Realacci: “Grande partecipazione al bando ’10 tesi per la sostenibilità'”

Grande partecipazione al bando ’10 tesi per la sostenibilità’. Sono ad oggi oltre 1.300 tesi da tutta Italia. Fino al 31 gennaio è online il bando di concorso. È un’iniziativa promossa da Fondazione Symbola, Unioncamere e Luiss con il sostegno di Deloitte Climate & Sustainability, il patrocinio della Conferenza dei Rettori (Crui) e la collaborazione del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, della Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile (RUS) e del Consorzio Interuniversitario nazionale per la Scienza e la Tecnologia dei Materiali (Instm) volta a premiare 10 tesi provenienti da tutte le discipline, sia umanistiche che scientifiche, che abbiano forti e originali riferimenti al principio della sostenibilità. È possibile presentare le proprie candidature sulla piattaforma dedicata accessibile dal sito della Fondazione Symbola”. Lo dichiara Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola.

Con l’adesione dell’Università degli Studi di Milano – Bicocca – aggiunge –, sono 19 le università che hanno aderito all’iniziativa con presenze significative sull’intero territorio nazionale: la Federico II di Napoli, Tor Vergata, La Sapienza, la Ca’ Foscari di Venezia, la Bocconi, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, il Politecnico di Milano, il Politecnico di Torino, l’Università Politecnica delle Marche, il Sant’Anna di Pisa, l’Universitas Mercatorum, le Università di Cagliari, Teramo, Camerino, Catania, Palermo e Brescia. Il comitato scientifico che valuterà i lavori sarà presieduto da Stefano Zamagni, docente di Economia politica all’Università di Bologna e Paola Severino, presidente della Luiss School of Law. Affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro. Una formidabile spinta per contrastare la crisi climatica è venuta dall’ultima esortazione del Papa. È necessario il contributo di tutti i saperi. In questa direzione si muove l’Europa indicando coesione, transizione verde e digitale come la strada per rafforzare la nostra economia. Anche per questo il progetto ‘Dieci Tesi per la sostenibilità’ è importante”.

Idrogeno verde, ecco la soluzione per immagazzinarlo e trasportarlo

L’idrogeno verde, almeno sulla carta, è una buona soluzione per rendere stabili le fonti di energia rinnovabile: collegare un elettrolizzatore a una pala eolica, per fare un esempio, permette di utilizzare l’energia in eccesso per produrre in modo pulito idrogeno dall’acqua. Sì, ma, una volta prodotto, come fare a immagazzinarlo e trasportarlo?

Lo si può comprimere in forma gassosa o liquida. Con problemi di spazio nel primo caso. E con la necessità di mantenere bassissime temperature nel secondo. In entrambe le situazioni: con costi elevati.

C’è poi una terza via (e, fino a qui, non è una novità), ovvero stoccarlo allo stato solido. In particolare, in una delle tecnologie oggi studiate, è possibile far reagire le molecole di idrogeno a contatto con una polvere di lega metallica, in modo che vengano assorbite. Tecnicamente, viene così a prodursi un nuovo composto, un idruro, che potrà quindi essere immagazzinato all’interno di speciali contenitori e quindi trasportato come un solido.

Anche qui, però, con un limite importante: la reazione chimica che porta all’assorbimento dell’idrogeno genera calore. Che viene disperso. Mentre per ri-estrarre poi l’idrogeno dal composto, e poterlo quindi impiegare come combustibile, deve essere immesso nel sistema del nuovo calore. Con una gestione termica tutt’altro che efficiente.

L’università di Torino, nell’ambito del progetto Hycare (finanziato da Horizon 2020) ha appena dimostrato sul campo una soluzione a questo problema, con la possibilità di accoppiare al sistema di immagazzinamento dell’idrogeno, anche una tecnologia per conservare il calore generato. E poterlo poi riutilizzare senza sprechi. Il tutto con un esperimento su larga scala, che ha testato 40 kg di idrogeno – abbastanza per fare il pieno a 13 automobili, o per fornire energia a una casa per una settimana.

In questa dimostrazione, il calore generato dalla reazione idrogeno-metallo viene accumulato in una batteria termica. All’interno della batteria è presente infatti un materiale “a cambiamento di fase”. Sostanza, cioè, capace di ricevere e conservare energia termica passando da stato solido a stato liquido. E di tornare poi allo stato solido svuotandosi del calore accumulato per permettere all’idruro di liberare idrogeno pronto all’uso. Il progetto dimostra per la prima volta che la combinazione di idruri metallici con i materiali a cambiamento di fase per la gestione termica di un sistema di stoccaggio a idrogeno è una realtà”, spiega Marcello Baricco, professore all’università di Torino e coordinatore del progetto. Un passo avanti, insomma, “per migliorare l’efficienza energetica del processo e ridurre l’impatto ambientale dell’intero sistema”.

Ora sarà il mercato a premiare o meno l’applicazione di questa innovazione. Che sconta – va detto – il limite di essere un sistema di stoccaggio particolarmente pesante (la differenza di peso fra il serbatoio pieno e vuoto di idrogeno è dell’1%). Ma che proprio per questo potrebbe trovare impiego in applicazioni fisse: stazioni di rifornimento, condomini. Oppure dove una zavorra è addirittura utile, come nel caso di navi o yacht.

Contro il caro-mangimi la risposta dalle sanse di olive

Ricerche che tornano d’attualità. Un anno fa si concludeva un lavoro dell’Università di Firenze che testava l’utilizzo delle sanse di olive come mangime animale per migliorare la sostenibilità della filiera del latte: l’idea era sfruttare la presenza di polifenoli nei residui della spremitura per moderare le escrezioni azotate e le emissioni di metano degli allevamenti. “Oggi, con i prezzi dei mangimi che hanno subito un rincaro elevatissimo” – spiega Arianna Buccioni, professoressa del dipartimento di agraria dell’ateneo – “l’utilizzo di sottoprodotti come le sanse denocciolate può giocare un ruolo anche economico”.
L’inclusione delle sanse nella razione giornaliera dell’animale, in pratica, permette di sostituire una parte del mangime convenzionale con uno scarto di una filiera dell’agroindustria. Combinando le diverse materie prime, si ottiene quindi un prodotto a costo inferiore rispetto agli alimenti tradizionali che – complice la guerra in Ucraina e rincari energetici – hanno subito importanti oscillazioni dei prezzi.
Il tutto con benefici ambientali. I polifenoli presenti nella pratica studiata dall’Università di Firenze permettono, complessando le proteine, di equilibrare nella razione alimentare il rapporto energia/proteina. Così facendo si limitano le escrezioni azotate e diminuisce l’impatto ambientale delle produzioni zootecniche.
La messa a punto di una nuova strategia alimentare che preveda l’introduzione delle sanse di oliva nelle diete per le bovine da latte – spiega poi la ricerca – può essere inoltre uno strumento per la modulazione del metabolismo lipidico ruminale per aumentare la quota di acidi grassi funzionali che vengono trasferiti al latte o dei loro precursori. In altre parole: si può ottenere un prodotto arricchito in alcune componenti funzionali come l’acido oleico e l’acido linoleico coniugato, interessanti per le attività cardiocircolatorie e anti-carcinogeniche, e impiegarlo per la realizzazione di un nuovo prodotto lattiero-caseario ad elevato valore nutrizionale.
Certo, non mancano gli ostacoli per trasferire questo know how nella pratica. Primo fra tutti, la stagionalità della produzione delle sanse che, seguendo il ciclo della spremitura, hanno un picco concentrato intorno al mese di novembre: “Dovremo quindi capire come poterle conservare nel modo migliore”, afferma Arianna Buccioni. Oltre a dare la possibilità per i produttori di dotarsi di strumenti per conservare e miscelare i nuovi alimenti e allo stesso tempo sensibilizzare gli allevatori sull’importanza di queste pratiche.
La leva del Pnrr potrebbe accelerare il trasferimento tecnologico”, conclude Arianna Buccioni, e fare così in modo che ci sia un ritorno anche nell’economia degli allevatori. Ma non sarà veloce. “Vista l’urgenza di questo periodo di difficoltà sui prezzi delle materie prime sarebbe utile accelerare gli investimenti su questo tema”.

Messa

Università, Messa: “Miliardi di euro nella ricerca green, i fondi non mancano più”

“Protagonisti e trascinatori”. Maria Cristina Messa, ministra dell’Università e della Ricerca, vede così gli studenti italiani impegnati per gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu. “Sentono particolarmente la necessità di costruire comunità più sostenibili”, spiega, intervistata da GEA. Recentemente, il Mur ha istituito un Tavolo tecnico per lo studio di proposte in tema di risparmio energetico destinate alle istituzioni della formazione superiore e degli enti di ricerca, con il compito di realizzare “un’attenta mappatura delle fonti energetiche nel sistema e individuare strategie migliorative in tema di risparmio energetico”, racconta. “Nell’individuare le buone pratiche e nel proporre soluzioni, anche inedite, per ridurre i consumi, sicuramente i giovani avranno un ruolo fondamentale”.

La rete RUS, università per lo sviluppo sostenibile, coordina gli Atenei impegnati sui temi della sostenibilità ambientale e della responsabilità sociale. Si può pensare di estendere strutturalmente progetti ed esperienze del RUS a tutte le università italiane?
“Non solo si può pensare, abbiamo già coinvolto la RUS nello studio di proposte di sostenibilità per gli atenei. Si devono estendere buone pratiche e progetti sostenibili poiché gli effetti positivi di azioni e misure volte allo sviluppo sostenibile sono tanto più solidi quanto più ampiamente adottati dalle diverse realtà. Tra l’altro, tra gli obiettivi della rete RUS ci sono proprio l’armonizzazione delle attività istituzionali, la creazione di una comunità capace non solo di sviluppare ma anche trasferire buone pratiche nazionali e internazionali, la promozione di progetti già sperimentati con successo affinché possano essere adottati da un numero sempre maggiore di università”.

La sostenibilità è fatta di piccoli gesti, di idee, di stili di vita, ma anche di ricerca. Sono sufficienti i fondi? Quanto e cosa servirebbe per una vera svolta green nelle università italiane?
“Se gli investimenti nella ricerca sono stati, obiettivamente, carenti nel passato, per il presente e il futuro, almeno a medio termine, non mancheranno, sia grazie al PNRR sia grazie alle risorse previste in legge di bilancio. Quando parliamo di transizione ecologica facciamo riferimento sia alla ricerca fondamentale, quella con un livello di trasferimento tecnologico basso, sia a quella più disruptive che prevede un rapido passaggio verso l’applicazione nel business. Ecco, con fondi europei e nazionali ora siamo in grado di coprire adeguatamente tutti i fronti e lo stiamo facendo, con bandi per diversi miliardi di euro che riguardano, per esempio, borse di dottorato nel settore green, grandi progettualità per la costruzione di un Centro nazionale per la mobilità sostenibile, partenariati estesi alle università, ai centri di ricerca, alle aziende sul territorio nazionale che abbiano al centro, come temi, gli scenari energetici del futuro, i rischi ambientali, naturali e antropici, i modelli per un’alimentazione sostenibile, il made in Italy circolare e sostenibile. La svolta green, non solo nelle università, è poi legata a comportamenti, alla riqualificazione del patrimonio edilizio, all’efficientamento dei laboratori, al migliore utilizzo delle risorse. Anche per questo le risorse ci sono”.

La pandemia, come spesso accade per ogni crisi, è stata un acceleratore sulla transizione in molti settori, cosa resta e cosa va archiviato dell’università in lockdown?
Dobbiamo recuperare il valore della socialità, dello scambio, del confronto diretto che abbiamo sacrificato in questi anni di contrasto alla diffusione del contagio. Ma di certo l’università non perderà gli aspetti positivi che ha portato l’utilizzo della tecnologia per promuovere modalità di insegnamento misto, in presenza e a distanza, volto a formare studenti in modo più completo e agevole, per organizzare seminari tra atenei anche distanti migliaia di chilometri, per costruire percorsi formativi sempre più flessibili e interdisciplinari. Sarà un nuovo equilibrio, diverso da prima, non necessariamente migliore o peggiore di quello precedente, semplicemente più adatto a questi tempi.

Qual è la sua idea per l’Università del futuro?
“Un sistema dinamico, innovativo e tecnologicamente avanzato, che metta al centro le persone e le loro competenze, un sistema che accompagni studenti, ricercatori e docenti a costruire un Paese migliore”.