Attenti a toccare il Pnrr. Lo strumento europeo inteso per fare arrivare fondi per 200 miliardi all’Italia (e, in misura molto minore agli altri Paesi Ue) per sostenere il rilancio dell’economia e la modernizzazione del Paese è potente, può essere decisivo, ma è anche estremamente delicato da maneggiare. Ma uno spazio, importante, offerto proprio da Bruxelles esiste, anche se in Italia non se ne parla.
Dopo lunghe e complicate trattative, il Piano per l’Italia è stato messo a punto, e le sue prime scadenze, sotto la guida del governo di Mario Draghi, sono state rispettate ed anche i primi soldi sono arrivati. Ma è solo l’inizio, il grosso deve ancora venire e il patto è il rispetto degli impegni presi. Ogni sei mesi la Commissione controlla quel che si è fatto e come lo si è fatto. Se qualcosa di importante non va ecco che saltano i finanziamenti.
Il Pnrr d’altra parte non è un taboo intoccabile, di fronte a mutate condizioni (ma devono esserci davvero grandi novità nel quadro generale rispetto a quanto concordato solo pochi mesi fa) è possibile discutere qualche riallineamento, ma ad oggi, dopo che anche la guerra russa in Ucraina è stata presa in considerazione, dopo che i governi sono stati invitati a presentare un aggiornamento del Piano per quanto riguarda le infrastrutture di produzione e trasporto dell’energia, per rendersi il più indipendenti possibili dalle forniture di Mosca, a Bruxelles si ritiene non vi sia necessità di rimettere in discussione le decisioni prese.
E qui, proprio qui, nel settore che occupa ben il 37 per cento del valore del Piano che il prossimo governo, nel progetto RepoweEu, ha spazi grandi per intervenire. Ma non si tratta di “rinegoziare” il Pnrr, si tratta proprio di riempire un nuovo capitolo, che in origine non c’era. Dunque un approccio positivo, costruttivo e non “rivendicativo” sarebbe quello giusto, quello che i partner si attendono e che i maggiori frutti potrebbe portare.
Per il resto del Piano fonti Ue confermano che gli Stati membri “dovrebbero attuare in via prioritaria i Piani di ripresa e resilienza approvati dal Consiglio nelle relative decisioni di attuazione”, con inclusi “obiettivi e tappe con tempistiche chiare, anche per quanto riguarda le riforme trasformative incluse in ciascun Piano”. A proposito del Pnrr italiano, “le raccomandazioni, così come le riforme e gli investimenti inclusi, rimangono valide”, sottolineano le fonti, che evidenziano il fatto che il Piano comprende “un’ampia serie di riforme e investimenti che si rafforzano a vicenda” e che contribuiscono ad “affrontare efficacemente un sottoinsieme significativo delle sfide economiche e sociali delineate nelle raccomandazioni specifiche rivolte all’Italia dal Consiglio nell’ambito del semestre europeo nel 2019 e nel 2020”.
Insomma, a voler imporre un tavolo per discutere modifiche sostanziali, o comunque importanti, si rischia lo scontro con la Commissione e con gli altri partner che potrebbe portare anche alla perdita di una ventina di miliardi che sono attesi con la prossima verifica di fine anno, un tempo troppo stretto perché un governo riesca a mettere a punto delle modifiche e che queste siano approvate da esecutivo Ue e governi partner.