Il Papa: “La Terra è nelle nostre mani. Ma la siccità brucia l’Italia”

Il cuneo salino del Po ha raggiunto i 30 km. I danni per l'agricoltura salgono a 3 miliardi e aumenta il numero degli incendi in tutta la Penisola

Non sono bastate le piogge e i temporali degli ultimi giorni, soprattutto al nord, a placare la sete del Paese. La siccità avanza e il deficit idrico resta. I dati emersi dalla consueta riunione dell’Osservatorio sul Fiume Po non sono rassicuranti: il cuneo salino ha raggiunto i 30,6 km, facendo registrare un nuovo record e il livello di acque salmastre dalla Costa Adriatica è maggiore nel ferrarese e nel rodigino. Significa che il Grande Fiume è sempre più salato e che le campagne non possono trovare ristoro nemmeno dalla poca acqua presente perché senza acqua dolce non si può irrigare. Le cinque stazioni di monitoraggio delle quote idrometriche del fiume restano ancorate al livello di siccità grave (portate in metri rispetto alla media): Piacenza -0,88 metri; Cremona -8,20; Boretto -4,37; Borgoforte -3,83; Pontelagoscuro -7,16.

E i toni si fanno sempre più alti. “A cosa serve – ha detto Meuccio Berselli, segretario generale dell’Autorità di bacino del Po – prendere decisioni, organizzare e coordinare incontri utili con tutti i portatori di interesse, fare ricerche approfondite che costano lavoro ed impegno agli staff tecnici se nessuno prende i provvedimenti amministrativi più adeguati e mette in pratica le decisioni prese aumentando, nei numeri, il prelievo ognuno badando così esclusivamente al proprio interesse ed orticello?”. Al centro della polemica c’è la questione del prelievo idrico, per la quale era stata concordata una riduzione del 20%. Non è accaduto, ha tuonato Berselli, ma anzi in alcuni casi è aumentata del 10%. E anche se la pioggia ha portato un po’ di ristoro, senza questo taglio il problema si ripresenterà tra dieci giorni.

Mentre aumentano gli incendi (18 le richieste di intervento aereo ricevute mercoledì dalla Protezione civile) Coldiretti e Confagricoltura fanno la conta dei danni attuali e futuri. Il caldo estremo brucia la frutta sugli alberi e ha già causato una perdita del 15% del raccolto, e il conto per il settore agricolo è già salito a 3 miliardi. L’Ente Riso ha annunciato che buona parte della produzione del vercellese e del novarese è ormai persa.

Una tragedia che, come ha ricordato Papa Francesco al termine dell’Angelus nella solennità dei santi Pietro e Paolo, “deve farci riflettere sulla tutela del creato, che è responsabilità nostra, di ciascuno di noi. Non è una moda, è una responsabilità: il futuro della terra è nelle nostre mani e con le nostre decisioni”. Il pontefice ha invitato a mettere in pratica “le misure necessarie a fronteggiare queste urgenze e a prevenire le emergenze future” ed è su questo che sta lavorando il governo. “L’unica cosa che possiamo fare adesso – ha detto Stefano Patuanelli, ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali è mettere a disposizione delle risorse per ristorare i danni che la siccità crea”, ma “serve un piano strutturale che ci permetta di raccogliere più acqua piovana, quindi realizzare gli invasi dove servono, programmando la realizzazione degli interventi”. Intanto la Protezione civile sta dialogando con la Conferenza Stato-Regioni per individuare, ha ricordato Patuanelli, “i percorsi che portano a una gestione centralizzata delle dinamiche” e alla definizione dei criteri per lo stato di emergenza, chiesto da nord a sud, che dovrebbe arrivare entro una decina di giorni.

Contemporaneamente, buone notizie arrivano dal ministero della Transizione ecologica, che ha emanato il decreto strategico per favorire il riuso delle risorse idriche e consentire l’adeguamento dell’attuale sistema idrico alle previsioni europee. La misura finanzierà progetti in grado di rendere più efficace la depurazione delle acque reflue scaricate nel mare e nelle acque interne così da poterle riutilizzare per l’irrigazione e per scopi industriali.