La transizione eco-compatibile del tessile è lontana, “Ue è un disastro con comparto”

Per il presidente delle provincia di Lucca, Luca Menesini, “c’è un grande lavoro da fare dal punto di vista culturale”. L’Ue, i suoi Stati membri e i suoi territori, scontano “una sovrapproduzione di abiti”

L’Unione europea ha fatto della sostenibilità il suo cavallo di battaglia, ma col tessile è un disastro”. Luca Menesini (Pd) è perentorio nel descrivere la situazione di un comparto ancora lontano dall’essere la rappresentazione degli sforzi per una transizione eco-compatibile. La Commissione europea dovrà presentare proposte mirante nel 2024, quando “la necessità di incentivare la trasformazione è adesso, e adesso non è il 2024”, riconosce il sindaco di Capannori e presidente delle provincia di Lucca nell’intervista a GEA. Ci sono ritardi, da un punto di vista di azione e attenzione. Ma c’è anche una situazione economico-finanziaria deteriorata che non aiuta. Perché uno dei grandi problemi è quello della cosiddetta ‘fast fashion’, produzione a ciclo continuo di collezioni a materiali e fibre non proprio e non sempre amiche dell’ambiente. “Un tema di politica industriale, legato alle piccole e medie imprese che vanno guidate nella transizione attraverso incentivi cospicui e aiuti”. Soldi non ce ne sono, e la recessione è alle porte anche sulla scia di una crisi energetica che, però, può tornare utile.

Il rincaro energetico è un problema per tutti i distretti produttivi, non solo quello tessile toscano”, premette Menesini. Ma di fronte a costi di produzione più alti e cartellini corretti al rialzo, “questo può portare ad un’accelerazione” del cambio di abitudini e l’acquisto di abiti di seconda mano, favorendo così riutilizzo e riduzione di rifiuti tessili. “Dobbiamo trovare il modo per trasformare la crisi in opportunità”, insomma. Nel suo piccolo, la Toscana ci sta provando. “Abbiamo più mercatini del riuso, molti rivolto alle nuove generazioni, e iniziamo ad avere le prime campagne” sui capi di abbigliamento durevoli. Perché il lato insostenibile dell’industria tessile e della moda, sta in abitudini sbagliate, sia dal lato della domanda sia dal lato dell’offerta. Sul primo fronte “c’è un grande lavoro da fare dal punto di vista culturale”. L’Ue, i suoi Stati membri e i suoi territori, scontano “una sovrapproduzione di abiti”. Il “disastro” delle pretese verdi dell’Unione europea che si scontrano con la realtà, precisa, si registra “già sul lato dei consumatori”.

Finché si continuerà a produrre con tessuti non riciclabili, a proporre troppe collezioni per stagione, e a non permettere il riuso, il modello continuerà a essere insostenibile. Occorre “un cambio di sistema produttivo”, ma fatto bene e in fretta. Perché gli operatori del settore hanno ancora dubbi. “La più grande preoccupazione è che il sistema a cui si chiede un grande cambiamento sia impermeabile alla concorrenza sleale, visto che tanto tessile arriva ancora da Paesi extra-europei”, in particolare asiatici, che portano nel mercato unico materiali a basso costo. È anche per questo che il distretto tessile toscano “ha luci e ombre”, riconosce il presidente della provincia di Lucca. “Alcuni produttori sono già molto avanti, altri no”: il risultato è che quando si parla di tessile sostenibile “abbiamo un grande potenziale che stiamo gettando via, anche a Lucca”.

Una possibilità per tutelare produttori e venditori, confida a GEA, “è un sistema di certificazione delle materie, che provino la loro sostenibilità ambientale, e una tracciabilità del prodotto”, e l’attuazione di un sistema per cui “più è riciclabile meno è tassato”.

Menesini decide di giocare la partita in Europa. È relatore della Strategia dell’Ue per prodotti tessili sostenibili e circolari, che il Comitato europeo delle regioni dovrà discutere e votare in sessione plenaria a novembre. Il testo insiste sulla necessità di prodotti tessili durevoli e riciclabili e “in larga misura costituiti da fibre riciclate, privi di sostanze pericolose e prodotti nel rispetto dei diritti sociali e dell’ambiente”. Ma soprattutto, conferisce una nuova centralità ai territori, laddove si stabilisce che “la produzione locale di fibre riciclate possa svolgere un ruolo chiave nel rafforzamento della catena del valore tessile europea”. Un testo che ha trovato “un’ampia maggioranza” in commissione, ricorda, “ma crediamo possa trovare l’unanimità in plenaria”.