Carne sintetica, dalla produzione ai vantaggi nel consumo

La scelta di produrre carne in laboratorio può restare un'opzione valida per quattro ragioni, tra le quali l'abbassamento dei costi ad attività avviata e le prospettive di sviluppo in campo biomedico

Creare la carne in vitro non è più fantascienza; non solo è possibile, ma è proprio in quella direzione che il mercato alimentare si sta già muovendo. Dopo gli Stati Uniti, dove la carne sintetica ha avuto il via libera dalla Food and Drug Administration (Fda), l’ente del governo statunitense che regola i prodotti alimentari e i farmaci, anche la Commissione europea ha parlato a un possibile ok al cibo prodotto in laboratorio, a patto che rispetti gli standard nutrizionali.

La carne sintetica, detta anche coltivata, artificiale o ‘clean meat’ in inglese è il risultato di un processo di coltivazione cellulare operata in laboratorio su cellule animali staminali, ovvero cellule che possono generare una grande varietà di tessuti animali se opportunamente “condizionate”. È carne a tutti gli effetti ma non prevede l’allevamento di un intero animale e nemmeno di un processo di macellazione quindi risulta essere ‘cruelty free’, cioè ottenuta senza sofferenza animale.

Come si produce. A differenza della carne ‘classica’ che ha bisogno della mucca o del maiale, nella produzione di carne sintetica si ricreano in laboratorio esclusivamente le cellule e di conseguenza i tessuti di nostro interesse. Grazie ai recenti progressi della scienza si è in grado, tramite tecniche di ingegneria cellulare, di indirizzare le cellule verso lo sviluppo di una specifica tipologia generando artificialmente cellule muscolari, nervi e tessuti connettivi. In questa maniera da una singola cellula si possono creare milioni e milioni di cellule che andranno a comporre un vero e proprio muscolo, successivamente trasformato in carne. Le cellule vengono inizialmente isolate da un animale e sviluppate all’interno di linee cellulari che vengono poi congelate. Piccoli campioni di queste linee possono poi essere trasferiti nei bioreattori – in genere di grandi vasche d’acciaio – dove le cellule vengono alimentate con dei terreni di coltura che contengono i nutrienti di cui hanno bisogno per dividersi. Una volta che sono cresciute e si sono differenziate formando il tipo di tessuto corretto, le cellule possono essere raccolte e utilizzate in prodotti a base di carne sintetica. Coltivare le cellule con questo processo, tuttavia, è ancora estremamente costoso. Produrre della carne in laboratorio (almeno inizialmente) è molto più dispendioso che produrre carne in maniera tradizionale, considerando che si sono anche costi indiretti di gestione da includere. Prevedere i costi è particolarmente difficilmente perché i protocolli non sono ancora del tutto standardizzati e non è facile predire come la produzione massiva (detta anche scale up industriale) possa incidere sui costi fissi e variabili.

Carne vegetale. La carne sintetica non ha nulla di vegetale e, per questo motivo, non va confuso con la carne vegetale. Quest’ultima infatti, chiamata anche ‘fake meat’ (carne falsa), è un alimento composto da soli ingredienti vegetali. La sua composizione ha però l’obiettivo di replicare, nel modo più fedele possibile, il gusto, l’aspetto e le proprietà nutritive della carne originale. Tale prodotto quindi, a differenza della carne sintetica, può essere usato all’interno di una alimentazione vegetariana o vegana. Le principali tipologie di carne vegetale oggi presenti in commercio sono il seitan ed il muscolo di grano.

Sostenibilità ambientale. Il consumo mondiale di carne è previsto aumentare del 40-70% entro il 2050 ed è quindi necessario ridurre gli effetti nocivi della sua produzione. La carne ha un altissimo impatto ambientale nonché contribuisce al riscaldamento globale, alla deforestazione, al consumo di suolo, acqua ed energia. Circa un terzo delle emissioni di gas serra a livello globale è riconducibile all’industria alimentare, il 18% solo a gli allevamenti. Queste stime sono destinate ad aumentare in futuro per rispondere alla sempre più crescente domanda di cibo. La scelta di produrre carne in laboratorio può restare un’opzione valida per quattro principali ragioni: come tutte le tecnologie, inizialmente dispendiose, se vengono avviate ad uno scale up industriale i costi si abbassano. La regola è molto semplice: più Paesi e aziende iniziano a produrre una determinata cosa e più i costi per la singola unità nel tempo si abbassano. Le ricadute ambientali sarebbero positive, andando a ridurre alla lunga le spese per le politiche di lotta al cambiamento climatico. La produzione di carne in laboratorio potrebbe portare con sé interessanti prospettive di sviluppo in campo biomedico, rendendo queste tecnologie maggiormente abbordabili anche in altri settori. Infine un ulteriore vantaggio sarebbe la sicurezza alimentare che un prodotto ottenuto in condizioni standard e strettamente controllate porterebbe con sé. L’assenza di contaminanti biologici, chimici e fisici sarebbe possibile con dei limiti molto più rigidi e ben oltre gli attuali risultati ottenibili nel mercato, vista la purezza delle condizioni di produzione necessarie all’ottenimento del prodotto.