Un caffè nero bollente: le scommesse fondi spingono i prezzi ai massimi

+11,8% in una settimana, +33% in un mese, +165% in cinque anni. Il prezzo del caffè è sempre più bollente. La qualità ‘arabica’ tocca il massimo in due anni e il ‘robusta’ registra un nuovo massimo storico per le preoccupazioni sui raccolti in Brasile e Vietnam, i due dei principali produttori mondiali di caffè.

La regione brasiliana di Minas Gerais, che rappresenta circa il 30% del raccolto di Arabica del Brasile, ha registrato precipitazioni al di sotto della media storica, alimentando le preoccupazioni per la produzione della qualità più diffusa nel mondo. Nel frattempo la produzione di Robusta in Vietnam, il principale produttore mondiale di questo tipo di chicchi di caffè, è stata colpita da una significativa riduzione a causa della siccità. Il dipartimento dell’agricoltura di Hanoi ha previsto un calo del 20% nella produzione per l’anno di raccolto 2023/24, il che rappresenta il raccolto più piccolo degli ultimi quattro anni. Anche le esportazioni vietnamite sono previste in calo del 20% per lo stesso periodo. Queste prospettive di ridotta disponibilità hanno contribuito a sostenere ulteriormente i prezzi.
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Anche l’acquisto di fondi ha contribuito ad alimentare l’aumento dei prezzi del caffè questo mese, con un aumento delle posizioni long – rialziste – sui contratti di Arabica. Tuttavia, c’è anche il rischio che una posizione long record possa aumentare le pressioni di liquidazione in caso di ribasso dei prezzi. Insomma, potremmo trovarci all’interno di una bolla finanziaria, la stessa che ha spinto sui massimi storici il cacao.

Ci sono infatti segnali misti riguardo alle esportazioni di caffè. Mentre quelle brasiliane sono aumentate, indicando una potenziale disponibilità maggiore sul mercato, le esportazioni globali nel complesso hanno mostrato una crescita più modesta. Inoltre, le scorte di caffè, sebbene siano salite rispetto ai minimi storici, rimangono a livelli relativamente bassi, il che potrebbe sostenere ulteriormente i prezzi.

Da un punto di vista più ampio poi, le previsioni della produzione globale di caffè indicano un aumento significativo nel prossimo anno. L’Organizzazione Internazionale del Caffè (ICO) ha previsto nel suo ultimi report semestrale di dicembre che la produzione globale nel 2023/24 dovrebbe salire del 5,8% anno su anno raggiungendo 178 milioni di sacchi a causa di un eccezionale anno di raccolto fuori biennio. L’Ico ipotizza inoltre che il consumo globale nel 2023/24 aumenterà del 2,2% raggiungendo 177 milioni di sacchi, con un conseguente surplus di 1 milione di sacchi di caffè. Tuttavia le condizioni meteorologiche e le politiche governative potrebbero stravolgere il quadro. Infatti, il rally del caffè è partito lo scorso anno quando El Nino ha colpito la produzione in diversi Paesi.

In Vietnam la crisi energetica è costata 1,4 miliardi di dollari

Le interruzioni di corrente in Vietnam dovute ad un’ondata di caldo e siccità senza precedenti nei mesi di maggio e giugno sono costate all’economia 1,4 miliardi di dollari, secondo la Banca Mondiale. Il nord del Paese, in particolare, ha subito numerose interruzioni di corrente, che hanno colpito seriamente l’attività economica in una regione in cui hanno sede molti colossi manifatturieri. Il Paese comunista del Sud-Est asiatico è un anello chiave nella catena di approvvigionamento di alcune delle più grandi aziende del mondo, e molte di esse, tra cui Samsung e Foxconn, fornitore di Apple, hanno fabbriche nel nord del Paese, non lontano dalla capitale Hanoi.

Alcune aziende sono state avvisate dei blackout all’ultimo minuto, o non sono state avvisate affatto, riportando perdite fino al 10%, ha stimato l’istituzione internazionale nei suoi aggiornamenti economici di agosto. “La stima preliminare dei costi economici dei blackout di maggio-giugno è di circa 1,4 miliardi di dollari (o 0,3% del PIL)“, ha dichiarato la Banca Mondiale in un rapporto.

Il Vietnam ha affrontato una serie di ondate di calore all’inizio di maggio, con temperature record, mentre i fiumi e i serbatoi delle centrali idroelettriche si sono prosciugati. Il Paese dipende dall’energia idroelettrica per quasi la metà del suo fabbisogno energetico. Il fabbisogno di energia elettrica aumenta in media di oltre l’8% all’anno, ma il Governo punta a ridurre il consumo di energia del 2% all’anno fino al 2025, il che suggerisce che ci aspettano altre crisi. Ha anche assunto l’ambizioso impegno di chiudere le centrali elettriche a carbone entro il 2050, come parte della lotta contro il cambiamento climatico.

È necessaria un’azione rapida per mitigare i rischi futuri per la sicurezza energetica e le perdite economiche”, ha sottolineato la banca nel suo rapporto. Secondo gli scienziati, gli eventi meteorologici estremi si sono intensificati a causa del riscaldamento globale. Quest’anno, la situazione è migliorata all’inizio di luglio a seguito di forti precipitazioni.

In Vietnam fa troppo caldo: Hanoi al buio ogni sera per risparmiare energia

Hanoi si spegne. Le autorità vietnamite, infatti, hanno preso una decisione radicale vista l’eccezionale ondata di caldo nella capitale: immergere la città nell’oscurità. L’illuminazione pubblica è stata spenta in tutti i parchi e in due terzi della città, che conta 8 milioni di abitanti, a partire dalle 23.00. Le autorità sperano di ridurre così la tensione in tutti i quartieri e di conseguenza la pressione sulla fornitura di energia elettrica, utilizzata in larga misura dai sistemi di condizionamento dell’aria, e di risparmiare denaro.

Secondo gli scienziati, il riscaldamento globale è un fattore che contribuisce al peggioramento dei fenomeni meteorologici estremi in Vietnam. All’inizio di maggio, nel Paese è stata registrata una temperatura di 44,1°C, un record assoluto. Per due volte, ad aprile e a fine maggio, il Vietnam ha subito un’ondata di calore che ha reso difficili le condizioni di vita e di lavoro, soprattutto nelle città.

L’uso intensivo di condizionatori d’aria e ventilatori sta mettendo a dura prova la rete elettrica, ha avvertito EVN, l’azienda nazionale. Inoltre, nel nord del Paese, il livello dell’acqua nelle dighe è sceso del 30-40% a causa di una grave siccità.

Grazie alla misura adottata da Hanoi, ogni giorno si risparmia un’ora di illuminazione. La città ha adottato misure simili in passato, ma non su questa scala. “Il programma di risparmio energetico è stato esteso quest’anno al 70% del sistema di illuminazione pubblica della città“, ha dichiarato ai media locali Le Trung Kien, vicedirettore della società responsabile dell’illuminazione pubblica. “Forniamo sempre un’illuminazione sufficiente per il traffico, la sicurezza e l’ordine“, ha aggiunto Kien. La misura potrebbe durare fino alla fine di agosto.

Vietnam, la bellezza della baia di Ha Long minacciata dai rifiuti

La celebre baia di Ha Long, in Vietnam, è vittima del suo stesso successo. Una bellezza deturpata dai detriti delle boe, delle bottiglie di plastica e delle lattine di soda che disseminano il mare tra i famosi faraglioni. Secondo l’amministrazione della Baia di Ha Long, negli ultimi tre mesi sono stati raccolti in acqua 10.000 metri cubi di rifiuti, sufficienti a riempire quattro piscine olimpioniche. La situazione è particolarmente critica da quando una recente disputa tra pescatori ha portato alcuni di loro a liberarsi delle vecchie boe di polistirolo gettandole in mare. Secondo i media statali, le autorità hanno inviato d’urgenza una ventina di chiatte, otto barche e una squadra di dieci persone per ripulire la zona.

A parte questo problema isolato, “la Baia di Ha Long è sotto pressione“, ammette Do Tien Thanh, responsabile della conservazione del sito. Nel 2022, più di sette milioni di visitatori hanno ammirato gli spettacolari faraglioni calcarei sormontati dalla vegetazione tropicale, sulla costa nord-orientale del Vietnam. Le autorità sperano di arrivare a otto milioni e mezzo quest’anno. Funivie, parchi di divertimento, hotel di lusso: la città di Ha Long ha puntato tutto il suo sviluppo economico sul turismo, ma le conseguenze per l’ecosistema marino sono già visibili.
Secondo gli ambientalisti, nella baia sono rimasti solo un centinaio di tipi di corallo, rispetto al doppio di quelli originari, anche se il divieto di pesca in alcune zone ha contribuito a correggere la situazione. Per la prima volta in 10 anni sono stati osservati branchi di delfini.

La plastica monouso è stata bandita dalle imbarcazioni turistiche, ma i rifiuti umani rimangono una delle principali preoccupazioni, poiché “ci sono molte aree residenziali vicino alla Baia di Ha Long“, spiega il curatore. E la municipalità non ha le risorse per trattare correttamente tutti questi rifiuti domestici. Molti finiscono sulle spiagge, sotto gli occhi dei turisti stupiti. Larissa Helfer, turista tedesca di 21 anni, ammette che la baia di Ha Long è magnifica, ma che il problema dei rifiuti è uno dei ricordi più vivi del suo viaggio in Vietnam. “I miei clienti leggono sui media che la Baia di Ha Long è bellissima, ma quando vedono tutti i rifiuti galleggianti, non vogliono più nuotare o andare in canoa lì, ed esitano a consigliare ad amici e parenti di venire“, ammette Pham Van Tu, una guida locale.

La rapida crescita economica, l’urbanizzazione e il cambiamento dello stile di vita nel Vietnam comunista hanno portato a una “crisi dell’inquinamento da plastica“, secondo la Banca Mondiale.
Un rapporto pubblicato nel 2022 ha rivelato che il Paese è tra i primi cinque inquinatori di oceani al mondo, con 3,1 milioni di tonnellate di rifiuti plastici prodotti ogni anno, di cui almeno il 10% finisce in acqua. Questa cifra potrebbe più che raddoppiare entro il 2030, avverte l’istituzione.

delta Mekong

Il delta del Mekong non finirà sott’acqua. PoliMi ha contribuito a salvarlo

Il delta del Mekong in Vietnam potrebbe essere quasi completamente sommerso dall’acqua del mare entro la fine del secolo, se non verranno intraprese azioni urgenti. Un team di ricerca internazionale di cui fa parte il Politecnico di Milano, in un articolo pubblicato sulla rivista Science, ha individuato delle azioni concrete per impedire che questa area economicamente molto importante e densamente popolata finisca sott’acqua.

La maggior parte dei 40mila km2 del delta del Mekong si trova a 2 metri sotto il livello del mare, ed è quindi soggetto all’innalzamento degli oceani dovuto al riscaldamento globale. Inoltre, azioni locali come il pompaggio eccessivo delle acque sotterranee, l’estrazione di sabbia impiegata poi nel settore delle costruzioni e il rapido sviluppo dell’energia idroelettrica, minacciano il futuro delle risaie più produttivo del Sud-Est asiatico. Il team della ricerca sostiene che “solo un’azione concertata dei sei Paesi nel bacino del Mekong (Cina, Laos, Tailandia, Cambogia, Vietnam) e una migliore gestione dell’acqua e dei sedimenti all’interno del delta potrebbero evitare tali risultati“.

È difficile immaginare che un territorio delle dimensioni dei Paesi Bassi e con una popolazione simile possa scomparire entro la fine del secolo“, afferma l’autore principale dello studio, il professor Matt Kondolf dell’Università della California, Berkeley. Tuttavia, spiega, “come qualsiasi foce fluviale, il delta del Mekong sopravvive solo se riceve un rifornimento costante di sedimenti dal suo bacino a monte e flussi d’acqua per diffondere i depositi attraverso la superficie del delta, costruendo terreno a una velocità uguale o maggiore dell’innalzamento del livello del mare globale”.

Affamati di energia rinnovabile, i Paesi del bacino hanno sviluppato negli ultimi anni molti impianti idroelettrici (le cui dighe intrappolano i sedimenti e riducono i flussi di sedimenti a valle) con poca attenzione per gli impatti sul sistema idrico. Quel poco di sedimento che raggiunge il basso Mekong viene estratto per il settore edile nella regione, che richiede grandi quantità di sabbia per la bonifica dei terreni e le costruzioni di edifici“, riassume il co-autore principale, il dottor Rafael Schmitt dell’Università di Stanford.

Ci sono prove scientifiche che individuano i processi che mettono in pericolo la continua esistenza del delta del Mekong e come questi processi potrebbero essere controllati e mitigati.

Il team ha identificato sei misure che aumenterebbero significativamente la sopravvivenza del delta. Le dighe potrebbero essere progettate per consentire un migliore passaggio dei sedimenti, posizionate in modo strategico che ne riduca gli impatti a valle, o sostituite da parchi eolici e solari dove possibile. Inoltre, l’estrazione di sedimenti dovrebbe essere regolamentata rigorosamente e l’uso della sabbia del Mekong potrebbe essere ridotto attraverso materiali da costruzione sostenibili. Poi, l’agricoltura intensiva nel delta del Mekong dovrebbe essere rivalutata per la sua sostenibilità e le soluzioni naturali per la protezione dei litorali dovrebbero essere implementate su larga scala lungo le coste del delta. Tutte queste misure, assicurano i ricercatori, sono fattibili e hanno dei precedenti in altre zone del mondo.

Nonostante l’efficacia di queste misure, in particolare se attuate all’unisono, trovi d’accordo la comunità scientifica, esistono importanti ostacoli alla loro attuazione – afferma il professor Andrea Castelletti, co-autore dello studio e ordinario di Gestione delle Risorse Naturali al Politecnico di Milano – Alcune di queste azioni entrerebbero in conflitto con gli interessi acquisiti di determinati attori locali, come l’industria dell’estrazione della sabbia e le centrali idroelettriche. Le misure richiederebbero il coordinamento tra i Paesi, che dovrebbero concordare sul fatto che il sostentamento del delta del Mekong è un importante obiettivo della politica regionale”.

L’attuazione delle misure richiederà la partecipazione dei governi nazionali e degli attori internazionali (banche e agenzie di sviluppo), nonché di nuovi attori, ad esempio del settore privato e della società civile. Tuttavia, l’invito all’azione è chiaro quando Kondolf conclude: “Un delta del Mekong che prospererà oltre la fine di questo secolo è possibile, ma richiederà un’azione rapida e concertata in un bacino che è stato messo in pericolo dalla concorrenza, piuttosto che dalla cooperazione dei Paesi attraversati dal fiume”.