche un’immagine che parla alla nostra vita cristiana: come Chiesa abbiamo bisogno di respirare l’aria pura del Vangelo, di scacciare l’aria inquinata della mondanità, di custodire il cuore giovane della fede. Così immagino la Chiesa africana e così vedo questa Chiesa congolese: una Chiesa giovane, dinamica, gioiosa, animata dall’anelito missionario, dall’annuncio che Dio ci ama e che Gesù è il Signore”.

Di fronte ai vescovi, il Santo Padre, ha ricordato che la “vostra” Chiesa “è presente nella storia concreta di questo popolo, radicata in modo capillare nella realtà, protagonista di carità; una comunità capace di attrarre e contagiare con il suo entusiasmo e perciò, proprio come le vostre foreste, con tanto “ossigeno”: grazie, perché siete un polmone che dà respiro alla Chiesa universale“.

In questi quattro giorni nella Repubblica Democratica del Congo, il Papa ha ricordato più volte la piaga dello sfruttamento del continente africano. “Ampiamente depredato – aveva detto il 31 gennaio, all’arrivo a Kinshasa – non riesce a beneficiare a sufficienza delle sue immense risorse: si è giunti al paradosso che i frutti della sua terra lo rendono ‘straniero’ ai suoi abitanti. Il veleno dell’avidità ha reso i suoi diamanti insanguinati. È un dramma davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca”.

E anche oggi ha parlato delle “tante forme di schiavitù e oppressione“, in un Paese in cui dunque, “sradicare le piante velenose dell’odio e dell’egoismo, del rancore e della violenza; demolire gli altari consacrati al denaro e alla corruzione; edificare una convivenza fondata sulla giustizia, sulla verità e sulla pace; e, infine, piantare semi di rinascita, perché il Congo di domani sia davvero quello che il Signore sogna: una terra benedetta e felice, mai più violentata, oppressa e insanguinata”. Ma, ha avvertito Francesco, “non si tratta di un’azione politica” perché “il compito dei vescovi e dei pastori non è questo”. Serve, invece, “annunciare la parola per risvegliare le coscienze, per denunciare il male, per rincuorare coloro che sono affranti e senza speranza”.

 

(Photo credit: Vatican News)

Papa: Giù le mani dall’Africa, non è miniera da saccheggiare

Giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo, giù le mani dall’Africa! Nel primo giorno del suo viaggio che toccherà anche il Sud Sudan, Papa Francesco non poteva non denunciare il colonialismo economico che da secoli depreda il Continente.

Usa l’immagine del diamante, comunemente raro, ma che in Africa abbonda, dalle numerose facce “armonicamente disposte“, a simboleggiare il pluralismo, il carattere poliedrico, “ricchezza che va custodita, evitando di scivolare nel tribalismo e nella contrapposizione“; pietra che “nella sua trasparenza, rifrange in modo meraviglioso la luce che riceve“, che sorge dalla terra “genuina ma grezza, bisognosa di lavorazione“, che “dono della terra, richiama alla custodia del creato, alla protezione dell’ambiente“.

Il Continente africano, denuncia il Pontefice, soffre ancora di varie forme di sfruttamento. Dopo quello politico, quello economico, che è altrettanto schiavizzante. “Ampiamente depredato, non riesce a beneficiare a sufficienza delle sue immense risorse: si è giunti al paradosso che i frutti della sua terra lo rendono ‘straniero’ ai suoi abitanti. Il veleno dell’avidità ha reso i suoi diamanti insanguinati. È un dramma davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca”, le sue parole alle autorità nel giardino del Palais de la Nation a Kinshasa.

Eppure l’Africa, scandisce, merita spazio e attenzione: “Giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo, giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare. L’Africa sia protagonista del suo destino!”, tuona Bergoglio.

La Repubblica Democratica del Congo, ricorda, ospita uno dei più grandi polmoni verdi del mondo, che va preservato. Francesco richiama il mondo alla collaborazione “ampia e proficua“, che permetta di intervenire efficacemente, senza però imporre modelli esterni “più utili a chi aiuta che a chi viene aiutato“: “Tanti hanno chiesto all’Africa impegno e hanno offerto aiuti per contrastare i cambiamenti climatici e il coronavirus. Sono certamente opportunità da cogliere – afferma -, però c’è soprattutto bisogno di modelli sanitari e sociali che rispondano non solo alle urgenze del momento, ma contribuiscano a una effettiva crescita sociale: di strutture solide e di personale onesto e competente, per superare i gravi problemi che bloccano sul nascere lo sviluppo, come la fame e la malaria”.

Accanto a lui, il presidente della Repubblica democratica del Congo, Felix Tshisekedi Tshilombo, denuncia le potenze straniere, “avide di minerali“, che agiscono nell’Est del Paese con “l’appoggio diretto e vigliacco del Rwanda” e nel “silenzio della comunità internazionale“.

 

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