Agricoltura, in Commissione Envi non passa lo stop al rinnovo del glifosato

Ma un recente studio stima che in uno scenario 'glifosate free' il 37% del valore aggiunto dell’agricoltura italiana rischia una severa contrazione

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La commissione Ambiente del Parlamento europeo (Envi) ha respinto con 38 voti a favore, 40 contrari e 6 astensioni la proposta di obiezione all’atto delegato della Commissione europea per rinnovare l’approvazione del controverso erbicida glifosato. La proposta di rinnovo dell’uso del glifosato per altri dieci anni è arrivata lo scorso 20 settembre nelle mani dei ventisette governi, che hanno iniziato già il mese scorso a discuterne a livello di rappresentanti permanenti presso l’Ue.

L’uso del contestato erbicida era stato rinnovato per l’ultima volta nel 2017 per soli cinque anni e, in scadenza a dicembre di un anno fa, la licenza è stata rinnovata per ulteriori dodici mesi fino al 15 dicembre di quest’anno. Il Parlamento europeo non ha reale voce in capitolo sul rinnovo, su cui devono pronunciarsi gli Stati membri, ma è stata presentata un’obiezione sul rinnovo, che non ha trovato maggioranza in Aula. L’erbicida, il più diffuso al mondo, è al centro di una disputa scientifica a livello internazionale a causa della sua presunta cancerogenicità, classificata come ‘probabile’ nel 2015 dall‘Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Lo scorso 13 ottobre gli Stati membri in seno al comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi non hanno raggiunto la maggioranza qualificata necessaria per sostenere o bocciare la proposta della Commissione europea di rinnovare per altri dieci anni (su un totale di quindici) l’uso in Europa del controverso erbicida che divide l’Ue. In assenza di una maggioranza qualificata, come prevedono le norme Ue, la Commissione europea poteva scegliere di modificare la proposta e tornare al Comitato o inviarla a un comitato d’appello. La Commissione von der Leyen ha scelto questa seconda opzione e entro la metà di novembre la proposta sarà ri-votata dagli Stati membri in un comitato d’appello, senza modifiche.

Ma quanto costerebbe all’Italia eliminare l’uso di uno dei pesticidi più diffusi, cioè il glifosato? Secondo uno studio di Areté-The Agrifood Intelligence Company pubblicato alla fine del 2022 e commissionato da Bayer, se l’Europa vieterà l’utilizzo di glifosato, il 37% del valore aggiunto dell’agricoltura italiana rischia una severa contrazione. Un prodotto – questo erbicida – che, comunque, le autorità regolatorie di quattro grandi paesi europei (Francia, Paesi Bassi, Ungheria e Svezia) ritengono sicuro per l’uomo.

In uno scenario ‘glifosato free’, le più consistenti riduzioni dei volumi di produzione su scala nazionale (derivanti dalle diminuzioni di resa causate da un controllo meno efficace delle malerbe e da altre ripercussioni negative sulla naturale fertilità dei terreni) sono stimate per la soia (-18,2%), il riso (-17,7%), e il frumento duro (-12,2%). Per quanto riguarda i costi di transizione, il confronto tra i costi aggiuntivi per unità di prodotto e il prezzo medio di vendita risulta essere particolarmente penalizzante per la soia, il mais, il frumento tenero e il frumento duro. Considerando gli impatti complessivi a livello agricolo, le colture che sarebbero maggiormente impattate in Italia sono il mais ed il frumento duro, per cui si attendono costi aggiuntivi significativi (pari fino al 14% del prezzo medio per il mais irriguo nel nord Italia, e al 15% del prezzo medio per il frumento duro nel sud Italia)

Ma non solo. Lo studio ha preso in considerazione anche gli impatti ambientali di un futuro senza glifosato e i risultati della ricerca “presentano una notevole complessità sul piano scientifico, che si traduce in una certa difficoltà nell’elaborare conclusioni univoche al riguardo”. Ad esempio, per quanto riguarda il riso, l’eventuale divieto all’uso di questo pesticida rischia di produrre gravi conseguenze ambientali, poiché aumenterebbe il consumo di acqua, arrecando contemporaneamente gravi cali produttivi stimati tra -133.866 (-8,8%) e -407.705 tonnellate (-26,7%).

Secondo lo studio, inoltre, l’opzione alternativa oggi più concretamente praticabile per la pulizia del letto di semina prevede un aumento del numero e una intensificazione delle lavorazioni meccaniche sul terreno, anche in combinazione con l’applicazione di erbicidi chimici in pre e/o post emergenza. Anche l’opzione meccanica, riferisce la ricerca, “non è ad impatto zero, in quanto comporta un complessivo aumento del consumo di energia” con conseguente aumento del consumo di gasolio agricolo, e quindi anche di emissioni inquinanti.