La sinusoide che accompagna la sua leadership governativa questa volta va all’insù. Dopo aver patito lo smacco francese ed essere arrivata allo strappo con Emmanuel Macron, dopo aver criticato apertamente la missione di Francia e Germania a Washington, Giorgia Meloni si è (ri)cucita addosso un ruolo non proprio trascurabile andando in missione in Polonia e, di qui, in Ucraina. Conquistando – pure – un invito alla Casa Bianca da Joe Biden che, guarda caso, è transitato anche lui negli stessi giorni da Varsavia e da Kiev.
Al di là dell’impatto mediatico di una doppia visita che non può passare sotto traccia, l’incontro cordiale con il premier polacco Mateusz Morawiecki e quello altrettanto caloroso con Volodymir Zelensky in teoria dovrebbero fornire segnali precisi e rassicuranti: l’esecutivo e chi lo guida hanno sposato una linea saldamente atlantista, l’Italia del dopo Draghi non ha cambiato (e non ha intenzione) di cambiare rotta. Gli altri 26 paesi della Ue, sotto questo aspetto, dovrebbero essere più tranquilli dopo le inquietudini d’autunno quando Meloni era salita a Chigi tra molti dubbi e qualche batticuore. Abbandonata dai partner più importanti, Meloni (da sola) sta rilanciando l’idea di un’Europa unita per davvero e non solo di facciata. Uno spot per gli inquilini di Bruxelles, intanto…
Intanto, la presidente del Consiglio ha garantito il massimo appoggio – militare e non – all’Ucraina sapendo che la guerra si porta appresso incognite pesantissime, le più cogenti sono legate al comparto energetico e a quello dell’agroalimentare. Ad esempio, il grido d’allarme lanciato dal ministro dell’Agricoltura ucraino sull’accordo del grano, che ovviamente coinvolge la Russia, non può restare appeso nell’aria senza una soluzione: la storia insegna che un popolo affamato diventa ingestibile. Di gas, poi, si è detto e ridetto e sarebbe illusorio pensare che la situazione sia risolta al cento per cento. In fretta e furia è stata messa una toppa, ma il prossimo inverno si porterà dietro un’altra emergenza. Anche in questo caso, si tratta di problemi più facilmente risolvibili da un’Europa unita che non da cani sciolti, per cui ciascuno pensa per sé e gli altri si arrangino.
Liofilizzando il concetto, Varsavia e Kiev restituiscono all’Italia una Meloni con un’allure internazionale più rilucente: ce n’era bisogno, Perché nei prossimi mesi l’interlocuzione con l’Europa, in particolare con Macron e Scholz, non sarà facile. E si andrà sicuramente a discutere, a Bruxelles: dalle case green alla direttiva sulle auto elettriche, fino all’etichettatura del vino e alla ridefinizione del perimetro del Pnrr. Molti fronti aperti, magari troppi, nessuno da sottovalutare, tutti risolvibili con in buonsenso. E, manco a dirlo, con l’unità.