Meloni: Con decreto energia risposta immediata per famiglie e imprese

Con 9,1 miliardi di euro il governo di Giorgia Meloni vara il suo primo decreto di Aiuti a famiglie e imprese contro il rincaro delle bollette e dei carburanti. Il provvedimento, varato ieri in tarda serata dal Consiglio dei ministri, è stato presentato oggi, 11 novembre, dalla premier in una conferenza stampa.

I fondi sono “destinati prevalentemente a dare una immediata risposta a famiglie e imprese per fronteggiare l’aumento del costo delle bollette in parte fino a fine anno, ma anche inserendo nuove norme“, dice la premier. Spiegando che c’è la proroga del credito d’imposta per le imprese, la rateizzazione in bolletta degli aumenti rispetto all’anno precedente, per i consumi fino al 31 marzo 2023, per un minimo di 12 e un massimo di 36 rate coperta da garanzia statale Sace. “Dovrebbe in qualche modo intervenire a mitigare l’impatto sulla liquidità“, sottolinea il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.

Nel decreto ci sono l’estensione del fringe benefit sui bonus aziendali da 600 a 3000 euro, totalmente senza tasse. E ancora, l’aumento delle concessioni per ricerca ed estrazione di gas in Italia, per “diminuire la dipendenza dall’estero e in sicurezza il tessuto produttivo italiano“, rivendica Meloni.

Nonostante le frizioni registrate nella maggioranza, tra le misure figurano anche le modifiche al Superbonus, che scende dal 110 al 90%. La decisione di concentrarlo in modo selettivo a favore di reddito medio-bassi è “politica“, sostiene Giorgetti. Continua a favore di chi “non può permettersi la ristrutturazione di casa“. Ma le novità non saranno retroattive: “Abbiamo salvaguardato chi ha deciso di fare interventi”, chiarisce il responsabile del Mef.

Infine, sul tetto al pagamento in contante, che sarebbe dovuto scendere da gennaio da 2mila a mille euro e che invece sale a 5mila, la scelta è stata fatta per “allinearsi alla media europea” e comunque, “era in programma“.

Ricehouse

Ricehouse, la startup dell’edilizia che punta sugli scarti del riso

Provare a modificare i principi dell’edilizia, indirizzando il settore verso una concezione più improntata sull’economia circolare. La missione nobile di Ricehouse, startup italiana fondata nel 2016 da Tiziana Monterisi e Alessio Colombo, negli ultimi mesi sta incontrando anche le necessità di un comparto colpito dai rincari delle materie prime. Come lascia intendere il nome, infatti, l’azienda utilizza gli scarti della lavorazione del riso per sostituire i prodotti petrolchimici usati abitualmente nel mondo dell’edilizia, riuscendo così a ridurre notevolmente le emissioni. “La carenza della materia prima – racconta Tiziana Monterisi, ad. e cofondatrice di Ricehouse – così come gli alti costi di questa, ha spostato l’attenzione verso la ricerca di alternative. La bioedilizia inizia molto tempo fa, con le costruzioni fatte con materiali naturali perché effettivamente erano gli unici materiali accessibili. L’industria del mercato edile ha poi distrutto, o nascosto, qualsiasi logica utilizzata nel passato. Oggi, la bioedilizia ritrova un mercato forte e di valore grazie alle attenzioni verso qualità e sostenibilità, che giocano un ruolo strategico per indirizzare la domanda di materiale edile”.

L’attività di Ricehouse rende protagonisti gli agricoltori, che rappresentano un interlocutore fondamentale: “Abbiamo coinvolto gli agricoltori fin dall’inizio. Per loro, la nostra collaborazione significa risparmio immediato. In concreto, hanno un risparmio di costi e aumento delle entrate”, prosegue Monterisi, che poi apre una parentesi estremamente interessante sulle opzioni che Ricehouse può esplorare nei prossimi mesi e anni: “Il nostro obiettivo è quello di riuscire a valorizzare il più possibile tutto lo scarto risicolo a disposizione in Italia e far in modo che il nostro Paese possa essere il produttore per eccellenza di materiali naturali. Usando i sottoprodotti del riso per produrre materiali naturali per il mondo edile, potremmo compensare 1.950.000t di CO2 ogni anno, ovvero l’equivalente di piantare 81.000.000 di alberi”.

Ricehouse

Un’analisi che arriva da una società che fin dal 2016 ha saputo leggere le esigenze di un settore cruciale per il nostro Paese. L’attività di Ricehouse è nata con una lunga fase di ricerca delle giuste sinergie, con aziende che potessero sposare i valori e i processi innovativi proposti. Sviluppando una linea di prodotti per l’edilizia derivante dal riciclo degli scarti di lavorazione agricoli, si è resa portavoce di valori nobili e ha anticipato i temi che sarebbero poi stati introdotti dalle istituzioni italiane e internazionali. “Dopo tanti anni – ammette Monterisi – finalmente siamo nel centro dell’argomento. Noi continuiamo a dire quello che dicevano prima, il nostro messaggio non è cambiato. Di fatto, prima mancava il destinatario con cui rapportarsi. Oggi, invece, possiamo sederci a un tavolo di lavoro per dialogare su punti critici e progetti ambiziosi”. Uno di questi punti è indubbiamente la gestione del Superbonus: “Deve essere un percorso serio, uno strumento valido per una transizione ecologica. Per noi è un’opportunità, tanto più concreta quanto più è strutturato in maniera corretta. La vera svolta potrebbe essere data inserendo i materiali naturali come plus. Inoltre, per una valida bioarchitettura servirebbero parametri per la qualifica energetica”.