Alle 11.30 di martedì decolla dall’aeroporto di Heathrow, a Londra. Otto ore e dieci minuti dopo atterra a New York. È il primo volo transatlantico (solo dimostrativo, ma operato da un “normale” Boeing di linea) alimentato al 100% con carburante sostenibile: nei serbatoi dell’aereo una miscela composta da olio alimentare usato e grasso animale di scarto, mescolato con kerosene sintetico ricavato dal mais.
Carburanti di questo tipo – si chiamano SAF – non sono una novità. Ma gli investimenti stanno crescendo, visto il potenziale contributo alla decarbonizzazione del settore. La CO2 rilasciata in atmosfera durante il volo, per la verità, non è molto minore rispetto a quella prodotta da un combustibile fossile, ma il bilancio fra l’anidride carbonica emessa durante la produzione e quella rilasciata in atmosfera è nel complesso favorevole. Non solo, per volare con combustibile SAF non è necessario apportare modifiche ai motori già utilizzati oggi, rendendo la soluzione accessibile.
I limiti, insomma, non sono tecnologici. Ma ce ne sono. Tanto che “oggi i SAF sono ancora più costosi del kerosene tradizionale e, quando vengono utilizzati, sono mescolati solo in basse percentuali con il kerosene tradizionale” come spiega Lorenzo Trainelli, docente di “Progetto di velivoli”, del dipartimento di Scienze e tecnologie aerospaziali del Politecnico di Milano. La limitata disponibilità potenziale di SAF, poi, renderebbe impensabile poterlo utilizzare nel medio termine per operazioni di volo su larga scala.
Alternative? In passato si è dimostrata l’efficacia del gas naturale liquefatto come sostituto del kerosene, che garantisce emissioni minori a parità di energia liberata. Ma qui l’ostacolo si fa più complicato: passare al Gnl significherebbe intervenire sui sistemi a bordo degli aerei, sugli impianti a terra, sulla rete di approvvigionamento, e sui sistemi di stoccaggio, oggi non adatti a gestire questo tipo di idrocarburo.
Un cambio difficile da mettere in atto dunque. Anche se non impensabile. “Se ci fosse la convinzione a cambiare in maniera radicale la componente infrastrutturale di tutto il sistema” spiega Lorenzo Trainelli, “sarebbe a questo punto molto più interessante l’ipotesi di investire su un carburante con un potenziale di decarbonizzazione ancora più elevato: come l’idrogeno”. In altre parole: servirebbero comunque interventi capaci di coinvolgere tutti gli attori in campo, ma l’impatto ambientale farebbe la differenza.
In Europa c’è attenzione sul tema: “Anche in Italia lavoriamo da diversi anni alla progettazione preliminare di velivoli a idrogeno” continua Trainelli, “e non mancano programmi europei che si concentrano sullo sviluppo di sistemi propulsivi ibridi o alimentati da celle a combustibile a idrogeno”.
Nel frattempo, Airbus sta lavorando per testare un motore a idrogeno installato su un A380, il più grande quadrimotore per voli di linea in servizio. Tutti passi che, in un modo o nell’altro, dovranno contribuire a decarbonizzare un settore che da solo produce il 2,5% delle emissioni globali di gas serra.