Industria, Gozzi: “Non c’è più tempo, l’Ue deve cambiare. Ma sono pessimista”

Il Rapporto Draghi sulla Competitività ha avuto una cassa di risonanza enorme sull’Europa un anno fa. Dodici mesi dopo, sembra essere rimasta solo la eco, o quasi. Lo stesso ex presidente della Bce, su invito della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha fatto il punto sullo stato delle cose dalla pubblicazione di quel documento, notando e annotando che molti dei punti sono rimasti ancora nella lista delle cose da fare. Con tanto di aumento a 1.200 miliardi di euro del conto delle risorse necessarie a realizzarle. “Il problema è che le cose devono accadere o è finita anche la funzione di stimolo di Draghi, che non può ogni sei mesi dire all’Europa ‘fate qualcosa’. Questo è il vero nodo”. A dirlo è il presidente di Federacciai e Special Advisor di Confindustria per l’Autonomia strategica europea, Piano Mattei e competitività, Antonio Gozzi, che a GEA commenta, a mente fredda, l’intervento dell’ex premier.

Presidente Gozzi, come giudica il quadro disegnato da Draghi?

In termini di analisi facciamo un grosso passo avanti, nel senso che una persona così autorevole, con questa reputazione e questa credibilità, dice ciò che noi sosteniamo da anni: questo ci rincuora perché non eravamo proprio fuori strada, ma se qualcuno ci avesse ascoltato, probabilmente avremmo perso meno tempo. Colpisce il fatto che inizialmente Draghi disse che ci volevano 500 miliardi all’anno per recuperare il gap, poi al Parlamento disse che ci sarebbero voluti 800 miliardi, mentre ieri ha parlato di 1.200 miliardi di euro l’anno. Questo significa che il fattore tempo non è neutrale, cioè la distanza continua ad aumentare e l’ex Bce all’Europa dice che non c’è più tempo”.

In molti punti è sembrato di sentire le voci degli imprenditori italiani, e anche la sua.

Draghi è molto critico sul Green Deal, dice che i presupposti sulla base dei quali è stato pensato e disegnato non ci sono più, che il mondo è cambiato. Inoltre, dice una cosa molto forte sul 2035, che bisogna garantire transizione energetica e decarbonizzazione fatti secondo la neutralità tecnologica, quindi che i motori endotermici, i plug-in, gli ibridi e i motori endotermici con biocarburanti e combustibili sintetici sono da lui sdoganati. Il fatto che sostenga queste cose è molto importante, ma non ha lui in mano le leve delle decisioni. Purtroppo, se vedo questo anno di governo von der Leyen II, sono usciti documenti in cui si faceva formale ossequio al rapporto Draghi, al tema della competitività e anche della neutralità tecnologica, poi però non c’è stato niente. Solo un po’ di semplificazione, con l’eliminazione degli obblighi di rendicontazione dei bilanci di sostenibilità per le piccole imprese, poi basta”.

Cosa prevede per il futuro?

Sono pessimista, perché in questo anno, al di là dei proclami, vedo un immobilismo totale. Di misure vere non ne sono state prese, si continua con questo tran tran e nella migliore delle ipotesi si va avanti a comprare tempo. Adesso vedremo cosa succederà sull’auto”.

L’Automotive resta uno dei temi più caldi in Europa, con il dibattito sullo stop ai motori endotermici al 2035 che riprende quota.

Draghi ha detto chiaramente che è sbagliato e ha avuto il coraggio di dire che hanno disintegrato un’eccellenza industriale europea. Mi ha colpito molto anche ciò che ha detto il presidente dell’Associazione europea dell’indotto automobilistico: nel 2025 il settore, in Europa, ha perso 80mila posti di lavoro e stimano che ne perderanno altri 20-30mila nel 2026. Questo vuol dire che in due anni, solo sull’indotto automobilistico, si saranno persi 100mila posti di lavoro. Poi si stupiscono che gli operai della Volkswagen votano Afd”.

Questo è un argomento interessante.

Se i temi dell’industria e degli effetti economici e sociali non interessano più a nessuno, e in particolare non interessano ai partiti socialisti perché sono tutti innamorati di Greta Thunberg, non ci si può lamentare che estremismi di sinistra e di destra stiano prevalendo in Europa. I non tutelati esprimono un dissenso di soddisfazione nei confronti di questa politica. In più, abbiamo questa aggressione cinese con prodotti ormai di altissima qualità tecnologica, a prezzi scottati del 30%, nei confronti dei quali l’Europa non riesce a difendersi. Spesso li fanno con le sovvenzioni dello Stato, quindi si rendono protagonisti di una competizione sleale nei confronti dell’industria europea”.

La situazione sta sfuggendo di mano?

Senza sistema industriale non esiste più il Welfare. Arrivo a dire che senza sistema industriale non esiste manco più la democrazia, perché gli estremismi di destra e di sinistra diventano talmente radicali che c’è anche al rischio di sommovimenti politici. Anzi, li stiamo rivedendo in Francia. In Germania non hanno coraggio di andare alle elezioni (anche se la Grosse Koalition è un elemento di blocco, perché i socialisti alcune cose non le vogliono fare) perché c’è il rischio che l’Afd sia il primo partito e in Olanda vinceranno i sovranisti di destra. Ciò che mi colpisce è che non c’è mai un accenno autocritico di chi ha gestito l’Europa negli ultimi 10-15 anni. Non voglio colpevolizzare nessuno, però l’autocritica serve per cercare di capire dove si è sbagliato e provare a non sbagliare più in futuro”.

Draghi, però, parla anche di energia ancora a prezzi troppo alti come freno per la competitività.

Non è successo niente sull’acciaio, nonostante sia uscito il documento sull’acciaio, e non è successo niente sull’energia, nel senso che continua a essere cara. Anche lì c’è un tema molto chiaro, Draghi non si è spinto fino là, ma io l’avrei fatto. Siccome in tutta Europa il prezzo dell’elettricità è determinata col sistema del marginal price, quindi vuol dire che il costo del megawatt è determinato dal costo della centrale turbogas più inefficiente, per l’order merit, questo metodo di calcolo del prezzo dell’elettricità porta in sé 25 euro di effetto ETS. Draghi ieri ha parlato di disaccoppiamento, ma questa è una norma assolutamente europea. Basterebbe eliminare transitoriamente l’ETS dai turbogas e immediatamente l’energia elettrica in Europa costerebbe 25 euro al Megawattora in meno. Ma non hanno il coraggio di farlo, perché il tema dell’ETS è un tabù. La proposta di Confindustria, che vede anche Elettricità Futura d’accordo, è dare i 20 Twh degli impianti a fondo corsa per gli incentivi al GSE, al presso di 65 euro al MWh, cioè quello dell’Energy Release, per ampliarne la potenza di fuoco, facendo un’operazione equilibrata dal punto di vista anche del climate change e della decarbonizzazione”.

Nell’elenco degli ostacoli c’è da mettere anche l’accordo sui dazi Usa, non trova?

Abbiamo anche la beffa: nell’accordo fatto con Trump sui dazi c’è scritto che le imprese americane, in Europa, non sono tenute a rispettare quella norma sul CS3D”.

In questo scenario, l’Italia che ruolo può svolgere?

Siamo il secondo Paese industriale d’Europa, godiamo di una stabilità di governo che tutti ci invidiano e ci ammirano nel casino generale che c’è in Europa. Però, la stabilità non è un fine ma un mezzo e deve servire a fare qualcosa. Al tavolo europeo l’Italia deve rivendicare la forza del suo sistema industriale, la necessità di cambiare strada sulle politiche industriali e lo deve fare senza titubanze. In questo momento godiamo di una finestra che non abbiamo mai avuto. Bisogna sfruttare questa credibilità e questa reputazione per cercare di cambiare i destini europei. Poi si farà la battaglia e si perderà, magari. Però vale la pena giocare questa partita”.

Chiudiamo con una buona notizia, perché i dati di Federacciaio dicono che la produzione di acciaio in Italia è aumentata del 7,3% ad agosto e del 3% nei primi 8 mesi del 2025.

Guardiamo al 2026 con relativo ottimismo, pensiamo che non sarà un anno brutto. Abbiamo goduto del Pnrr, perché i grandi investimenti infrastrutturali hanno generato domanda d’acciaio, soprattutto nei prodotti lunghi, come travito e cemento armato, però non c’è solo quello. In questo momento c’è un po’ di rimbalzo di domanda, i clienti tornano ad acquistare, ma questo lo fanno quando pensano che domani il prezzo salirà. Gli acquisti e l’aumento di produzione derivano da un aumento della domanda e i clienti stanno andando a scale di anticipazione degli acquisti, perché prevedono che i prezzi domani saranno più elevati. Naturalmente, ci sono fattori geopolitici internazionali che sono imponderabili, ovvero le due guerre. Pensi cosa succederebbe se si fermassero i due conflitti, con le esigenze di ricostruzione che ci sono in Ucraina, in Medio Oriente e altrove. Cosa significherebbe in termini di domanda d’acciaio”.

Gozzi lancia l’allarme: “Sarà un autunno molto complesso”

E’ un grido di allarme quello lanciato da Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e del gruppo Duferco. Un grido di allarme che mette tutti davanti a una cruda realtà: “Sarà una stagione complessa perché siamo davanti ad un rallentamento della congiuntura. Non possiamo nasconderci. Questo momento arriva dopo due anni molto forti in cui l’Italia dal punto di vista economico ha performato più di tutti in Europa. Il Paese oggi è più fragile, i tassi di interesse sono alti e ad un livello a cui gli italiani non erano più abituati e quindi c’è un rallentamento degli investimenti“, la considerazione in un colloquio con il Giornale di Brescia. “Oltre ad un calo dell’inflazione più lento rispetto a quello che ci si aspettava. Dobbiamo poi tenere presente il rallentamento della Germania, ben superiore al nostro, che inciderà anche sull’economia italiana. Inflazione e guerra sono i due dati di incertezza che pesano sulle previsioni“, continua Gozzi. Parlando del mondo siderurgico, il presidente di Federacciai non nasconde anche qui la sua preoccupazione: “Le aziende energivore francesi pagano l’energia 42 euro a m W/h, quelle tedesche 60 euro, mentre quelle italiane quasi 120 euro. Vale a dire il doppio dei tedeschi e il triplo dei francesi e non è ammissibile. Con questi costi siamo davanti ad un handicap pesante che rischia di generare fermate della produzione e quindi cassa integrazione. Non ci sono molte alternative”.
Gozzi non vede uno spiraglio in fondo al tunnel anche perché le politiche di Bruxelles sollevano molte perplessità: “Il Governo è al corrente e abbiamo rappresentato a Roma la situazione. Il vero problema è l’Europa che ha dimostrato l’incapacità a fare una politica energetica comune. Non si riesce a trovare una sintesi che serve per evitare asimmetrie tra Stati ed ognuno va perla propria strada. L’Italia soffre perché non ha disponibilità economiche come altri. Il nostro governo deve rimarcare questo aspetto ai tavoli europei. Un altro dato che è drammatico: 750 miliardi di aiuti di Stato approvati dalla commissione europea nel 2021 e nel 2022. La Germania ne ha presi il 55%, la Francia il 27% e l’Italia solo il 7%. Non si può andare avanti così“.
Rimediare? Si può per il numero uno della siderurgia italiana: “Siamo il 18esinno Paese in Europa per digitalizzazione della Pubblica amministrazione. Questo Paese è stato in piedi in questi anni per le aziende manifatturiere che generarono mille miliardi di fatturato. E il nostro biglietto da visita in Europa. E di certo non possono essere i tempi della pubblica amministrazione il nostro vanto. Qualcosa va corretto e la modernizzazione del Paese deve essere al centro dei fondi del Pnrr“. E ancora sulla decarbonizzazione del settore acciaio: “In questo campo siamo campioni europei di decarbonizzazione. Non c’è un paese europeo come noi in cui la produzione sia più dell’80% da forno elettrico. Avremo la leadership nell’acciaio green al 2030, lavorando su ‘scope 1’, ovvero emissioni derivanti dalla combustione diretta e ‘scope 2’, ovvero emissioni indirette. La siderurgia bresciana sta investendo molto nella decarbonizzazione dei processi produttivi. Come consorzio di aziende bresciane stiamo lavorando per acquistare biometano da mischiare con il gas metano per ridurre quel residuo di scope 1 che abbiamo nelle nostre produzioni. Il biogas va incentivato nell’industria e non solo nei trasporti come da normativa. In una produzione annua delle ottomila ore di esercizio complessivo, solo duemila sono coperte da rinnovabili; per coprire il resto delle ore, le soluzioni sono turbogas con carbon capture e energia nucleare”.

Sul depuratore di Chiavari tutte le responsabilità dell’amministrazione

La Pubblica Amministrazione non fa discorsi o comizi, non fa propaganda, ma agisce con atti, e secondo l’art.97 della Costituzione, “…i pubblici uffici sono organizzati in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità…. E come si fa a garantire l’imparzialità se si fanno comizi e propaganda? Gli atti della Pubblica Amministrazione sono sottoposti a un doppio sindacato e giudizio: quello di conformità alla legge che è garantito dalla giustizia amministrativa e nei casi più gravi dalla giustizia penale; e quello politico e di merito, garantito dal lavoro e dal controllo delle opposizioni nelle Assemblee Elettive e dai cittadini e dalla pubblica opinione correttamente informata dalla libera stampa e dai mezzi di comunicazione.

La Civica Amministrazione di Chiavari non si può sottrarre a queste regole. Per questo motivo siamo rimasti esterrefatti per il comunicato emesso a doppia firma dal Sindaco Messuti e dal Presidente del Consiglio Comunale Segalerba poche ore dopo l’incontro con i rappresentanti del Comitato del NO al Depuratore in Colmata. Un comunicato in cui due pubblici amministratori polemizzano con gli esponenti del Comitato, con la nostra testata giornalistica, con il sottoscritto.

Le Pubbliche Amministrazioni, lo si ripete, agiscono con atti. Semmai sono le forze politiche che le sostengono che prendono posizione, che legittimamente esprimono opinioni, discutono e se del caso polemizzano. La discussione, anche aspra, sulle questioni cittadine e sulle diverse visioni e opzioni non era mai degenerata a Chiavari nello scontro personale, nella insinuazione e nella calunnia. I rapporti tra forze politiche di maggioranza e di opposizione erano sempre stati caratterizzati da assoluta correttezza.

Chiavari ha avuto da sempre questa tradizione democratica, e i lunghi anni gloriosi dell’Ammiraglio Luigi Gatti Sindaco sono stati esemplari da questo punto di vista. L’arrivo di Agostino ha cambiato tutto. Il ‘Faraone’, come fu ironicamente battezzato, cambiò radicalmente le regole del gioco e cavalcando il populismo dell’epoca mischiò amministrazione e politica, mostrò insofferenza totale al dibattito pubblico e alle critiche, discriminò gli avversari e chi non la pensava come lui, spesso criminalizzandoli come nemici. Con lui, e dopo di lui con i suoi epigoni, anche per una debolezza cronica delle opposizioni e una progressiva assuefazione della cittadinanza, la confusione tra buona amministrazione e brutale gestione del potere è rimasta. E allora meglio non contrastare i potenti di turno, meglio stare nell’acqua bassa, spesso per il timore di ritorsioni e dispetti. Gli Sceriffi di Nottingham fanno paura e chi si oppone deve avere un sovrappiù di coraggio e capacità di resistere.

Anche a Segalerba e Messuti non piace la critica, e meno si parla di quello che fanno più contenti sono. Il Presidente del Consiglio Comunale, che dovrebbe avere un ruolo di garanzia e di tutela del lavoro di tutti i consiglieri comunali compresi quelli dell’opposizione, di fatto e surrettiziamente è il capo dell’Amministrazione. Non muove foglia che Segalerba non voglia, e ciò è male per le istituzioni. Se Segalerba voleva fare il Sindaco doveva candidarsi, prendere i voti dei cittadini, assumersi tutte le responsabilità che competono al Sindaco, correre i rischi della firma. Nel suo ruolo di Presidente del Consiglio Comunale Segalerba non ha alcuna responsabilità, almeno formalmente. La sostanza delle cose, come tutti sanno, è profondamente diversa.

I Sindaci-ombra sono una pessima invenzione, mortificano la Pubblica Amministrazione e il voto popolare perché oscurano il ruolo del Sindaco democraticamente eletto e ciò fa insorgere dubbi e questioni. Che segni di autonomia ha dato Messuti in più di un anno di Sindacatura? Ha forse assunto qualche iniziativa rilevante? I cittadini lo hanno ascoltato su proposte e idee che ne hanno hanno caratterizzato il mandato? Francamente ci pare di no. Ma questa situazione va bene a tutti i consiglieri di maggioranza? Anche loro non si sentono mortificati? Sono ‘Anime morte’ come nel romanzo di Gogol’?

Ma veniamo al merito della questione che, ancora una volta, è la cosa più importante. Segalerba e Messuti accusano il Comitato del NO al Depuratore in Colmata di propalare, tramite ‘Piazza Levante’, notizie false (fake news) sulla vicenda del depuratore e insinuano, come peraltro fanno da quasi sette anni, che il sottoscritto abbia o abbia avuto mire speculative sull’area di Colmata e che, addirittura, abbia in qualche modo provocato lo sfratto del glorioso Liceo Delpino dall’edificio storico dell’Asilo per insediarvi Wylab. Inoltre i due insinuano che Comitato, ‘Piazza Levante’ e il sottoscritto siano contrari alla realizzazione della scuola in Colmata perché ciò stroncherebbe per sempre ogni mira speculativa sull’area.

Al di là delle balle e della propaganda, che i due usano come se fossero sempre in campagna elettorale, la questione di cui ci occupiamo è molto semplice e chiara. Nel 2018, Sindaco Marco di Capua, l’Amministrazione Comunale di Chiavari commettendo un grave errore di visione e prospettiva decide di spostare il depuratore comprensoriale dalla zona della foce dell’Entella (scelta fatta dall’Amministrazione precedente del Sindaco Levaggi) all’area di Colmata. Si tratta di un grave errore perché l’area di colmata è il water-front cittadino e cioè l’area libera di maggior pregio di Chiavari e rappresenta una straordinaria potenzialità e opportunità per rilanciare, con funzioni pregiate, la città che vive un declino economico e una perdita di ruolo che sono sotto gli occhi di tutti.

L’Amministrazione Levaggi e il progettista da questa incaricato di redigere il nuovo Puc, l’architetto Gianni Peruggi, avevano ben chiaro questo tema di rilancio della città e, molti anni prima di Bucci e di Renzo Piano, avevano disegnato per Chiavari e per il suo water-front un assetto e funzioni molto simili a quelle oggi in corso di realizzazione a Genova.

L’incontro tra Messuti e il Comitato del NO al Depuratore in Colmata almeno è servito a stabilire, come peraltro aveva chiaramente affermato il Sindaco metropolitano Bucci al recente convegno di ‘Piazza Levante’‘Chiavari e Il Tigullio ultima chiamata’, che è il Comune di Chiavari e la sua Amministrazione ad aver fatto la scelta e a portarne la responsabilità. Iren ha ripetuto la stessa cosa nei giorni passati.

Per un po’ Messuti e Segalerba hanno provato ad alzare una cortina di fumo sul punto. Ma ora è tutto chiaro: sono loro che hanno voluto il depuratore in Colmata, portano la responsabilità della scelta e i chiavaresi se lo dovranno ricordare. Il Comitato oltre a contestare la sciagurata scelta di localizzazione del depuratore (specie per un Comune che grazie all’amministrazione Gatti il depuratore lo ha già dagli anni ’70 e quindi per adesso è in regola)  ha sollevato questioni serissime che non sono affatto fake news. Vediamole.

  • C’è il grande tema del costo totale dell’opera. I tecnici del comitato parlano di oltre 200 milioni di euro, Iren dice che saranno un po’ meno. Assurdo partire senza un piano economico-finanziario definito, che a oggi ancora non esiste. La localizzazione precedente (foce dell’Entella) prevedeva una spesa molto più bassa, pari a circa 90 milioni di euro. Il voto dell’Assemblea della Città Metropolitana, che accettava unanimemente la proposta di Chiavari di spostare il depuratore nell’area di Colmata, prevedeva espressamente che lo spostamento dovesse avvenire a parità di costo. Così non è e non sarà: attenti alla Corte dei Conti. Stiamo giocando con i soldi dei cittadini che pagano tutto in bolletta. L’extra costo è dovuto alla scelta di localizzazione del depuratore sul fronte mare, che impone gigantesche opere di difesa, ed alla realizzazione dei parcheggi interrati. Al riguardo il comunicato di Segalerba e Messuti è quasi un’autodenuncia. Si rivendica il fatto che si spenderanno decine e decine di milioni per le difese a mare che proteggeranno il prolungamento della passeggiata e consentiranno la realizzazione di parcheggi coperti per i chiavaresi (più o meno gratuiti). Peccato che l’extra costo per queste opere, a solo vantaggio dei chiavaresi, saranno sostenute dai cittadini dei 67 comuni dell’Ato: attenti all’Arera, l’Autorità per l’energia che ha il compito, tra gli altri, di determinare la congruità della tariffa a carico dei cittadini.
  • C’è il grande tema degli odori, che fu sbandierato con forza da Segalerba e soci per opporsi al depuratore alla foce dell’Entella. Collocare il camino di scarico dei fumi del depuratore in pieno porto turistico, a pochi metri dagli yacht più grandi ospitati a Chiavari, oltre a essere una violazione urbanistica grave, è semplicemente demenziale perché farà scappare i clienti più importanti del porto. In piena zona turistica avere il rischio di cattivi odori è segno di una sciatteria amministrativa incredibile. Gli studi dimostrano che, data la prevalenza dei venti, gli odori rischiano di colpire gran parte del centro cittadino.
  • C’è il grande tema di dove passeranno le tubature per l’adduzione dei reflui che vengono dalle valli. A tutt’oggi il progetto non dice nulla al riguardo, l’Amministrazione Comunale non sa dire dove passeranno, e questo crea grave inquietudine specie nella cittadinanza di Caperanavia Piacenza e via Parma, zone che rischiano di essere bloccate per anni dai lavori per il passaggio dei tubi. Non passeranno di lì? Dite dove passeranno.
  • C’è il grande tema della tecnologia scelta dall’Iren per il depuratore, la cosiddetta tecnologia a membrane. Si tratta di una tecnologia molto costosa specie per le manutenzioni, e molto energivora, che aumenterà significativamente le emissioni delle CO2 in città, alla faccia della lotta al cambiamento climatico!

E si potrebbe continuare ancora, sfruttando il lavoro approfondito e dettagliato che i valenti tecnici del Comitato hanno realizzato. Altro che propalazione di notizie false.

Per quanto riguarda le insinuazioni contro il sottoscritto, che proseguono senza sosta da moltissimo tempo, per la verità non me ne sono mai granché curato, perché i chiavaresi conoscono bene me e la mia famiglia, sanno chi siamo e come ci comportiamo. Come poi si possano avere mire speculative su un’area di proprietà comunale e quindi totalmente sottoposta a controllo pubblico e a gare di pubblica evidenza per me rimane un mistero: l’area è sottoposta al pieno controllo dell’Amministrazione, e non vi si potrà mai fare nulla che questa non voglia! Ho il diritto, come qualunque cittadino chiavarese, di avere le mie opinioni anche sull’area di colmata e sul depuratore, e di sostenerle con ogni mezzo e in ogni sede,  anche se questo significa essere fuori dal coro e dare fastidio ai ‘padroni del vapore’.

L’unica cosa che non è tollerabile e che non tollererò è la discriminazione delle mie aziende, di cui più volte ho avuto sentore, a causa delle mie idee e delle mie opinioni, non ultima la vicenda dell’affidamento del campo comunale all’Entella. La Pubblica Amministrazione deve essere imparziale sempre, anche con quelli che la pensano diversamente. Se così non è, c’è sempre la Procura della Repubblica, che tra l’altro ci sarebbe gran bisogno di riportare a Chiavari insieme al Tribunale per una sempre migliore tutela della legalità.

Berlusconi, gentilezza innata e sensibilità verso interlocutori

Nella mia vita imprenditoriale non ho avuto grandi occasioni di incontro con Silvio Berlusconi. Ma ricordo, con stima e simpatia, due episodi in cui ebbi l’impressione di una gentilezza innata e di una sensibilità nei confronti degli interlocutori che credo abbia costituito buona parte della sua fortuna e del suo fascino.

Primo episodio. Trieste, vertice italo-tedesco del novembre 2008. Le delegazioni sono composte dai due premier (Silvio Berlusconi e Angela Merkel: fu proprio il famoso incontro del ‘cucù’ di Silvio, nascosto dietro un lampione della bellissima Piazza dell’Unità d’Italia), quattro ministri per Paese e tre imprenditori per Paese: per noi il sottoscritto, Fulvio Conti, allora amministratore delegato di Enel, e Alberto Falck di Falck Renewables. Uno dei temi del vertice è, già allora, il climate change con le emissioni di CO2: Emma Marcegaglia, allora presidente di Confindustria, mi ha chiesto di partecipare perché in quel momento sono uno dei pochi imprenditori italiani che capisce qualcosa di CO2.

La mattinata scorre nel palazzo di rappresentanza della Regione prima con due ristrette, una riservata ai premier e ai ministri e l’altra riservata agli uomini delle imprese, e poi a partire dalle 11,30 una plenaria.

Alla plenaria parlano tutti, prima i due premier, poi i ministri e infine gli industriali. La discussione verte sul destino delle free allowances e cioè sui certificati gratuiti di emissione per le industrie di base, che la Merkel vuole abolire a partire dal 2010. Durante la seduta ristretta gli industriali tedeschi, terrorizzati da questa prospettiva, non fanno altro che chiederci di intervenire su Berlusconi affinché convinca la Merkel a essere meno estremista perché lei ‘a loro non dà retta’.

Io parlo per ultimo, sono quasi le 13 e tutti sono stanchi. Un po’ da ‘Pierino la peste’ esordisco dicendo “…Siamo in piena recessione economica, l’Europa è responsabile per meno del 10% delle emissioni mondiali di CO2 (oggi per meno dell’8%). Di questo 10% l’industria è responsabile per meno della metà…”. E rivolto a Merkel “ma perché in questa situazione di crisi volete fare i primi della classe colpendo così duramente il futuro dell’industria europea?”. La riunione finirebbe qui, ma la cancelliera tedesca riprende la parola , e con un tratto duro e un po’ di estremismo da ex-ministra dell’Ambiente mi attacca dicendo che “l’Europa deve essere la prima della classe” .

Berlusconi è imbarazzato: durante tutto il vertice ha cercato di creare un clima tranquillo e di amicizia e adesso, per colpa di un industriale siderurgico forse sprovveduto che ha avuto l’ardire di contrapporsi alla Merkel, vede il rischio di una incomprensione e di un esito non positivo dell’incontro. Riprende immediatamente la parola, e per allentare il clima un po’ teso dice: “Sono sicuro Angela che tu a scuola sarai stata sempre la prima della classe”. Merkel, ancora dura, risponde: “Sono cresciuta in un paese comunista, figlia di un pastore protestante, se non fossi stata la prima della classe avrei avuto seri problemi di discriminazione”.

Berlusconi capisce che non vale la pena continuare e, come una gentile e navigata padrona di casa, dice con un gran sorriso “Ok, ora andiamo tutti a mangiare. Attraversiamo la piazza perché ho fatto preparare per tutti voi il pranzo in Prefettura”.

Attraversiamo la piazza, saliamo in prefettura, e lì troviamo in un grande salone la tavola apparecchiata con al centro una composizione di rose bellissime dai colori della bandiera tedesca: gialle, rosse e nere. (Mi sono sempre chiesto: ma esistono le rose nere, o Silvio le ha fatte colorare?). Merkel entra, rimane incantata dalla bellezza del luogo e dall’eleganza dell’allestimento e ringrazia Berlusconi dell’accoglienza squisita. Alla fine del pranzo Berlusconi, sapendo quanto Merkel ami Trieste (che proprio per questo è stata scelta come sede dell’incontro) si fa portare un pacco di bellissime stampe antiche della città, e le dice: “Vorrei regalartele tutte ma posso donartene solo tre: sceglile tu”. Di nuovo Merkel, colpita dall’ospitalità e dalla gentilezza, ringrazia con calore Silvio per le attenzioni ricevute.

Pochi lo sanno, ma quel vertice terminò molto positivamente per gli industriali italiani ed europei in generale. Berlusconi convinse la Merkel ad avere un approccio più graduale e più rispettoso delle industrie del continente. Sia pure con progressive riduzioni le free allowances, e cioè l’assegnazione gratuita di quote di CO2 all’industria, è continuata in tutto questo periodo e non terminerà che alla fine del 2026.

Secondo episodio. Palazzo Chigi, febbraio 2010. Viene firmato l’accordo intergovernativo Italia-Montenegroper la realizzazione di una linea elettrica sottomarina di 415 km tra i due Paesi che di fatto apre il mondo dei Balcani a investimenti in energia rinnovabile fatti da investitori italiani. Io sono presente in qualità di Presidente di Interconnector, il consorzio delle industrie energivore italiane, che finanzierà una parte dell’elettrodotto. Il Ministro dell’Industria e dell’Energia di allora, il ligure Claudio Scajola, vuole farmi parlare con il Presidente prima della firma del trattato.

Berlusconi con un sorriso mi accoglie dicendomi, “Gozzi non faccia anche oggi Pierino la peste mi raccomando…”, ma poi con grande attenzione e interesse mi chiede di spiegargli del nostro consorzio, di quali sono i problemi delle industrie energivore italiane, di cosa può fare il governo per sostenere un pezzo così importante del nostro sistema industriale. Grande attenzione, grande gentilezza e, mi sembrò, un sincero interesse per il sistema industriale nazionale.

Quando nel maggio del 2014 l’Entella per la prima volta salì in serie B mi chiamò per telefono per congratularsi e per dirmi in bocca al lupo per il prossimo campionato. Mi promise che una volta che si fosse trovato a Portofino sarebbe venuto a vedere l’Entella. Non lo fece mai.

Gli scrissi un biglietto quando il Monza l’anno scorso salì in serie A, e gli dissi che c’erano riusciti grazie a un giocatore dell’Entella, il grande Mota Carvalho. Rispose con un emoji pieno di risate.

Alla famiglia Berlusconi le più sentite condoglianze mie e di tutta la Duferco. Un abbraccio al caro amico Adriano Galliani, Presidente del Monza, che ritengo parte della famiglia.

Ciao Silvio, ad uno come te la terra non potrà che essere lieve.