
StMicroelectronics (StM) annuncia 2.800 uscite volontarie a livello globale nei prossimi tre anni, “principalmente nel 2026 e 2027“, oltre al turnover naturale. Si tratta del dato più interessante emerso dal tavolo plenario dedicato al piano industriale di StM convocato oggi d’intesa col ministero dell’Economia e delle Finanze e presieduto dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.
Presenti al tavolo, oltre ai rappresentanti dell’azienda, anche le organizzazioni sindacali e i rappresentanti delle Regioni Siciliana e Lombardia. Il confronto verteva principalmente sugli investimenti futuri in Italia dell’azienda, in un settore come quello dei semiconduttori ritenuto strategico e fondamentale per la transizione digitale e la competitività di tutti i comparti industriali. StM conta infatti circa 13mila dipendenti in Italia, molti concentrati nei due siti principali di Catania e Agrate Brianza (Monza), con oltre 5 mila dipendenti ciascuno.
Il Mef, al pari del governo francese, detiene il 50% di Stm Holding, che a sua volta controlla il 27,5% della multinazionale. All’appuntamento ci si è arrivati dopo giorni di tensione. Tra Italia e Francia è infatti in corso un braccio di ferro sulla governance della società. Dopo la bocciatura da parte del consiglio di sorveglianza della nomina di Marcello Sala, il direttore generale del dipartimento Economia del Mef che avrebbe espresso disappunto per la strategia e la persona dell’ad Stm, Jean-Marc Chery, lo stesso Mef ha infatti giudicato l’atto “gravissimo e inaccettabile“, col ministro Giorgetti che ieri aveva sottolineato come l’atteggiamento dell’azionista italiano sarebbe stato, da lì in avanti, “di critica opposizione“.
In mattinata, di tutta risposta, il consiglio di sorveglianza della STMicroelectronics aveva espresso “il suo rinnovato sostegno” a Chery e al suo team di dirigenti. Su questo, però, Urso si è subito schierato apertamente al tavolo: “Condivido pienamente quanto espresso dal ministro Giorgetti, che con il Mef esercita il ruolo di azionista”. Poi ha assicurato di voler proseguire il confronto con gli omologhi francesi: “Lavoreremo in piena condivisione di intenti, nei luoghi e nelle sedi competenti”. Per il ministro, la priorità è “affrontare i problemi e risolverli in modo strutturale, noi siamo il governo del fare”. A maggior ragione se si tratta di un piano industriale “assolutamente strategico” come quello di StM, utile “per riaffermare la leadership tecnologica italiana nel comparto della microelettronica”, “vogliamo riportare i chip al centro della nostra politica industriale”.
Per questo motivo, ha chiesto all’azienda “un nuovo piano che riporti l’Italia al centro dello sviluppo”. Dall’azienda italo-francese sono arrivate rassicurazioni sugli investimenti: “Quelli approvati e previsti in ltalia e in Francia sono confermati”, inoltre l’impatto complessivo e le soluzioni utilizzate per l’attuazione del programma globale “saranno sostanzialmente equivalenti” tra i due Paesi, con l’azienda che garantisce investimenti più equilibrati tra Francia, in cui ci si era mossi prima, e Italia, dove ora si recupererà il terreno perso. Salvi, nel Piano 2025-27, anche i vari siti StM. “Nessuno degli attuali, in Italia e nel mondo, verrà chiuso. Ciascuno continuerà ad avere un ruolo e una missione specifica”. Si cerca poi un dialogo “costruttivo con le parti sociali per evitare azioni unilaterali”.
Nel Piano, viene ribadita l’intenzione di destinare, già nel primo triennio 2025-2027, la maggior parte degli investimenti al nostro Paese, sia in termini complessivi – 4 miliardi su un totale di 6,5 miliardi a livello europeo – sia per singolo stabilimento, con 2,6 miliardi destinati al sito di Catania, parte del più importante investimento strategico che si dispiegherà progressivamente anche negli anni successivi. Il Piano presentato non soddisfa però la Fiom Cgil. La segretaria nazionale, Barbara Tibaldi, ha puntato il dito sul taglio all’occupazione in Italia, “che non è stato né quantificato né articolato. All’ultimo minuto hanno detto che c’è un esubero di personale di 2800 persone dichiarato a livello complessivo. Come questo si articolerà sul nostro territorio non è dato saperlo”. Resta dubbiosa anche la Uilm. Per il segretario generale, Rocco Palombella, la partita è ancora lontana dal chiudersi: “Una rappresentazione così, con lo stabilimento di Catania che ha fatto due settimane di cassa integrazione e l’incertezza sul futuro, non ci lascia tranquilli. Quindi abbiamo deciso di riservarci qualsiasi possibilità di giudizio dopo aver approfondito e capito bene se effettivamente tutti i siti italiani, compresi quelli di Agrate e Catania, hanno delle missioni produttive vere”.
La palla ora torna a Urso, che auspica di arrivare alla definizione di un protocollo d’intesa sottoscritto da tutte le parti coinvolte “sul modello di quanto abbiamo fatto con Eni Versalis e che stiamo facendo con Beko. Ora – ha concluso il ministro – via ai tavoli tecnici per gli approfondimenti”.