L’Unione europea non si ferma. E’ decisa a giocare la partita della sostenibilità, accettando la sfida geopolitica lanciata da una Cina entrata prepotentemente nella corsa per la definizione di un nuovo modello economico-produttiva. Di fronte allo stop cinese all’export di germanio e gallio, materie prime utili alle transizioni verde e digitale, “la Commissione è in contatto con raffinatori e riciclatori internazionali e con sede nell’Ue per vedere se, se necessario, potrebbero aumentare o riprendere la produzione”. Lo assicura il commissario per il Mercato interno e l’industria, Thierry Breton, che mostra come l’Ue non sia ferma a guardare. “Ne vale la pena, poiché il gallio e il germanio sono sottoprodotti di metalli più comuni”, aggiunge. Avanti dunque con un’alleanza commerciale e industriale in salsa anti-cinese.
Forte di un territorio ricco di materie prime indispensabili e di un controllo di ciò che non è presente nel proprio sottosuolo, la Repubblica popolare chiude i rubinetti a dei flussi commerciali non casuali. Germania e gallio sono elementi utilizzati nei chip dei computer, nel settore delle telecomunicazioni, per la produzione di pannelli solari e veicoli elettrici. La Repubblica popolare cinese ha annunciato restrizioni nella vendita all’estero di queste materie prime, ma il commissario per l’Industria, Thierry Breton, ostenta ottimismo: “I materiali sono sottoprodotti e quindi il potenziale per raffinarli nell’Ue è elevato, anche a breve termine”. Come spiega, “il gallio, ad esempio, è stato prodotto nell’Ue fino al 2016, e il recupero del germanio dalle scorie è ancora in corso nell’Ue, e i progetti strategici orientati alla sua produzione potrebbero essere sostenuti dall’Ue”.
Condizionali d’ordinanza, perché a Bruxelles si è consapevoli della posta in gioco. Gallio e germanio sono stati inseriti nella lista Ue delle materie prime strategiche, versione 2023, quella dunque aggiornata. Per queste due materie prime l’esecutivo comunitario riconosce “rischi sistemici”. In particolare per il Gallio, “a causa della maggiore concentrazione della produzione globale in Cina e dell’interruzione di un’importante produzione interna”. Pechino ha iniziato a produrre solo per sé stessa, per tagliare fuori concorrenti nel nuovo business mondiale, voluto dagli europei.
Numeri alla mano, il compito che si è dato il team von der Leyen risulta tanto necessario quanto arduo. L’Ue ha un tasso di dipendenza dall’estero del 98% per quanto riguarda il gallio. Il ‘made in China’ da solo vale il 71% di questa domanda. Gli altri partner principali sono Stati Uniti (10%) e Regno Unito (9%). Diverso il mercato del germanio. Belgio e Germania riescono sia a produrre sia a lavorare, seppur in volumi insufficienti. Bisogna dunque affidarsi a Stati Uniti, Giappone e magari alle loro imprese. Perché alla fine la green economy l’Ue non potrà non farla senza un qualche contributo esterno. “Partnership strategiche potrebbero aiutare, nel medio termine, a diversificare l’offerta di gallio e germanio”, riconosce Breton. La Commissione è al lavoro. Perché non ha alternative.