Laguna di Venezia, grandi navi, traffico marittimo. Una combinazione che da anni porta con sé problemi di inquinamento e interferenza negli ecosistemi marini: dovuti ad agenti chimici, certo, o ai contaminanti più conosciuti. Ma provocati anche dal rumore.
Sì perché l’inquinamento acustico sottomarino ha un impatto importante sulla salute delle popolazioni animali e sulla produttività biologica. E riconoscerne il ruolo è quasi una novità: “Stiamo parlando di un inquinante emergente, a lungo sottostimato e sul quale c’è poca consapevolezza”, spiega la professoressa Lucia Manni, dell’università di Padova.
Così poca, che è davvero raro veder pubblicare un bando per finanziare ricerca sperimentale sul tema. Almeno fino ad oggi. La piattaforma internazionale Jpi Oceans ha infatti promosso un finanziamento per colmare questo gap, e due dei cinque progetti selezionati – saranno finanziati da oltre 1,3 milioni di euro ciascuno – sono coordinati proprio dall’università di Padova: “Si tratta di un bando importante”, dice Lucia Manni (coordinatrice del progetto “DeuteroNoise”, il secondo, “Diaphonia”, è coordinato da Sandro Mazzariol), “ed è indicativo del fatto che la componente acustica non possa essere ignorata nel tutelare la salute di mari e oceani”.
Studi precedenti avevano già preso in esame la reazione all’inquinamento acustico di alcuni cetacei, “Animali, cioè”, spiega Lucia Manni, “con sistemi sensoriali più simili a quelli dell’uomo”. La ricerca coordinata dalla professoressa del dipartimento di Biologia di Padova, invece, studierà circa 10 diverse specie di invertebrati, che nel loro ciclo di vita possono attraversare stadi larvali microscopici. “Il loro movimento e la loro distribuzione è influenzato negativamente dal suono” continua la ricercatrice, “che si propaga sotto forma di onde che hanno un impatto meccanico sui microrganismi e sugli invertebrati sedentari”.
L’idea del progetto sarà studiare l’effetto, anche attraverso simulazioni in laboratorio, dell’inquinamento acustico del traffico marittimo in molti bacini europei sul benessere di queste comunità, per verificare le conseguenze sul comportamento, sul sistema nervoso e sugli organi sensoriali, sul sistema immunitario e sulla resilienza di invertebrati marini strettamente correlati ai vertebrati. Uno dei siti studiati sarà, in Italia, la laguna veneziana e il nord dell’Adriatico, così come, nel resto d’Europa, specifiche aree del Mare del Nord, del Mar Nero e della costa di Barcellona.
“Ci aspettiamo di dimostrare l’impatto del rumore sia sulle forme adulte che su quelle larvali, e di osservare gli effetti che la loro perturbazione, sommata poi agli inquinanti più conosciuti, possa avere lungo la catena trofica” spiega Lucia Manni. “Un nostro obiettivo sarebbe riuscire a rilevare una serie di geni comuni a tutte le specie suscettibili al rumore, una sorta di impronta genetica che il rumore genera negli animali”, continua, “Sarebbe uno strumento utile anche per il legislatore: nel nostro team avremo persone che potranno aiutare anche a promuovere nuove regole per proteggere gli oceani, e ad aumentare la consapevolezza di quanto il rumore sia un inquinante influente”.