Due notizie. Scollegate, diverse, imparagonabili. Ma arrivate entrambe negli ultimi cinque giorni di febbraio. L’inizio dell’invasione in Ucraina. E la pubblicazione del secondo volume del sesto rapporto Onu sul cambiamento climatico, forse il più duro di sempre.
È inevitabile, e anzi, giusto, che l’attenzione maggiore si sia spostata sulla prima. Ma possiamo comunque fare qualcosa di buono per il clima del pianeta, mentre la guerra ci parla di vittime, distruzioni, e oltre 4 milioni di profughi?
Per Stefano Caserini, professore di mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, sì. “L’urgenza della crisi climatica non si è certo ridotta, ed è necessario mantenere l’attenzione su un problema che andrebbe affrontato in maniera multilaterale. L’esperienza che stiamo vivendo, unita all’aumento dei prezzi dell’energia di questo periodo, potrebbe portare una spinta maggiore verso l’utilizzo delle rinnovabili e un nuovo impegno nel risparmio energetico”.
Potrebbe. Certo, non è detto che succeda, come sottolinea Caserini, che da anni si occupa di ricerca nel settore dell’inquinamento dell’aria: “Serve una strategia energetica diversa da quella a cui siamo abituati”. Ma è anche vero che la dipendenza da gas e petrolio russo può fornire l’assist a un’accelerazione della transizione ecologica. “Sole e vento in Italia non mancano, e sarebbe auspicabile la costruzione di una filiera produttiva italiana per supportarci in questo percorso”.
Ma c’è un aspetto che ci riguarda ancora più da vicino, ed è l’urgenza di ridurre i consumi. “In un momento in cui le famiglie sono provate da bollette energetiche sempre più alte, vorrei che le istituzioni guidassero una seria politica di risparmio energetico”, spiega Stefano Caserini. Basterebbero piccole attenzioni: razionalizzare l’utilizzo di un elettrodomestico, abbassare di un grado la temperatura in casa, o decidere di non lasciare le porte di negozi o locali pubblici aperte. “Sono tutte azioni che ci avvicinano di più agli obiettivi di decarbonizzazione senza enormi sacrifici”.
Anche perché per gestire un problema è importante sentirsi parte della soluzione: “Le persone in questo momento vogliono essere attive. Partecipare alla riduzione degli sprechi aiuta anche a vincere l’ansia da climate change”. La risposta climatica in tempi di guerra, forse, passa anche da qui.