L’Aie spinge sull’acceleratore: servono 600 miliardi all’anno per rinnovare le reti elettriche

Entro il 2040 saranno necessari 80 milioni di chilometri di rete per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica

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Entro il 2030 gli investimenti per “rinnovare o integrare” 80 milioni di chilometri di reti elettriche nel mondo “dovrebbero raddoppiare fino a oltre 600 miliardi di dollari all’anno”. Lo rivela l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) nel nuovo rapporto ‘Electricity Grids and Secure Energy Transitions’, secondo il quale le reti “non stanno tenendo il passo con la rapida crescita” di queste tecnologie, delle auto elettriche o delle pompe di calore. Per il direttore esecutivo Faith Birol, con l’aumento della produzione di elettricità, generata da energie rinnovabili destinate a sostituire i combustibili fossili responsabili dei gas serra, l’importanza delle reti “non potrà che aumentare”. Solo quest’anno, “in tutto il mondo, l’80% delle nuove centrali riguardava progetti di energia rinnovabile, in particolare solare ed eolica”, spiega.
Per l’Agenzia il mondo dovrà aggiungere o rinnovare 80 milioni di chilometri di rete elettrica entro il 2040 se vuole raggiungere gli obiettivi di neutralità rispetto alle emissioni di carbonio e garantire la sicurezza energetica. Ma c’è un rischio: “la mancanza di ambizione e di attenzione rischia di rendere le reti elettriche l’anello debole della transizione verso l’energia pulita”, avverte l’Aie.

Senza “maggiore attenzione politica e investimenti”, le carenze nella qualità delle reti “potrebbero rendere irraggiungibile l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale” a +1,5°C rispetto ai livelli preindustriali e “compromettere la sicurezza energetica”, afferma l’Agenzia.

Il tempo, insomma, stringe: l’Aie ha identificato “un’ampia e crescente coda di progetti di energia rinnovabile” in attesa di essere collegati alla rete, equivalente a 1.500 GW di capacità futura, ovvero cinque volte la capacità di energia solare ed eolica aggiunta a livello mondiale nel 2022. Circa il 50% di questi progetti si trova negli Stati Uniti, il 20% in Europa, seguito dal Giappone e dal resto del mondo.

Per l’Agenzia, il ritardo nella diffusione delle energie rinnovabili dovuto a misure insufficienti nelle reti comporterebbe emissioni aggiuntive di CO2 pari a circa 60 miliardi di tonnellate cumulativamente tra il 2030 e il 2050. Questo scenario porterebbe “l’aumento della temperatura globale ben oltre l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di 1,5°C, con una probabilità del 40% di superare i 2°C”.