Un appello all’Europa. Perché sul tema energetico sia presente, perché “faccia l’Europa”, a partire da un ‘energy recovery fund’ come fu per il Covid. E se non dovesse essere così, se non dovesse nascere quell’Europa solidale sull’energia che l’Italia si aspetta e chiede con forza, allora sarà il nuovo governo a dover risolvere l’emergenza. Anche con uno scostamento di bilancio che potrebbe dimostrarsi “inevitabile”. Pena la desertificazione di imprese. Il mondo dell’industria teme l’arrivo di una recessione e si unisce dietro le parole del presidente, Carlo Bonomi. “Sul tema energetico l’Europa non c’è”, bolla il numero uno di Confindustria, sollecitando l’esecutivo che verrà a dirottare tutte le risorse per far fronte alla crisi: “Dobbiamo salvare l’industria italiana, senza l’industria non c’è l’Italia”. In termini pratici, per Bonomi, si tratta di “40-50 miliardi”, che “si possono trovare nei mille e rotti miliardi di spesa pubblica”. In alternativa, “uno scostamento di bilancio potrebbe dimostrarsi inevitabile”. L’energia è la vera emergenza, “non è il tempo di flat tax o di interventi sulle pensioni tipo quota 100”, gela Bonomi. E se la proposta arriva da Confindustria, allora la politica non può che ascoltare. Parola di Guido Crosetto, uno degli uomini più vicini a Giorgia Meloni. Fratelli d’Italia si è sempre mostrata contraria all’ipotesi di aumentare il debito pubblico, al contrario della Lega che oggi plaude a Bonomi. In realtà, la stessa Confindustria ammette che l’anno a venire sarà un’incognita. Pesa la crisi russa, che determina i costi dell’energia e nessuno può prevedere cosa accadrà. Di certo, l’onere di evitare il collasso economico deve essere europeo ma se così non sarà il nuovo esecutivo dovrà essere pronto, chiosano gli industriali.
Ma c’è chi, invece, continua a non vedere di buon occhio un ulteriore aumento del debito pubblico, neanche in questa fase critica perché sarà transitoria. È Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo, che parla di uno scenario complesso per il primo trimestre del 2023 ma, spiega, “nella seconda parte dell’anno è prevista una crescita. Non ragioniamo per progettare qualcosa di paragonabile alle recessioni passate, è una fase transitoria ma con prospettiva di recupero nel 2024”, annuncia all’assemblea generale dell’Unione industriale di Torino. Impossibile, quindi, secondo lui, chiedere una mano al settore pubblico come avvenuto durante la pandemia. Proprio il Covid-19 ha azzerato gli ultimi margini di manovra in tal senso: il bilancio pubblico ha limiti imprescindibili. In questa fase non dobbiamo permettere che si crei attenzione sul bilancio pubblico” e “necessità di rifinanziare debito pubblico” ribadisce Messina, evocando senza citarlo un andamento impazzito dello spread.